Starbucks ha deciso di intraprendere una nuova sfida: conquistare, dopo la Cina, l’India. Il colosso americano ha deciso di allearsi con Tata, il gruppo industriale che controlla il settore automobilistico, chimico, energetico e della comunicazione in India. L’obiettivo? Battere il competitor Dunkin Brands. Ma sulla loro strada c’è Siddharta (nulla a che vedere con Hemann Hesse!), il 53enne magnate del caffé indiano, che ha cominciato a produrlo già dal 1994 e a farlo conoscere nei “Coffee Day”, disseminati in tutta l’India e in numerosi chioschi. Siddharta governa una vera e propria filiera: dalle piantagioni che dichiara sostenibili agli impiantidi stoccaggio, alla torrefazione, fino alle macchine da bar e ai locali. In India si beve più té (sette volte di più rispetto al caffé), ma il caffé può diventare, visto il crescente successo, la nuova frontiera economica. Starbucks ha inaugurato il suo primo locale in un palazzo storico di proprietà di Tata a Mumbai per poi aprire in due prestigiosi alberghi: il Taj Mahal Hotel & Palace e l’Oberai Mail. L’obiettivo è aprirne almeno 50 nel giro di un anno. Ma quanto costa il caffé in India? Circa 115 rupie, circa 1,60 euro, ovvero mezzo stipendio giornaliero di un bracciante. Siddharta propone prezzi iun poco più bassi, ma sempre difficilmente abbordabili da buona parte della popolazione indiana. Ma il caffé non guarda a loro, bensì alle classi agiate che sembrano apprezzarlo. Infatti negli ultimi 10 anni, la sua richiesta è salita dell’80%! Monica Viani
In India scoppia la guerra del caffé
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