Nonostante la crisi il vino italiano piace e piace soprattutto all’estero. Il costante calo dei consumi interni è compensato dall’export italiano in continua crescita grazie a prezzi in risalita con una progressione superiore del 20%. La domanda all’ estero è forte e le variazioni dei volumi sui mercati mondiali sono ampiamente sopra le due cifre, eccetto per l’Unione Europea (2,4% valore e 3,6% volumi) e Oceania (31,5% e 5,8%). Sempre in crescita il Nord America (14,8% in valore e 15,7% in volume), che riguadagna il terreno perduto nel 2009. Esplosione del Sud America (73% e 77%, rispettivamente valore e volume), così come per il Medio Oriente ( 10% volume e 45% in valore). Interessante il dato della Cina che mostra un grandissimo interesse per il vino italiano ( 123% nei volumi e 73% nei valori). E’ evidente che gli scambi internazionali risultano vincenti: nel 2010 il settore italiano dei vini, spumanti e vini speciali ha toccato quasi i 4 miliardi e il surplus con l’estero è stato di circa 36 miliardi. E il successo viene confermato da altri dati: nei primi mesi del 2011 l’export ha già superato i 4 miliardi e il surplus ha raggiunto 37 miliardi. Veri record, confermati dall’Osservatorio Gea-Fondazione Edison, che designa l’Italia come primo esportatore mondiale di vino in bottiglia in quantità e il secondo in valore dopo la Francia, seconda in valore nei vini spumanti, prima nei vermut, nei mosti, nel vino alla rinfusa e nell’aceto. Nel 2010 le prime provincie esportatrici in valore sono state Verona, Cuneo, Trento e Treviso. Se i paesi, dove l’Italia esporta più vino, sono Giappone, Francia, Paesi Bassi e Svezia e per lo spumante Germania, USA, Gran Bretagna e Russia, il mercato di Hong Kong sta assumendo sempre più importanza, essendo uno dei più importanti punti nevralgici del commercio internazionale, oltre che essere esso stesso un riferimento importante per i vini italiani. Hong Kong, infatti, ha strutture logistiche prevalentemente dedicate al commercio del vino, che semplificano le operazioni logistiche complesse, rendendo accessibile il mercato anche ad aziende di piccola dimensione. Nel 2009, per facilitare lo scambio, è stato sottoscritto un accordo Italia –Hong Kong, con cui si sono stabiliti accordi per combattere la contraffazione, per salvaguardare la sicurezza alimentare e per incentivare il legame del vino con il turismo. La dimostrazione che il mercato si sta sviluppando è il successo della recente fiera Hong Kong International Wine & Spirits Fair, svoltasi dal 3 al 5 novembre: nel padiglione “Vinitaly in the world” erano presenti più di 200 produttori italiani con 1500 etichette. La scelta della più importante fiera enologica italiana offre un’importante segnale: la Cina è avvertita come un possibile mercato in espansione, destinato a diventare in breve tempo il più importante del settore. Attualmente l’Italia occupa il 4-5% della quota di mercato del vino, superata dalla Francia, il primo paese esportatore, grazie anche a motivazioni di carattere storico. In particolare, i dati dei primi mesi del 2010- resi noti dal direttore dell’Ice di Hong Kong Romano Baruzzi- evidenziano un incremento di vendite in valore dell’86,1% per i vini rossi, del 20,4% per quelli bianchi e del 20,6% degli spumanti. Per Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi e presidente del Comitato nazionale dei vini del dicastero dell’agricoltura: “nel 2009 l’Asia ha acquistato vino per 7 miliardi di dollari con una previsione di crescita a 9 miliardi entro il 2013”. Il mercato cinese è molto interessante: oggi solo 10 milioni di cinesi bevono vino, ma nei prossimi anni potrebbero diventare 130 milioni. La crescita del mercato del vino è evidente: 35% annuo, in una realtà che si sta strutturando sempre più. Nel corso dei primi 8 mesi del 2007 il vino italiano ha fatto registrare un incremento nelle esportazioni in Cina del 61% in valore, passando da 5,2 a quasi 8,5 milioni di euro, ai quali vanno ad aggiungersi 4 milioni di euro di vini esportati ad Hong Kong (+31%) che gode di un regime amministrativo speciale. Non stupisce, dunque, che cresca il numero di importatori specializzati, le fiere, i club di degustazione e le riviste specializzate. In particolare, i consumi crescono dello 0,5% di litri pro capite all’anno, contro i 7,5 della media mondiale- ma rappresentano il raddoppio in 10 anni! Nei prossimi anni l’Italia deve studiare strategie sempre più vincenti, soprattutto nel settore agro-alimentare, per esportare maggiormente in un paese fortemente in via di sviluppo e andare oltre il 29°posto che attualmente occupa. Ma quali sono gli atteggiamenti di consumo dei cinesi? Amano il vino rosso, spesso confuso con un prodotto proveniente dal riso, ad alta gradazione alcolica, servito caldo a pasto e bevuto tutto di un fiato. Se in origine i vini italiani importati in Cina erano rossi economici, amabili, frizzanti, oggi, grazie anche all’evoluzione del gusto, ci si sta avvicinando ai prodotti apprezzati in Occidente. Il vino italiano diventa uno status symbol, un prodotto da bere nelle grandi occasioni o da regalare, che deve avere una bella bottiglia e una bella etichetta. Ricordiamo che il vino locale costa circa 3 dollari mentre quello importato va dai 12 ai 20 dollari. E’ consumato dalla Cina più moderna e più ricca, apprezzato da uomini e donne tra i 30 e i 45 anni, che preferiscono il rosso dalla spiccata fruttuosità e che ricerca meno il vino affinato in botte. L’interesse verso il mondo del vino è testimoniata anche dal crescere di azioni economiche sofisticate da parte del mondo imprenditoriale cinese. Le bottiglie di vino sono diventate un bene di investimento e di prestigio, tanto che Hong Kong sta diventando una pericolosa concorrente di Londra e di New York nell’organizzazione delle aste. I saloni dei grandi alberghi sono sempre più frequentati da cinesi che vogliono acquistare le bottiglie più pregiate. La Industrial and Commercial Bank of China ha inserito botti di vino nel pacchetto di investimento dei suoi migliori clienti, garantendo un rendimento annuo del 5%. Alcuni imprenditori stanno studiando operazioni per l’acquisizione di proprietà all’estero. Una modalità che l’Italia può sfruttare, per combattere la concorrenza del vino francese, cileno, argentino, californiano, australiano, sudafricano, spagnolo e tedesco, è proporlo con i piatti proposti dalla cucina italiana. La ristorazione Made in Italy si svilupperà maggiormente nei prossimi anni e potrà aiutare la conoscenza del vino italiano. Chi non si affida ai consigli dello chef o del sommelier per accompagnare piatti ricercati e raffinati? Monica Viani
Italia: cresce l’export di vino
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