L’eccellenza è il filo conduttore di una realtà variegata e complessa come quella rappresentata da Polo del Gusto. La società ideata e presieduta da Riccardo Illy trae origine da una serie di acquisizioni, iniziate nei primi anni Duemila, per diversificare l’offerta all’interno di Gruppo Illy, intercettando le occasioni che si sarebbero presentate in settori strategici e complementari, scegliendo tra aziende di altissima gamma produttrici di cioccolato, tè, biscotti e prodotti da forno, praline, succhi di frutta, confetture e frutta candita.
La destinazione commerciale di questi prodotti è fortemente diversificata: si parte infatti dalle forniture al canale professionale, per arrivare al b2b inteso come forniture all’Horeca, fino al b2c inteso come presenza dei prodotti a marchio all’interno di negozi specializzati nel food di alta qualità. L’ultimo tassello è il retail diretto, che ha preso il via lo scorso settembre a Trieste con l’inaugurazione del primo negozio Incantalia, progetto che punta all’espansione nazionale e internazionale, come ha raccontato a Dolcesalato in quest’intervista il Presidente Riccardo Illy.
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Come si presenta oggi Polo del Gusto?
È una holding controllata per oltre il 70% da me e da cui dipendono varie società. La prima è Dammann Frères, a sua volta controllata per il 70% da Polo del Gusto e per il 25% dal gruppo Crédit Agricole attraverso varie società finanziarie, con il residuo 5% in carico a due manager, e che nel 2023 ha fatturato circa 44 milioni di euro. C’è poi Domori, 26 milioni di fatturato nell’ultimo esercizio, che a sua volta controlla Prestat, storico marchio inglese acquisito nel 2019 con tanto di Royal Warrant in quanto fornitore ufficiale della corte britannica, che speriamo ora di rinnovare anche se ci dicono che Re Carlo III non mangi il cioccolato, ma è in ogni caso un consumatore di un prodotto da forno di Prestat, per cui abbiamo buone speranze di essere confermati. E Prestat lo scorso anno ha ottenuto 9 milioni di ricavi. Del gruppo fa parte Agrimontana, di cui controlliamo il 40% delle quote e che ha fatto 31 milioni di fatturato con le sue produzioni di frutta candita e confetture, con una parte retail distribuita da Domori e una parte professional rivolta a pasticcerie, gelaterie e ristorazione.
Di conseguenza, Domori rappresenta il fulcro distributivo del Polo del Gusto, è corretto?
Lo è per la parte destinata ai rivenditori e all’export, con l’eccezione dei prodotti Dammann Frères perché la società francese ha una autonomia, essendo già presente in una sessantina di mercati. A livello distributivo operiamo su tre livelli: con il canale professionale affidato ad Agrimontana, con quello b2b affidato a Domori e con il b2c attraverso Incantalia, novità dell’ultimo anno, che è il nostro primo store multibrand inaugurato a Trieste e destinato a essere replicato in altri centri di medie dimensioni. Da Incantalia si trovano in vendita tutti i prodotti dei marchi appartenenti a Polo del Gusto e poi altri marchi come illycaffè, con cui abbiamo un accordo di distribuzione, la pasta Mancini, il riso Acquerello e altri prodotti di aziende eccellenti che si sposano bene con quelli del Polo del Gusto. In programma abbiamo, per Incantalia, l’apertura di store diretti, poi franchising e tra qualche mese sarà operativo il portale e-commerce che offrirà gli stessi prodotti presenti in store.
Ci sono nuove acquisizioni allo studio?
Nel Polo potrebbe entrare un marchio di caramelle, settore in declino perché lo zucchero oggi è demonizzato e in parte a ragione, perché negli Usa è la causa principale di obesità. Ma di zucchero abbiamo tutti bisogno, perché è un motore del pensiero umano, e quindi siamo determinati nel voler reinventare la caramella, producendone una in maniera naturale e senza aggiunta di glucosio.
Quali sono i mercati-chiave per la crescita di Polo del Gusto?
Attualmente i tre mercati principali sono gli stessi nei quali siamo presenti a livello produttivo ovvero Italia, Francia e Gran Bretagna. A questa geografia, in una prospettiva di medio termine, aggiungerei tutta l’Europa, dove abbiamo già dei buoni distributori, e gli Stati Uniti, dove dobbiamo selezionare quanto prima un country manager per avviare una distribuzione in maniera più approfondita, oltre a qualche Paese asiatico. A lungo termine, l’obiettivo è quello di diventare un gruppo globale entrando anche in America Latina, in qualche Paese africano di significativa importanza poi nel resto dell’Asia. Per Incantalia, lo sviluppo in Italia e all’estero passerà attraverso contratti di franchising e accordi con master franchisee.
Come va la vostra presenza nel canale travel retail?
Cerchiamo da anni di seguirlo ma lo facciamo in maniera ancora sporadica. Adesso con Incantalia ci sono nuove possibilità di ingresso attraverso i corner, soluzione ideata per le città di medie dimensioni e anche per i luoghi di transito, come le stazioni ferroviarie e gli aeroporti. Siamo ai primi contatti, non ancora alla fase negoziale.
Come vede il futuro dell’Horeca in Italia?
Per quanto riguarda il consumatore italiano, è in atto una forte evoluzione che nasce dalle nuove esigenze, dal “free from” allo spostamento verso prodotti privi di alcool e di sostanze “nervine” come caffeina e zuccheri, che alla fine spingono i consumi di bevande come le tisane, in fase crescente, o i succhi di frutta senza aggiunta di zuccheri, ambito in cui opera il nostro marchio Achillea. C’è poi il profilo del consumatore-turista, il quale apprezza ed è affascinato dalla varietà regionale e territoriale in genere della cucina italiana: su di lui abbiamo una grande responsabilità perché quel che gli offriamo nei ristoranti e negli hotel diventa una forma di promozione per quello che poi, una volta tornato in patria, potrà acquistare regolarmente. E così si investe nel futuro del food italiano.
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