In mancanza di una norma chiara in materia di lievito, una cosa è certa, tutte le lievitazioni a opera di microrganismi sono ugualmente naturali, anche se i processi fermentativi sono molto diversi
Partiamo da quello che non c’è, ovvero una normativa che definisca esattamente cosa intendere per lievito. Esordisce così Piero Pasturenzi, presidente del gruppo lievito da zuccheri di Assitol: «A differenza di altri paesi europei, che si sono dotati di leggi sul pane e sulla sua commercializzazione, l’Italia non può contare su una norma specifica che determini il concetto di lievito per panificazione e tutto ciò che gli ruota intorno, come la pasta madre e lo stesso concetto di pane. Il disegno di legge Romanini, approdato al Senato dopo la discussione e l’approvazione alla Camera, non ha purtroppo terminato il suo iter. A causa di questo persistente vuoto legislativo, è facile “giocare” con le definizioni, parlando indistintamente di lievito madre, lievito naturale, pasta madre e pasta acida, contrapponendoli al lievito di birra, che viene fatto passare per qualcosa di artificiale o industriale».
Purtroppo il crescente interesse verso tutto ciò che concerne lievitazione e panificazione non si traduce in una maggiore chiarezza su cosa il termine lievitazione rappresenta. A rilevarlo è Gianluigi Cafiero, direttore commerciale di Lesaffre Italia, primo produttore italiano di lievito “di birra”: «In Spagna, Francia e Inghilterra per i lieviti (Saccharomyces cerevisiae) e per i lieviti madre si adottano due terminologie ben differenti. Si parla rispettivamente di levadura, levure o yeast per il lievito Saccharomyces e di maza madre, levain o sourdough per chiamare il lievito madre. Questo genera meno confusione rispetto all’Italia che usa definire con lievito e lievito madre due tipologie ben differenti di agenti fermentanti».
Si spinge oltre Roberto Capello, presidente Fippa (Federazione Italiana Panificatori) che rileva come il concetto stesso di naturale non sia definito dalla legge: «Ci sono solo due categorie di prodotti per cui è lecito utilizzare la dicitura “naturale” e sono l’acqua e i coloranti. In ogni altra accezione il termine è mal utilizzato, abusato, anche se “fa marketing” e crea attenzione da parte del consumatore, con il risultato di mettere in cattiva luce prodotti che invece hanno pari dignità». Capello si sofferma poi sulla definizione di pane “di pasta madre” e “con pasta madre”, diciture che, nel progetto di legge Romanini, avrebbero dovuto differenziare pani prodotti a partire da pasta madre “allevata” dal panificatore da pani contenenti lievito e pasta acida essiccata. «La Federazione ha lavorato e sta lavorando molto in questa direzione, non per fare lobby, ma in un’ottica di trasparenza verso il consumatore. Ora l’iter normativo dovrà ripartire da zero, ma ci consola il fatto che già in precedenza il progetto di legge era stato ampiamente condiviso, non solo da tutte le categorie coinvolte – panificatori, mugnai, produttori di ingredienti e lievitisti – ma anche da tutte le forze politiche».
Lievito di birra: miti da sfatare
Il lievito Saccharomyces cerevisiae è un microrganismo vivente, che prende vita da un sottoprodotto di origine agricola, il melasso da zucchero. «Questo fa già comprendere la sua origine naturale – puntualizza Piero Pasturenzi – e, non a caso, sarebbe più corretto dire non che le aziende producono, ma che coltivano il lievito. Il nostro lavoro consiste infatti nel creare le condizioni più favorevoli perché il Saccharomyces si riproduca in presenza di ossigeno. In pratica tutto si basa sulla fermentazione dello zucchero, un processo che non ha nulla di artificiale. Secondo il presidente Pasturenzi, è più che mai necessario comunicare meglio i benefici e le caratteristiche nutrizionali del lievito, spesso vittima di una pesante disinformazione. «Questo microrganismo è ricco di proprietà essenziali per la nostra salute ed è, a tutti gli effetti, l’anima del pane, poiché gli dà gusto e fragranza. È bene ricordare che il lievito di birra tradizionale non contiene glutine, anche se spesso si afferma il contrario, e che non esiste alcuna allergia al lievito, altra fake news riportata dai media. Il lievito fa bene e la sua presenza nel pane lo rende non soltanto buono, ma anche salutare, un elemento che i consumatori richiedono con sempre maggiore frequenza». A questo proposito, uno studio dell’Università di Lille, in Francia, ha confermato che l’assunzione del lievito di birra non soltanto è ben tollerata dall’organismo, ma ha un effetto probiotico e riduce il dolore addominale nei pazienti che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile, una patologia molto comune. Affermare che “il lievito gonfia” è quindi un luogo comune del tutto infondato.
Lievito madre: fra tradizione e creatività
Gestire il lievito madre è un’arte, un mestiere che si impara con la pratica, l’esperienza, la sensibilità che solo un professionista appassionato può avere. Rinfrescare il lievito è un’operazione fatta di passaggi ripetuti e quotidiani, ma dobbiamo ricordare che il lievito è materia viva e, in quanto tale, standardizzarla è quasi impossibile. Perché allora non sperimentare nuove idee e nuove strade? Ezio Marinato, consulente e docente di panificazione:«Il mio obiettivo è cercare nuove modalità di gestione del lievito madre, che si possono poi tradurre in nuove applicazioni.
È il bello di avere una materia viva: discostarsi dal cammino consueto non significa sbagliare, ma semplicemente percorrere una strada nuova e magari raggiungere destinazioni inaspettate». Rilevante anche l’esperienza di Christian Zaghini, consulente e docente di pizzeria e fondatore di ConsultaPizza, che sta conducendo un interessantissimo lavoro sulle fermentazioni spontanee. «La fermentazione spontanea di un impasto – ci racconta – ha origine dalla contaminazione che avviene naturalmente da parte dei batteri e dei lieviti che sono naturalmente presenti nell’aria». Nessuna aggiunta di lievito, quindi, né di pasta madre. Gli unici microrganismi sono quelli dell’ambiente in cui avviene la fermentazione, che vengono catturati da particolari “trappole” ovvero composti creati ad hoc per essere contaminati e dove questi organismi possano proliferare. «Nei prodotti finiti l’acidità è molto più bassa rispetto a prodotti con lievito madre, il gusto è invece molto dolce e fruttato. Rispetto alla lievitazione con lievito di birra i prodotti sono poi più leggeri e digeribili; molto gradevoli al palato, dalla texture particolare e con profumi straordinari, ancora più ricchi se si utilizzano farine integrali o di alta estrazione (tipo 1 e 2)».
Lievito madre essiccato: miglioratore naturale
I lieviti madre disidratati sono sotto i riflettori. Si tratta di prodotti che, in quanto essiccati, hanno perso la loro attività fermentativa e che, per innescare la lievitazione, possono contenere una percentuale di lievito di birra in polvere. Pur non avendo attività fermentativa, il lievito madre essiccato apporta molteplici vantaggi: facilita e stabilizza i processi produttivi e migliora le caratteristiche organolettiche del prodotto finito. Diversa è la pasta acida essiccata, che non agisce tecnologicamente sulla fermentazione alcolica e quindi non è in grado di influire sulla lievitazione degli impasti, apportando a questi ultimi solo un contributo in termini di sapore. Più recenti, infine, sono i lieviti madre freschi e quindi attivi, ma pronti all’uso con conseguente risparmio di tempo. Così come per il lievito madre artigianale, anche per tutte queste tipologie di prodotto non esistono riferimenti normativi.