Faak, il nuovo (anarchico) progetto di Viviana Varese 

Dalla colazione alla pizza, dalla mattina alla cena: il nuovo locale della chef è una vera e propria ‘fabbrica artigianale’ dallo spirito ribelle
Faak, il nuovo (anarchico) progetto di Viviana Varese 

All’origine era ‘Fabbrica d’Anarchia Artigianale Culinaria’, da cui Faak. Il payoff ufficiale recita invece ‘Cibo e Vino a Ribellione Naturale’. Un cambio di forma, ma certo non di sostanza. Il nuovo progetto di Viviana Varese a Milano, in Via Arnaldo da Brescia, a due passi dall’Isola e dall’ex Scalo Farini – che nei prossimi anni vivrà una importante evoluzione – è fuori dagli schemi, nato da una precisa idea della chef che desiderava concentrare, in un unico spazio, un grande laboratorio di produzione, dove tutto fosse realizzato in casa, e uno spazio conviviale (100 metri quadri per circa 40 coperti interni più il dehors) dove trovare soddisfazione alle proprie voglie, dalla colazione alla cena. 

Individuato il locale un anno e mezzo fa, e portati a termine lavori di ristrutturazione decisamente impegnativi, vista anche la location – all’interno di un condominio, su strada –  lo scorso aprile Viviana Varese inaugura finalmente il suo Faak, locale moderno e irriverente negli arredi, dalle tante sfaccettature. “Il mio desiderio era quello di avere uno spazio dedicato principalmente alla produzione, che non fosse specializzato su un unico tema ma che mi desse modo di esprimere completamente me stessa attraverso un’offerta variegata, dalle 7 del mattino alle 11 di sera”, spiega la chef.

Lievitati al centro 

Si parte la mattina con la viennoiserie, un incontro tra Francia e Italia, come spiega il Pastry Chef Alessandro Montanari: “Utilizziamo la stessa quantità di burro di un impasto francese, che ci dà croccantezza, ma con il gusto e il profumo di un croissant italiano, quindi con uovo all’interno. Facciamo una produzione sia sfogliata che ‘briochosa’, e una serie di special realizzati giornalmente, in base a quello che ci è arrivato al mercato o a quello che vogliamo fare noi”

faak viviana varese

Ricca anche la parte delle colazioni salate con sfoglie fredde ripiene e prodotti come il toast realizzato con la pasta della pizza avanzata la sera prima e pressata. Internamente viene realizzato anche tutto il pane. Poi c’è la pizza, passione della chef fin dall’infanzia: “Al centro del progetto c’è il fuoco, quello del forno e quello della brace. Tutto ciò che finisce sulla pizza, passa prima dalla brace, che è anche un modo per riportare sulla pizza la mia esperienza in cucina” spiega Viviana Varese. A essere utilizzati sono lievito madre e le farine di un piccolo mulino pugliese, Molino Amoruso, “una bellissima realtà con una gamma di farine molto interessante: grani antichi, Senatore Cappelli, e una farina di grano arso molto particolare che a noi piace molto utilizzare”

Un lavoro di squadra 

Nel grande laboratorio (circa 200 metri quadri più 500 di magazzino), la presenza del Roboqbo permette di realizzare succhi, composte e creme a partire dalla materia prima,  con un’altissima percentuale di materia prima, senza aggiunta di zucchero, paste pronte o additivi. Prodotti che vengono utilizzati in pasticceria e cucina ma che vengono anche venduti nella parte dedicata allo shop. 

Centrale anche il tema caffetteria, dove vengono utilizzati esclusivamente caffè specialty “100% arabica del Brasile per l’espresso, e un’Etiopia per il filtro, entrambi tostati chiari per far emergere la nota floreale” spiega Davide, responsabile della parte caffetteria con una importante esperienza alle spalle come store manager di Cafezal

Emerge dunque un altro elemento di forza del locale: la squadra selezionata per portarlo avanti: “Per ogni ruolo abbiamo scelto ragazzi con una competenza specifica e un percorso molto interessante – spiega Viviana Varese –. Il pizzaiolo, bravissimo, viene da Modus, la sommelier ha sempre lavorato in locali stellati… E non è affatto scontato partire con personalità così importanti. Alla fine però sono loro la vera anima di Faak, io trascorro il 90% del mio tempo al Passalacqua, quindi mi affido molto a loro e alla loro competenza. Ho avuto la fortuna di incontrare persone preparate che, come me,  avevano voglia di fare una ristorazione accessibile, di togliersi un po’ la giacchetta e affrontare un progetto di qualità ma in maniera un po’ più rilassata”

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