Più che una storia di ripartenza, quella di Cristian Marabelli è una vera e propria storia di resilienza. Nella sua pasticceria di Monza, I Duls de Sant Bioeus, Cristian è infatti riuscito a non lasciarsi travolgere dalla situazione difficile e quasi impossibile della pandemia. E lo ha fatto rimanendo fedele alla sua filosofia di pasticceria.
PRIMA DEL LOCKDOWN
Ho iniziato con un’esperienza a Londra, in un ristorante per sei-otto mesi, poi frequentando una scuola professionalizzante a Milano. Da lì mi sono mosso all’interno di grossi catering, Area Kitchen in primis, poi ho lavorato con lo chef Claudio Sadler per la parte banqueting e per gli eventi. Ho passato un periodo anche da Ernst Knam. Sono state esperienze per me fondamentali, ho lavorato fianco a fianco con persone provenienti da tutto il mondo e ho sviluppato l’amore per la bellezza, la precisione, la disciplina e la creatività. Poi sono arrivato a Monza e ho lavorato per un pasticcere della zona, a cui ho portato la mia concezione di dolci, rivoluzionando un po’ la carta. Quindi ho aperto uno spazio mio, dove ho potuto esprimere tutto me stesso. Nel mio locale ci sono scritte sui muri, l’arredamento è francese e mia madre, che progetta giardini e terrazzi, ha dato quel tocco in più. A molti potranno sembrare cose un po’ strane, ma chi mi conosce sa che io sono così. Non scendo a compromessi facilmente. Volevo uno spazio che facesse un po’ propria anche la filosofia “alla Starbucks”, dove porti il computer e stai sereno. Ma anche in cui sia possibile anche creare quel contatto diretto tra pasticcere e cliente, grazie al quale ogni tanto esco da dietro il bancone e porto al tavolo dolci appena sfornati da assaggiare, preparati rigorosamente nel mio laboratorio a vista. La tipologia di pasticceria a cui mi ispiro è quella della scena internazionale, uno su tutti Patrick Roger in Francia, ma con influssi anche da Giappone e Australia. Ho deciso di avere con me anche una squadra di decoratrici, in grado di realizzare disegni particolari. Il mio dolce “signature” è assolutamente la “Rosa di mele”, una tarte tatin speciale con sfoglia e la frolla del biscotto.
DURANTE IL LOCKDOWN
A fine febbraio 2020, quando si iniziava a capire che qualcosa non andava, avevo di fronte una settimana piena di ordinazioni e ho deciso comunque di iniziare a organizzarmi per il peggio. Ho preso alcune misure, ho fatto sì che venisse inserito il nostro catalogo sul sito del comune, ho preparato una locandina con le consegne. E ho dato il via a uno dei periodi più intensi che si possano immaginare, e che non è ancora finito. Ho davvero fatto i salti mortali, sono arrivato a portare avanti due sessioni di consegna alla volta, mandavo foto, comunicavo con tutti i clienti grazie a WhatsApp. Avrò incrementato il mio giro del 200-300%, soprattutto grazie a prontezza di riflessi e flessibilità. All’inizio tutti erano spaesati, impauriti e per cercare di non lasciarmi travolgere ho fatto ciò che mi riesce meglio: preparare dolci. Ho anche portato dolci agli ospedali di Bergamo e dei dintorni, non mi fermavo mai. Sono arrivati a chiamarmi dalla Sicilia, un po’ da tutta Italia e persino dalla Francia per mandare torte ai propri cari chiusi intorno a me.
DOPO IL LOCKDOWN
Con l’impostazione che ci eravamo dati all’inizio dell’anno, la seconda ondata di chiusure/aperture non ci ha colpito particolarmente, siamo riusciti ad adattarci ogni volta facilmente alla situazione. E anche il Natale è andato molto bene, rispetto al solito non ho fatto troppe decorazioni di cioccolato perché abbiamo ricevuto tantissimi ordini di panettoni e veneziane, i lievitati sono stati il must irrinunciabile. La Pasqua è stato un altro bel momento, sia per le colombe sia per le uova, oltre che per alcune torte come la Altoatesina con la pesca. Nell’ultimo periodo c’è molta voglia di tornare alla normalità in giro, le persone e le attività si sono sicuramente dovute adattare a questa situazione fuori dal comune ma sono ormai pronte per riprendersi in mano la propria vita.