Le piogge consistenti che hanno colpito l’area Nord Ovest proprio a ridosso del periodo della trebbiatura del grano, hanno compromesso non solo le rese ma anche la qualità del raccolto 2024 di grano tenero, che va quindi in negativo.
A sottolinearlo sono i dati di Italmopa, che mostra come la produzione effettiva di frumento tenero è calata quest’anno del -8% (a 2,85 milioni di tonnellate), soprattutto a causa della riduzione delle rese. L’import, strutturalmente intorno al 65% del fabbisogno, arriverà dunque a superare i 2/3 dei consumi, con un aumento della quota di produzione italiana declassata a uso mangimistico.
Come conferma il Presidente di Italmopa, Andrea Valente, il nuovo raccolto “presenta sotto il profilo qualitativo alcuni problemi rispetto alle esigenze dell’industria molitoria, dovuti soprattutto al clima sfavorevole a ridosso della raccolta. La produzione nazionale dovrebbe nuovamente scendere sotto 3 milioni di tonnellate rispetto a un fabbisogno interno, considerando tutte le destinazioni d’uso, di oltre 8 milioni di tonnellate, di cui 6,5 destinate ai mulini. Solo alcune aree produttive dell’Emilia-Romagna e del Centro hanno fatto registrare risultati apprezzabili in un contesto nazionale, comunque, fortemente negativo e preoccupante”.
L’import del grano tenero
Le importazioni, che già storicamente costituiscono il 65% del fabbisogno nazionale e provengono in genere da paesi UE, sono dunque destinate ad aumentare ultriormente. Anche la geografia dell’import è destinata a cambiare “con la produzione francese scesa da 35 a 25 milioni di tonnellate e con una qualità panificabile inferiore al solito – spiega Valente – ci sarà un raddoppio dell’import dal Nord America, con i grani da Canada e Stati Uniti necessari per compensare la scarsa qualità proteica della produzione europea. Mentre l’Italia non importa grano russo, anche per un problema di dazi UE, che non si applicano solo sui grani con oltre il 15% di proteine. Quello che ci preoccupa è la grande percentuale di grani foraggeri che determinano per l’industria rese produttive inferiori fino al 5%”.
La farine trasformate dall’industria molitoria sono destinate per la maggior parte alla panificazione e alla produzione di sostituti del pane (in misura del 57%), alla produzione di biscotti, di prodotti da forno e di pasticceria (20%), alla produzione di pizza (10%), all’export (7%), a usi domestici (4%) e alla produzione di pasta (2%).
Le stime sulla produzione mondiale
A livello globale, la Fao ha rivisto al rialzo le stime sulla produzione: 791,4 milioni di tonnellate, dato comunque inferiore di due milioni di tonnellate rispetto ai consumi (nonostante la correzione al ribasso a 793,3 milioni di tonnellate), con scorte di fine campagna in calo a 314,5 milioni di tonnellate. In ribasso anche i listini, che risentono dei prezzi particolarmente competitivi delle forniture dal Mar Nero e dei raccolti più abbondanti del previsto in grandi paesi esportatori come Argentina e Stati Uniti.