nel 2020, anno del Covid, la spesa degli italiani al ristorante era di 57miliardi di euro, in calo verticale di quasi 30 miliardi rispetto all’anno prima. nel 2021 la spesa è salita a 63miliardi (+11%). Nel 2022 il trend è quello di un ritorno ai livelli del 2019. Nonostante gli aumenti, che nel mondo food riguardano tutta la filiera, dalle materie prime alla vendita.
AUMENTI E MATERIE PRIME
Prima causa degli aumenti i costi energetici, affrontati dagli artigiani così come dai produttori. “In un contesto di estrema tensione, con il ritorno dell’inflazione combinato al conflitto ucraino, è chiaro che l’aumento dei prezzi sia qualcosa da cui non possiamo sottrarci”. Ecco quanto commenta Igor Maiellano, Direttore Business Unit di Valrhona Italia. “Prevedere uno scenario futuro non è possibile. La nostra politica è quella di mantenere alta la qualità delle materie prime che forniamo, migliorando i nostri servizi e il nostro impegno nel rendere la gastronomia un mondo sempre più responsabile”. Della stessa opinione Sergio Franchi, Responsabile Commerciale Elle & Vire Professionnel. Sottolinea la ricerca necessaria a ottenere “una produzione responsabile di altissima qualità”. Filosofia che spesso però comporta una “limita la capacità produttiva” e dunque necessariamente prezzi più elevati. “I consumatori finali mostrano di preferire alimenti di qualità alta al ridursi delle occasioni di consumo fuori casa” conclude Piero Gabrieli, direttore marketing Petra – Molino Quaglia. “Per altro il trend verso un’alimentazione più bilanciata, maggiormente rispettosa dell’ambiente e della salute crea terreno fertile per scelte consapevoli. E quindi per consumi fuori casa intesi come esperienze gratificanti, piuttosto che come sostituti del consumo in casa”.
DEFINIRE IL GIUSTO PREZZO
Opinione comune è che i costi non siano destinati a rientrare, anche superata la drammatica congiuntura attuale. In questa prospettiva definire il giusto prezzo di un piatto o di un dessert diventa quindi fondamentale. Per farlo può rivelarsi essenziale la consulenza di professionisti come Giacomo Pini e Lorenzo Ferrari. “Il prezzo influenza le aspettative del cliente – sottolinea Pini –. Se troppo basso fa presagire una scarsa qualità del prodotto, se troppo alto e soprattutto non giustificato può farci perdere velocemente un cliente. È comunque vero che se i prezzi vengono determinati con tecniche di pricing strategico, senza sacrificare il valore del proprio lavoro in una guerra di prezzi al ribasso distruttiva per tutto il settore, allora ogni aumento di costo può essere facilmente giustificato. Questo mettendo in campo un mix di tecniche di vendita e storytelling”. “Se è vero che bisogna aumentare i prezzi perché altrimenti i ristoranti vanno in default, non pagano il personale e si crea un circolo vizioso, allora si dovranno trovare i soldi per aumentare gli stipendi”. Ecco come conclude Ferrari. “E sarebbe anche ora, perché è l’unico meccanismo che ci permetterebbe di innescare un circolo virtuoso nei consumi”.
LA PASTICCERIA È UN LUSSO?
Sul tema degli stipendi tornano anche gli operatori, come Corrado Carosi, Ds Ambassador. “Sarebbe importante una revisione più ampia del settore e interventi statali che incentivino le assunzioni. Se tutto aumenta e gli stipendi no, si rischia di bloccare l’economia”. Dello stesso avviso Matteo Cunsolo che, parlando del mestiere di panificatore sottolinea la necessità di un ripensamento più profondo legato al settore e dunque si suoi prezzi.
A prescindere dai singoli interventi legati ai prezzi, infine, il pensiero degli operatori del settore è unanime per quanto riguarda il concetto stesso di pasticceria. Galileo Reposo, Felice Venanzi e Fabrizio Fiorani non hanno dubbi. La pasticceria è oggi, e sarà ancora più nel prossimo futuro, una bene di lusso. Ma anche il luogo della qualità, dove ingredienti, professionalità e ricerca debbono essere valutati in una prospettiva corretta che valorizzi tutti i protagonisti della filiera, cliente incluso.