Transizione digitale: per pasticcerie e gelaterie è a due velocità

Lo sguardo è proiettato verso un futuro di sperimentazione, ma le insegne si muovono ancora su un terreno molto prossimo e sicuro
Transizione digitale: per pasticcerie e gelaterie è a due velocità

“Parlare di transizione digitale oggi deve significare molto più che una gestione efficace dei social. Questo approccio deve entrare con prepotenza nelle dinamiche delle attività tradizionali di gelateria e pasticceria, abbracciando il back office e i gestionali, e non limitandosi a una banalizzazione nell’impiego nel front office”, ha osservato in apertura della tavola rotonda ‘Innovazione e digitalizzazione nelle pasticcerie e gelaterie’, a cura di FIPE e Appetite for Distruption, Luciano Sbraga, responsabile ufficio studi dell’Associazione. 

Ma, saranno le sfide che una transizione digitale completa presenta – servono finanziamenti, skills, formazione – dall’osservazione delle realtà presenti a Sigep 2024 emerge con chiarezza che l’innovazione massimamente passa ancora dagli investimenti in macchinari avanzati e dalla sperimentazione in materia di gusti e ricette. È come, insomma, se nel parlare della transizione digitale di pasticcerie e gelaterie fosse evidente la presenza di una dicotomia nel settore. Se da un lato, infatti, lo sguardo è proiettato verso un futuro di sperimentazione, dall’altro nella realtà le insegne si muovono ancora su un terreno molto prossimo e ‘sicuro’. Quello della comunicazione social, per esempio, o della instagrammabilità dei locali o, ancora, quello della dimensione di servizio al cliente finale con lo sviluppo di sistemi per i pagamenti cashless o per la digitalizzazione dei menu.

Un passaggio inevitabile

Eppure, il processo di trasformazione delle attività tradizionali appare inevitabile per lavorare in uno scenario nuovo, in continuo mutamento. “Se si investe in modo serio su questo processo – e noi come associazione siamo pronti a dare alle aziende del settore tutto il supporto necessario – i risultati certamente arrivano”, prosegue Sbraga.

Lo conferma il caso di T’a Milano, progetto sviluppato per promuovere l’arte pasticcera, principalmente, nel mondo horeca, da Tancredi e Alberto Alemagna. Quest’ultimo, intervenendo alla tavola rotonda di FIPE, racconta: “Abbiamo preso il processo di transizione digitale molto sul serio, dandoci il tempo necessario per trovare i sistemi gestionali più adatti alle nostre esigenze e per formare il personale. Solo grazie ad esso, dal 2015 al 2023 abbiamo registrato una crescita del +500% e abbiamo potuto recuperare 3-4 punti di marginalità. Per esempio, abbiamo sviluppato un sistema interno di logistica predittiva: grazie alla presenza di GPS sui furgoni che effettuano le consegne, possiamo avvertire il nostro customer service che a sua volta manda ai clienti un aggiornamento rispetto ai tempi di consegna”.

Un punto resta, tuttavia, critico: I dati, anche laddove raccolti in modo corretto, non vengono utilizzati. Solo l’1% delle aziende italiane è in grado di sfruttarne il potenziale: la sfida per il futuro è quindi quella sulla formazione, perché fintanto che non ci sarà la volontà di investire tempo e identificare consulenti indipendenti e sistemi aperti, non è ipotizzabile vedere grandi passi avanti”. Concorda Sbraga: “Le informazioni devono essere di proprietà dell’azienda e non di un soggetto terzo che non le condivide”.

Analisi predittive e profilazioni più puntuali

Si rivelano comunque investimenti dal feedback positivo anche quelli che molte insegne del settore continuano a fare in ambito di comunicazione social e di trasformazione esperienziale degli store. È il caso di Pasticceria Gelsomina, due punti vendita a Milano e un terzo in apertura: “Abbiamo cavalcato il boom dei social, nel momento in cui il cibo è diventato quasi un oggetto di culto, su canali come Instagram. E tutto questo, senza che alla nostra insegna potesse essere associato un pastry chef famoso: chi ci ha conosciuto e amato l’ha fatto per i nostri prodotti e per l’instagrammabilità del format”, spiega Ilaria Puddu, imprenditrice alla guida della rete. Che aggiunge: “Al momento, ci concentriamo su questi aspetti che gestiamo per intero internamente, pur non escludendo un investimento in senso più deciso in futuro, con una maggiore integrazione del digitale anche nei nostri sistemi di gestione”.

Per Fabio Marniga, fondatore della start up Qodeup, “la maggior parte delle attività esistenti non è davvero pronta ad innovare e ad uscire dalla propria comfort zone. È quindi necessario che anche noi fornitori di servizi ci adattiamo al livello di maturità delle aziende”. Per questo, Marniga definisce Qodeup un prodotto ‘b2b2c’, che cerca di offrire al cliente business soluzioni in grado di migliorare, innanzitutto, la soddisfazione del cliente: dai menu consultabili in forma digitale allo sviluppo di piattaforme in store e e-commerce, fino alla digitalizzazione dei pagamenti. “Lo step successivo è sensibilizzare i clienti business sull’importanza di usare i dati che raccogliamo. Un esempio calzante è quello della individuazione e profilazione dei clienti ricorrenti, o la loro ripartizione fra pranzo e cena, per un’offerta più precisa e puntuale”.  

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