Pastry Chef vicentino esperto in docenza e consulenza, nonché Campione del Mondo di pasticceria e gelateria, Diego Crosara rincorre da sempre un’idea di alta pasticceria contemporanea applicata al mondo della ristorazione, spaziando dal dolce al salato. Classe 1965, Maestro pasticciere con passato da chef, si forma tra l’Italia e l’estero presso i grandi del settore, per poi inaugurare nella città natale il suo laboratorio creativo dedicato all’arte bianca Al Portego, mantenuto fino al 2007.
Mosso da curiosità e passione, presto diviene membro della Nazionale Italiana Cuochi, conquistando la Culinary Cup a Lussemburgo nel 2006, la medaglia d’argento nel concorso mondiale di pasticceria a Phoenix nell’anno 2010 e la medaglia d’oro alla Coppa del Mondo di Gelateria a Rimini nel 2012 come allenatore.
Ma i progetti non finiscono qui, la grande vocazione per il lato didattico della sua professione lo porta anche a pubblicare diversi libri di pasticceria, tra cui Mignon, che si aggiudica il posto tra i “top five” al mondo nella rassegna Cook Book Award di Parigi 2012.
Com’è nato l’amore per la pasticceria?
Tutto è iniziato con la pasticceria di famiglia in un piccolo paese in provincia di Vicenza. Dall’amore del laboratorio di casa sono poi partito, grazie alle possibilità date da mio padre, e ho scoperto il mondo e le sue mille risorse anche in cucina. Nel 1980 sono entrato nella prima scuola di pasticceria, passando per concorsi e classi con i vecchi maestri del settore, da cui proviene tutta la mia formazione e grande passione. Nel 1984 ho avuto l’onore di vincere il mio primo campionato Juniores a SIGEP e nel 2004 ho poi lasciato il porto sicuro, iniziando la mia strada di insegnamento e consulenze.
Il mio sogno da ragazzino era in realtà quello di fare il disegnatore per la Walt Disney, ma poi si sa la vita ti cambia i piani e anche le prospettive. Diciamo che oggi disegno comunque, ma sulle torte.
Ricordi il tuo primo lavoro in pasticceria?
Me lo ricordo come fosse ieri, sono state le decorazioni delle uova di Pasqua. Ero giovanissimo e iniziavo i primi passi in quello che ancora non sapevo sarebbe stato il mio mondo. Avevo all’incirca 14/15 anni.
Come descriveresti le tue creazioni?
Spesso i clienti che provano il mio prodotto lo definiscono elegante. Una bellissima definizione dal mio punto di vista, che gratifica molto il mio lavoro. Non sono infatti io che devo giudicare la mie creazioni ma a chi sono rivolte, quindi il pubblico. Elegante per me vuol dire al passo coi tempi e giusto in ogni occasione. Un aggettivo così complesso e allo stesso tempo completo.
Ci puoi parlare della pasticceria salata? Come ha avuto origine e come è stata accolta dalla clientela?
Non penso di essere stato il primo a fare pasticceria salata, ma uno tra i primi che hanno saputo cogliere questo nuovo mondo e diffonderlo. Erano gli anni 1998/2000 e in quel momento della mia carriera partecipavo ai concorsi FIC (Federazione Italiana Cuochi), di cui sono stato membro per 8 anni. Durante una competizione a tematica praline, decisi di crearne una variante al formaggio abbinata a confetture, creme e frutta fresca e da li è partita l’idea di sviluppare il poco esplorato mondo della pasticceria salata, che a mio parare in Italia era ancora ferma negli anni passati. Da lì ho deciso di rinnovare i classici della pasticceria e portarli sul lato salato, non solo a livello di gusto ma anche visivo. La particolarità era infatti in vetrina, quando dall’esterno il prodotto sembrava un classico dolce ma all’assaggio si scopriva il contrasto nascosto al suo interno.
La clientela ha apprezzato e accolto con entusiasmo questa novità e a partire da quel momento ho poi tenuto numerose consulenze sul tema. Il salato è stato un modo nuovo di vedere la pasticceria, che ha aperto una nuova strada parallela a quella del classico dolce.
Secondo te e la tua esperienza, come sta cambiando la pasticceria negli anni?
La pasticceria è cambiata molto negli anni, soprattutto sotto il profilo estetico, che è sempre più curato. Oggi si usa l’ideologia “less is more”, prodotti più semplici ma perfetti. Il cliente è allo stesso tempo molto più attento non solo alla vista ma anche al sapore e al gusto. Un prodotto deve essere buono sì, ma non un buono alla portata di tutti, perché il livello e la richiesta del cliente stanno crescendo ogni giorno. Si va allo stesso tempo verso una direzione meno dolce, che forse ha stancato negli anni, per lasciare il posto a sapori più freschi. Per un prodotto di cui “un boccone tira l’altro” nel vero senso della parola.
Hai qualche consiglio da dare ai giovani pasticcieri d’oggi?
Sicuramente consiglio ai giovani di studiare alla perfezione prima e durante la pratica, perché quello che producono è destinato ad un corpo umano e alla sua nutrizione. Io e tutti quelli della mia generazione siamo nati con l’idea che questo è un lavoro di sacrificio, ma ora forse non dobbiamo più intenderlo solamente così e sicuramente non in accezione negativa. Il sacrificio deve indubbiamente esserci perché è un lavoro con orari non del tutto ordinari, ma per me sacrificio è una bella parola che collega la realtà ai sogni. Quindi direi ai giovani di non smettere di sognare e di amare questo lavoro con tutto il cuore, perché è il lavoro più bello e dolce del mondo.
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