Meno zucchero, più vegetali e grane attenzione all’alimentazione salutistica, sono queste le tendenze generali nei consumi della Generazione Z, quella di riferimento oggi per sapere dove sta andando il mercato. E la direzione è chiaramente quella dell’inclusività, del dolce visto come diritto di tutti, anche di chi, fino a oggi, si è dovuto accontentare di prodotti conformi alle sue esigenze alimentari ma tutt’altro che appagamenti per il palato.
“La pasticceria convenzionale è una pasticceria di nicchia, per pochi. Al contrario di quella salutistica che è davvero una pasticceria per tutti”. Suona come una provocazione la dichiarazione di Luca Montersino. Si tratta, in realtà, della logica conclusione di una riflessione attuale e sempre più condivisa. “Se è buona, allora una sacher senza glutine, senza lattosio, all’olio evo, è una sacher per tutti, a differenza di quella tradizionale che molti non possono mangiare. Ma deve essere buona, golosa, profumata, invitante, altrimenti è solo un prodotto pensato per accontentare la voglia di dolci di chi ha una patologia e non può permettersi di mangiare altro”.
Le potenzialità del gluten free
Tra le istanze più attuali, ma paradossalmente più controverse, del momento, in ambito food, c’è sicuramente la richiesta di prodotti senza glutine di qualità. E questo vale anche per pasticceria e bakery. “L’Italia è stata uno dei primi Paesi a capire le problematiche legate al glutine e uno dei pochi che prevede l’erogabilità degli alimenti per celiaci. Questo è un vanto, certamente, ma ha determinato anche una stortura nella percezione comune: gli alimenti gluten free vengono ancora considerati da molti prodotti da farmacia per malati” sottolinea Francesco Favorito, pastry chef e ideatore della World Gluten Free Chef Academy. “In realtà l’Italia oggi è all’avanguardia anche nella produzione, soprattutto per quanto riguarda le materie prime, e questo è lampante frequentando le fiere all’estero dove l’etichetta gluten free associata alla tradizione italiana è considerata un valore aggiunto. Un segnale importante per un imprenditore”.
E se le attività esclusivamente dedicate al mondo glutine free stanno vivendo un grande slancio e incuriosiscono anche chi non ha problemi con il glutine, come succede a Milano per Pan per me di Fabio Nazzari, ben altre le difficoltà che incontra chi cerca di integrare il senza glutine in una produzione più classica per renderla, appunto, inclusiva. Come Fabio Nazzari, maestro pasticcere e maître chocolatier che nella sua pasticceria di Iseo (BS) sta trasformando tutto quanto è possibile declinare in versione gluten free senza che i clienti se ne accorgano. Quindi monoporzioni, torte moderne, pasticceria mignon… lasciando da parte i lievitati per la colazione. Una sostituzione silenziosa, che nulla toglie al gusto, ma che si rivela una necessaria strategia di comunicazione visto il pregiudizio che ancora oggi relega i prodotti gluten free all’ambito della malattia.
Una comunicazione fuorviante
Nell’evoluzione della pasticceria verso un approccio più inclusivo, il tema del marketing e della comunicazione hanno un ruolo centrale. Si fa cattiva informazione, per esempio, quando si parla di plant based come di uno stile alimentare light, un pregiudizio che distorce il discorso e impedisce di vederne le reali potenzialità, come sottolinea Davide Maffioli, chef e formatore in ambito vegan. Che sostiene: “Oggi i professionisti si dividono in due categorie: chi osa, si informa, e anche provenendo da un ambito non vegano capisce che ampliando la sua proposta può allargare la cerchia dei suoi clienti, e chi si oppone a qualsiasi novità” spiega infatti Maffioli. “Non è detto che siano le nuove generazioni a mostrare questa apertura, è sufficiente essere un professionista che ha il polso del mercato. È banale, ma sappiamo tutti che le brioche vegane sono le prime a finire al mattina al bar”. Cortocircuito di informazioni anche quando si parla di gelato, in particolare modo rispetto al tema senza grassi e senza zuccheri.
Tutto si può fare, è in sostanza il commento di Roberto Lobrano, maestro gelatiere e fondatore di Gelato Cult e della Scuola Internazionale di Alta Gelateria. “Quindi, togliere i grassi, che comunque nel gelato si attestano mediamente tra il 6 e il 10%, ha senso solo se si desidera proporre dei prodotti ipocalorici. Ma a questo punto occorre prima domandarsi se è davvero un’operazione necessaria, visto che mediamente un gelato ‘grasso’ non apporta più di 220 KCal per 100 gr (un cracker ne apporta 428!) e che comunque il gelato è il meno calorico di tutti i dolci esistenti”. Chiude il discorso sul gelato la considerazione del dottor Diego Celotto: “lo step fondamentale da compiere nell’imminente futuro sarà quello del gelato nutracetico. Più simile a una preparazione farmaceutica che a un alimento, questo tipo di gelato mirerà a prevenire e curare malattie, promuovendo il benessere umano, con l’aggiunta, agli ingredienti normalmente utilizzati in gelateria: pro e pre-biotici, omega 3, bioflavonoidi, vitamine, sali minerali… La gelateria italiana sarà pronta a raccogliere questa sfida?”.