In occasione di Sigep 2024, Molino Vigevano ha scelto di raccontarsi attraverso una serie di incontri speciali con 12 Maestri dell’arte bianca che, durante Chef’s Table dal carattere intimo e estremamente stimolanti, hanno condiviso i loro segreti e la loro filosofia con un pubblico di professioni appassionati e curiosi. Tra loro anche Nico Taveri, Maestro dell’Accademia Italiana della Pizza e titolare della pizzeria Brunda, antico nome della sua città natale, nella quale ha scelto di sviluppare la sua attività, Brindisi.
Durante lo Chef’s Table di martedì 23 gennaio che lo ha visto protagonista, Taveri ha illustrato l’utilizzo delle sue farine Molino Vigevano preferite, Tramonti e Costiera, spiegando come, con il lavoro e il tempo, abbia imparato a conoscere il prodotto e a trattarlo a seconda delle specifiche esigenze del suo laboratorio.
Il diretto: un amore di impasto
A emergere in maniera chiara dall’incontro è la centralità del fattore umano e dell’esperienza maturata negli anni certamente nella creazione di un proprio stile, ma soprattutto nella capacità di ottenere un prodotto di qualità elevata e costante tutto l’anno. Un dato affatto scontato in un mondo in continua evoluzione come quello della pizza, dove personalizzazione e qualità sono più che mai al centro.
Per illustrare il percorso che lo ha portato a definire il suo stile, Nico Taveri ha presentato tre diversi tipi di impasto, due indiretti (biga e poolish) e uno diretto, sottolineando come nella sua pizzeria lui utilizzi proprio quest’ultimo “perché è molto più gestibile, è un amore di impasto. Biga e poolish danno una forza esplosiva all’impasto, che lo rende ancora più alto, una caratteristica molto apprezzata nella pizza contemporanea, ma si tratta di impasti molto meno gestibili – spiega il Maestro pizzaiolo –. Se io faccio la biga il giorno prima per stasera e non la uso tutta, poi la devo reimpastare di nuovo o trattarla a pane. Con l’impasto diretto hai la stessa pizza anche a tre giorni di distanza senza fare nulla. Una volta che esce dall’impastatrice, lascio l’impasto diretto riposare mezz’ora sul banco, ne faccio i panetti e lo lascio lievitare 6/7 ore a temperatura ambiente e poi lo metto in cella dove può restare fino a tre giorni”.
Una questione di tempo (atmosferico)
Tra gli errori da evitare, spiega Taveri, quello di mettere poco lievito come strategia per rendere la pizza più leggera. “Il lievito deve essere nella giusta quantità, perché è quello che aiuta a scomporre gli zuccheri delle proteine della farina. Ma non ci sono numeri immutabili ai quali fare riferimento, sono equilibri che si trovano con l’esperienza – spiega –. Durante i corsi ti spiegano le basi, ma io ho studiato a Milano mentre la pizza la faccio a Brindisi, e quindi ho dovuto imparare a gestire il mio prodotto, realizzato in specifiche condizioni atmosferiche. Ad oggi, in estate io per esempio aggiungo mezzo grammo per chilo di farina, in primavera e autunno 0,8/1 gr e in inverno da 1,5 fino a 2 gr nei giorni più freddi. Senza contare che alcune volte lo stesso impasto da 10 kg vuole 7 litri di acqua, altri ne vuole 6,8, altri 7,2, sempre in base alle condizioni atmosferiche”.
Altro errore condiviso dal Maestro pizzaiolo e che ha contribuito a definire la sua tecnica è stato quello di concentrarsi sul tempo, inteso come minutaggio, relativamente ai giri dell’impasto. “Poi ho capito che la cosa fondamentale non sono i minuti ma la temperatura. A lungo ho interrotto i giri a 18°C, poi l’esperienza mi ha portato a capire che la temperatura corretta è 22/23°C, così ottengo una maglia glutinica perfetta, super elastica, lucida e brillante”.
A ogni stagione la sua farina
Quando Taveri ha aperto la sua attività, dopo aver trascorso anni in laboratori non di proprietà, ha sviluppato una personale ricerca sulle farine, che lo ha portato in contatto con i prodotti Molino Vigevano, che ha adottato con grande entusiasmo. “Molino Vigevano è stata una pioniera nell’elaborazione di farine macinate a pietra con germe di grano attivo all’interno. Una farina super nutriente, molto grassa, ottima per chi vuole fare impasti a lunga maturazione”.
Nello specifico, Nico Taveri utilizza la Tramonti, “una farina con una forza che va da 330 a 360, ed è molto indicata per lunghe maturazioni e per l’estate, quando fa caldo e quindi serve una farina più forte. Andando incontro all’inverno si può usare la Costiera che è la stessa identica farina solo che ha una forza di 280/300 e aiuta a maturare prima. Io le ho sempre entrambe in laboratorio: nell’utilizzarle faccio molte valutazioni, non solo relative alle temperature o all’umidità ma anche, per esempio, per quanti giorni mi serve l’impasto. All’interno del mio diretto, infine, metto anche un po’ di integrale, ma è una questione di gusto, mi piace quel sapore intenso nell’impasto”.