Il cibo del futuro è già qui

Colture cellulare, fermentazione, plant based, micoproteine: sono i temi in tavola quando si parla di cibo del futuro. Sostenibilità e salute sono i driver della ricerca, mentre nuove materie prime sono già disponibili per pasticceria e bakery
Il cibo del futuro è già qui

Sostenibilità, ambientale e sociale, e salute, sono i principali driver che guidano la ricerca in campo agroalimentare per il cibo del futuro. “Dal recupero dei forgotten foods, i cibi dimenticati, per lavorare sulla biodiversità, alla creazione di nuovi ingredienti da processi di valorizzazione di elementi di scarto, alla trasformazione dei modelli agricoli in ottica rigenerativa. Sono questi alcuni dei grandi temi in ballo quando si parla di ricerca in ottica sostenibile” commenta Sara Roversi, Founder del Future Food Institute. In particolare, aggiunge il professor Sebastiano Porretta, Presidente AITA, “al settore dolciario artigianale oggi è chiesto di sviluppare dei prodotti a base di materie prime appartenenti alla tradizione, ma che possano nel contempo coniugare gli aspetti qualitativi percepiti con un contenuto di servizio e aspetti salutistici. Un esempio è offerto dalla fascia di prodotti per la cosiddetta silver generation, attualmente una delle più interessanti (per fascia di reddito e per richieste intrinseche) in termini di sviluppo e di customizzazione”.

Nel vivo della ricerca

Entrando nello specifico dell’ingredientistica per pasticceria e bakery, oltre a esserci grande attività di ricerca “ci sono già molte soluzioni” sottolinea Sharon Cittone, founder e CEO di Edible Planet Ventures, riferendosi in particolare al fermento legato alle startup food di ultima generazione. Le uova senza uovo, plant based o ottenute tramite fermentazione Eggmented Reality, l’olio alternativo a quello di palma C16 Biosciences, il burro a base di fagioli fermentati Willicroft, sono solo alcuni degli esempi portati da Cittone che sottolinea in particolare le potenzialità della fermentazione, citando l’inglese WNWN che produce cioccolato proprio tramite una fermentazione tradizionale, evitando l’impatto ambientale e i diffusissimi fenomeni di schiavitù minorile legati proprio a una certa produzione di cacao, fino a spingersi alla ricerca Solar Food che è riuscita a produrre una proteina dall’aria, utilizzando unicamente acqua, anidride carbonica, energia elettrica e batteri unicellulari, proteina potenzialmente convertibile nei più svariati prodotti alimentari liquidi e solidi, farine incluse.

Fermentazione e zero waste

Tra i progetti italiani di ricerca legata alle fermentazioni, impossibile non citare quello del Marco Gobbetti, preside della Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano, uno dei maggiori esperti italiani di Microbiologia degli Alimenti. “La Microbiologia degli Alimenti studia le implicazioni dei microrganismi nella produzione degli alimenti“, spiega Gobbetti. E questo è vero in particolare in tema fermentazione, o meglio: “la Microbiologia degli Alimenti studia l’impiego dei microrganismi per produrre alimenti fermentati dalle ottime caratteristiche organolettiche, nutrizionali e funzionali, ovvero in grado di avere un ruolo sulla prevenzione dei rischi di patologie. Negli anni è stato osservato che la fermentazione non solo è in grado di produrre alimenti buoni e che si conservano a lungo, ma anche di contribuire alla liberazione di composti che hanno un ruolo funzionale e che, quindi, vanno aldilà della semplice nutrizione. Ora, quindi, la ricerca si sta spingendo verso la produzione di alimenti fermentati che favoriscano la digestione, che siano utili per i microrganismi del nostro intestino e che apportino molecole in grado di aiutare la fisiologia dell’uomo. Si tratta di alimenti che non hanno un ruolo terapeutico, ma possono contribuire a prevenire stati patologici”.

Sul versante recupero degli scarti, invece, particolarmente interessante l’esperienza della startup Newtra Food che si occupa della produzione di ingredienti alimentari da economia circolare con proprietà funzionali e nutraceutiche. “Con i nostri processi – spiega il founder Maurizio Palmitessa – riusciamo a ottenere ciò che noi chiamiamo super-ingredienti, ossia un concentrato vegetale che contiene circa il 700% dei valori nutrizionali del vegetale di partenza, e mi riferisco non solo a proteine e fibre, ma anche micronutrienti termolabili come tutta una serie di vitamine, polifenoli e antiossidanti che si perdono durante i tradizionali processi di trasformazione industriale. Oltre ai valori nutrizionali riusciamo ad accrescere anche le caratteristiche organolettiche e le proprietà del vegetale. Il tutto in piena sicurezza, in quanto gli scarti saranno acquisiti solo da aziende selezionate che gestiranno gli scarti come un semi-lavorato e che potranno garantire i massimi standard di tracciabilità e di qualità”.

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