Non è facile scrivere di Africa. I luoghi comuni sono tanti. Terrorismo, epidemie, mancanza di cibo e di acqua, primavera araba. Ma il continente nero, che conta 54 stati, sfugge spesso alla nostra comprensione. Non tutti sanno che l’Africa in alcune zone sta incentivando lo sviluppo della piccola e media impresa, sperimentando nuovi modi di fare business, rispettando l’ambiente. Così non dobbiamo stupirci, come ha documentato il fotoreporter Joan Bardeletti, se in Nigeria la Weyclers si occupa di riciclare i rifiuti o se la Agrisarch in Benin si è specializzata nell’allevamento a Km 0 di polli e di uova, 100 mila galline che fanno 100mila uova al giorno. In quest’ultimo caso tutto è controllato dal punto di vista igienico, tutto è automatizzato, tanto che solo tre persone controllano 25.000 polli. Questi nuovi modelli imprenditoriali sono importanti perché aiutano a migliorare la società e a preservare l’ambiente. Certo si tratta di realtà piccole, poco conosciute, con difficoltà ad avere accesso al credito. Lavorano secondo lo stile occidentale, hanno molte ambizioni, godono del fatto che professionalmente i giovani crescono più velocemente. Gli aspetti positivi non possono però farci dimenticare tutte le contraddizioni di un continente che registra il 50% delle terre arabili non coltivate del mondo (fonte: ISPI) e che deve fronteggiare gli appetiti di investitori stranieri dell’industria agro-alimentare non sempre coerenti con i principi della sostenibilità.
L’Africa e l’Expo
Uno dei molti elementi nuovi e innovativi di Expo 2015 è rappresentato dal record di padiglioni self-built ovvero di paesi partecipanti con un proprio spazio espositivo: ben 60. A Shanghai erano 42. C’è poi la novità dei padiglioni tematici, i cosiddetti “cluster”, ovvero realtà che riuniscono paesi diversi accomunati non più dalla vicinanza geografica, ma dalla produzione di alcune tipologie di alimenti o da caratteristiche specifiche legate all’alimentazione quali Agricoltura e nutrizione in zone aride, Mare e Isole, gli eco sistemi del Bio-Mediterraneo. Così anche paesi solitamente esclusi dalle Esposizioni per motivi di budget e di organizzazione hanno potuto partecipare per far conoscere l’eccellenza alimentare o la peculiarità che li contraddistingue. Su 54 stati sovrani, a Milano sono presenti 41 paesi del continente africano. La vetrina “africana” vedrà Angola e Marocco con un padiglione self-built mentre gli altri paesi saranno ospitati nei vari cluster. Così se nel cluster del Bio-Mediterraneo si trovano Algeria, Libia, Egitto e Tunisia, in quello del caffè ci saranno Burundi, Ruanda, Uganda, Kenya e Etiopia. Camerun, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana e il piccolo São Tome e Principe sono nel cluster del cacao. Cereali e tuberi caratterizzano Mozambico, Congo, Togo e Zimbabwe mentre il mondo delle spezie sarà riservato alla Tanzania. E poi riso per la Sierra Leone. Eritrea, Mauritania, Nigeria, Senegal, Sudan, Somalia e Gibuti saranno inseriti nella filiera agricola delle zone aride, mentre per il mare e le isole ci saranno Guinea Bissau, le Comore, Madagascar, Capo Verde e Seychelles. Infine Benin, Repubblica Democratica del Congo, Gambia, Guinea Equatoriale, Liberia e Zambia si troveranno nel cluster Frutta e Legumi.
Cereali e tuberi dallo Zimbawe
«Lo Zimbawe – ci dice Goodfrey Magwenzi, ambasciatore in Italia – partecipa a Expo nel cluster dei Cereali e Tuberi, sviluppando il tema della sicurezza alimentare e dello sviluppo sostenibile. Vogliamo dimostrare il valore nutritivo dei tuberi coltivati dai nostri piccoli produttori. Vogliamo far conoscere la nostra cucina tradizionale, promuovendo la collaborazione tra chef dello Zimbawe e italiani e abbiamo stretto una proficua collaborazione con i Comuni di Gandino e di Alassio. Il nostro padiglione mostra l’intera filiera dei tuberi e dei cereali: come sono coltivati, come sono conservati, come la recente Riforma Agraria abbia incentivato l’agricoltura, ma anche i risultati delle ricerche su come migliorare le coltivazioni in nome della ricerca della salubrità e l’illustrazione delle possibilità economiche che si potranno sviluppare in un prossimo futuro. Occorre incentivare il recupero di semi che corrono il rischio di scomparire. La biodiversità è un valore da difendere. Naturalmente è possibile assaggiare piatti e bevande offerte al fine di attirare l’attenzione dei più giovani. Organizzeremo workshop tematici per sviluppare forme di business concrete con l’obiettivo di rafforzare lo scambio economico, in particolare, con l’Italia. Il 31 agosto festeggeremo il National Day in Expo con danze e… tanto cibo».
Congo: tra tradizione e innovazione
«Il Congo – afferma Mark Mankoussou, rappresentante dell’ambasciata italiana – vuole sviluppare il tema della coltivazione e della trasformazione dei cereali e dei tuberi. Di recente nel nostro paese si sono studiate e utilizzate diverse tecnologie all’avanguardia. Cerchiamo chi voglia collaborare alla ricerca da applicare all’agricoltura e scambiare opinioni per studiare formule migliori di commercializzazione del frumento e dei tuberi. Vogliamo far conoscere il nostro mais, la manioca, la patata dolce e i nostri piatti tradizionali».