La sua personalità è più prorompente della sua stazza. Attilio Servi, ex musicista, svela la sua personalissima visione, costruita su una tecnica ripensata dalle basi e sul dono del grande palato
CHI? Attilio Servi
LUOGHI DI LAVORO: Per anni ha avuto un bar di successo, impostato sulla proposta di prodotti d’alto livello. Si appassiona alla pasticceria e frequenta corsi con i migliori maestri in Italia e all’estero. Lavora nel suo mega laboratorio di Pomezia e oggi il suo brand è conosciuto a livello internazionale.
DOLCE ICONA: La pastiera napoletana. Quella che si mangia solitamente è “finta”, ma se si assaggia quella con i caratterizzanti giusti, si può impazzire di piacere: per questo è necessario partire sempre dalla ricerca delle migliori materie prime.
Perchè questo mestiere?
Per passione e divertimento. La mia fortuna è di non essere figlio d’arte, perché purtroppo questo mondo è pieno di preconcetti. Questo mi ha permesso di mettere in discussione tutto quello che ho imparato dai grandi maestri, per trovare un mio modo di fare, che è sempre in evoluzione. La mia tecnica parte dallo studio approfondito della chimica senza dimenticare che poi, la differenza, la fa il palato.
Obiettivo?
Prima di tutto mi devo divertire. Ho iniziato per fare del cibo buonissimo e sano per i miei figli. E questo binomio, “buonissimo e sano”, è piaciuto molto anche agli altri.
Il tuo rapporto con la farina?
È il cemento armato per costruire qualsiasi casa.
Cosa chiedi a questo mondo?
Chiedo di farsi molte più domande. La maggior parte dei pasticceri, per esempio, fa la sfoglia con una farina di forza, mentre il prodotto finale richiede friabilità e quindi una farina a basso contenuto di proteine. Per il resto la tecnica del professionista deve fare la sua parte. Il mercato molitorio ha in mano il futuro del settore, ed è quindi importante che lavori in direzioni virtuose, come nel caso di Grano Franto, Semina e Mora di Agugiaro&Figna Molini.
Quanto pesa il tuo know how?
I grandi raccontano e non si chiudono mai su stessi. Riporto il paragone del medico: quello capace spiega per filo e per segno al suo paziente la diagnosi, con parole chiare e comprensibili. Allo stesso modo i nostri dolci devono parlare di noi.
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