La filiera corta del pane, un mondo in evoluzione

Fornai, mugnai e agricoltori insieme per cambiare le regole del gioco. Un sistema che si basa sulla riscoperta delle antiche varietà di cereali, il rispetto dell’ambiente e del lavoro e la riattivazione di interi territori
La filiera corta del pane, un mondo in evoluzione

Quello della filiera corta del pane è un fenomeno cresciuto notevolmente negli ultimi 20 anni. Ha attivato percorsi virtuosi che includono riscoperta delle antiche varietà locali. Ma anche tecniche di coltivazione biologiche e rispettose e il giusto prezzo riconosciuto ai membri della filiera. Senza contare la riattivazione dei piccoli mulini del territorio.

Un fenomeno che porta a “ripensare certe dinamiche di mercato, valorizzando sistemi locali di produzione e consumo là dove questi risultano più sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale”. Ecco il commento di Grazia Mammuccini, presidente FederBio.

“A cambiare è l’approccio al valore del prodotto agricolo. Non è più considerato una commodity sui mercati internazionali, ma è la base fondamentale della nostra alimentazione. La filiera corta è anche un modo sano di rivitalizzare i territori e riattivare le comunità locali. Alimentando anche il mercato del turismo in contesti tagliati fuori dai classici circuiti”.

STORIE DI FORNAI E MULINI

Sono esempi in questo senso l’esperienza di Paolo Goretti, titolare di uno storico panificio nel Canavese. E di Matteo Calzolari a Monghidoro, sull’Appenino tosco-emiliano. Entrambi hanno attivato filiere corte nei loro territori valorizzandone tradizioni e antichi strumenti. Ne è nato da una parte il pane canavese, simbolo di questa rinascita. Il tutto mentre Goretti è oggi al lavoro per completare una propria micro filiera con la creazione del suo mulino. Dall’altra la Comunità Slow del Grano Alto e la manifestazione Forni & Fornai•e.

Quello della filiera corta del pane però non è solo un movimento legato alle zone rurali. Lo dimostra l’esperienza di Adriano Del Mastro, titolare del Forno Del Mastro di Monza e membro di PAU, Panificatori Agricoli Urban. Ovvero il progetto nato nel 2018 come manifesto e luogo di scambio per portare avanti un discorso di ricerca del pane come prodotto agricolo a partire proprio dai centri cittadini.

Le filiere possono anche prendere la forma di rete di impresa, come quella di Territori nel Biellese. Questa è nata dall’unione di sette aziende nell’ambito della quale la filiera del grano è una delle più complete. Chiude il quadro l’esperienza di Molino Mariani, nell’entroterra di Senigallia (AN). Con il suo progetto di filiera attiva e il suo laboratorio la Casa del Fornaio guidato da Giuliano Pediconi ha reso “attivo” ogni elemento della filiera. I panificatori sono in prima linea, coinvolti a 360° nella ricerca e nello sviluppo di nuove colture e farine.

FILIERA CORTA E SOCIALE

Innegabile anche il legame tra la filiera corta del pane e un tessuto di attività virtuose legate alla rinascita delle comunità locali. Come nel caso di Mulinum. Si tratta del progetto nato nel 2015 dalla volontà di Stefano Caccaveri di salvare un antico mulino in stato di abbandono nel territorio di San Floro in Calabria. Progetto sviluppatosi in una start up grazie al crowdfunding e diventato un modello replicabile in tutta Italia. Legato al crowdfunding anche MadreProject, Scuola del Pane e dei Luoghi. Un progetto culturale e di formazione ancor prima di essere una scuola di panificazione che interessa l’area sud di Milano.

Il progetto è stato ideato dall’organizzazione non profit Terzo Paesaggio che realizza progetti di rigenerazione urbana a base culturale. Il tutto sviluppato e promosso con la guida di Davide Longoni che coltiva cereali proprio nei campi di Milano Vettabbia/Chiaravalle. Infine, emblematica l’esperienza di Cascina Marasco, realtà avviata da Davide Maffezzoni nell’ambito della Onlus Agropolis. La realtà è legata a progetti di inserimento sociale verso l’autonomia di ragazzi con disabilità medio gravi, oggi coinvolti in fase di produzione e vendita.

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