“Per evitare che i bar facciano la stessa fine delle edicole, scomparendo dalle nostre città, serve un cambiamento deciso e coraggioso: se dopo la Bersani erano saliti a 149mila, nel 2023 si sono attestati su 132mila unità”, è la provocazione con cui Michele Cannone, Global Brand Director di Lavazza, ha aperto la tavola rotonda ‘Il futuro del caffè‘, organizzata a Sigep 2024 da Comunicaffè.
Ma quali sono le cause di un’epidemia che appare inarrestabile? C’è stato il Covid certo, con le abitudini cambiate per sempre – lo smartworking che diventa regola, i consumi che si modificano negli orari – ma la pandemia non basta, come spiegazione. “Il punto è che quando cambiano le modalità di fruizione, come per la lettura dei quotidiani on line piuttosto che cartacei, non basta riconvertire i format con piccoli aggiustamenti. Serve un cambio di passo deciso nella proposta esperienziale del momento di consumo al bar”.
Esperienzialità 5.0, quindi, come la chiamano i guru del marketing: una proposta ad ampio raggio, immersiva, che abbraccia il prodotto, il punto vendita, i canali di comunicazione fisici e digitali. E la community che li utilizza. Perché le potenzialità ci sono tutte: l’industria del caffè oggi vale globalmente circa 100 miliardi e il mercato è cresciuto del 5% a valore e del 2% a consumi e per i prossimi 5 anni l’aumento potenziale è stimato a circa +7-8%.
Un nuovo storytelling tra sostenibilità e specialty coffee
Un filone da coltivare sicuramente con attenzione, per cogliere le opportunità esistenti, è quello dello specialty coffee: “Sempre meno fenomeno di nicchia, questa tipologia di prodotti è espressione della consapevolezza da parte dei clienti dell’importanza di garantire qualità, rispetto della filiera e uno stipendio equo ai produttori, ai dipendenti e ai gestori dei bar. Non si può però pensare di poter offrire tutto questo con un espresso venduto a 1 euro”, commenta Davide Cobelli, national coordinator di SCA Italy. Si sofferma sul successo degli specialty coffee anche Tommaso Nastasi, senior partner di Deloitte: “Non siamo ancora ai livelli di penetrazione del Nord Europa, dove hanno rappresentato un driver importante di crescita, ma in Italia sono sicuramente ancora al centro di un fermento da monitorare con attenzione”.
Anche perché l’attenzione alla materia prima si lega a doppio filo al tema della sostenibilità: qui, su uno sfondo che è sempre più ribalta, c’è l’entrata in vigore entro dicembre del 2024 dell’EUDR, il regolamento che vieta l’importazione e l’esportazione nell’Ue di prodotti che abbiano causato la deforestazione o il degrado delle foreste dopo il 2020. Una norma che potrebbe avere un impatto non indifferente sui piccoli produttori.
Come impatterà tutto questo sulla domanda? “Ci saranno conseguenze sul modo di fruire l’esperienza, anche per noi italiani che siamo abituati a bere il caffè in piedi. Immagino un ritorno al passato: un’esperienza più lenta e ragionata, in cui continuiamo a metterci ‘il buono’, ma lo combiniamo con ‘il bello’, con l’estetica dei locali, l’atmosfera, l’ambiente. Il mondo del caffè diventa il mondo del piacere, in cui ‘cosa’ beviamo diventa altrettanto fondamentale di come lo raccontiamo”, chiude Cannone.