di Tarsia Trevisan
Il recupero dei piatti della tradizione, delle antiche colture. Questo è il trend che i Paesi del Cluster Bio-Mediterraneo – con la Sicilia come capofila – cavalcheranno durante i 6 mesi dell’Esposizione Universale. Francesco Vescera, dei Fratelli Vescera Srl, è tra i protagonisti del discusso spazio del Bio-Mediterraneo. Negli ultimi anni i suoi sforzi sono tutti andati alla riscoperta e rivalorizzazione di diverse varietà di grani antichi: dal “nero delle Madonie”, alla “tuminia di Ustica”; dal “bidi’ dell’entroterra, vicino ad Enna” al “grano dei Nebrodi”, fino alle “varietà Sicilia” che arrivano verso Ragusa e Siracusa. Realtà completamente diverse l’una dall’altra. Che si esprimono attraverso il territorio: perché a dare i profumi e i sapori sono sempre le condizioni pedoclimatiche. Non bisogna dimenticare infatti che sono i territori a dare l’impronta a tutto. Ecco perché il mastro panificatore Vescera ha voluto ripercorrere quello che il mondo arcaico contadino ha dato e quella famosa biodiversità, e la famosa ecogenerazione del passato: una realtà che l’essere umano ha portato avanti da sempre come esigenza di sopravvivenza. Insomma, per dirla in poche parole: non esiste il pane di Milano o di Palermo o piuttosto di Bologna. Bensi’ esistono i diversi pani che sono dati dalle molteplici varietà dei grani. Ma quali le criticità di questi grani antichi? Purtroppo sono a bassa resa nei campi, e quindi non redditizi. Il rovescio della medaglia, però, riguarda la parte salutistica e culturale: non hanno pari. Da qui l’esigenza odierna di trovare il giusto connubio ed equilibrio tra i grani attuali e i grani antichi. Ecco la grande sfida del panificatore moderno.