Dell’acrilammide e dei suoi effetti sulla salute si parla da anni, ma nell’ultimo periodo l’argomento è tornato di attualità. La rinnovata popolarità dell’acrilammide è l’occasione per riflettere su una sostanza nociva che è contenuta in moltissimi alimenti, dal pane, alla pizza, ai dolci da forno, sensibilizzando consumatori e artigiani al fine di limitarne la formazione e il consumo.
Cos’è e dove si trova l’acrilammide
L’acrilammide è un contaminante di processo (è classificata come “probabile cancerogeno per l’uomo” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) che si forma durante la cottura di alcune tipologie di alimenti, in particolare amidacei. La sua formazione è dovuta alla presenza in questi cibi dell’aminoacido asparagina che, a temperature elevate, reagisce con gli zuccheri della ricetta, durante la reazione di Maillard. Sul banco degli imputati, in quanto potenziali fonti di acrilammide, finiscono quindi la gran parte dei prodotti da forno, ma anche patatine e caffè. I trattamenti termici, come frittura, tostatura e cottura al forno conferiscono agli alimenti stabilità in conservazione e proprietà sensoriali tipiche, ma sono spesso responsabili della riduzione delle loro proprietà nutrizionali e della formazione di alcuni composti tossici, tra cui, appunto, l’acrilammide. In generale, i prodotti da forno che contengono più elevati livelli di questa sostanza sono biscotti, cracker e tutti i prodotti caratterizzati da un basso contenuto di acqua.
Un approccio integrato per contrastarne la formazione
La formazione dell’acrilammide durante la cottura dei prodotti da forno è pressoché inevitabile, ma già da anni la ricerca scientifica è impegnata a sviluppare tecniche e strategie per mitigarne il contenuto nei prodotti bakery e non solo. Alcuni studi adottano un approccio integrato che prende in considerazione una serie di parametri che influenzano la formazione del contaminante, per esempio nei biscotti. Tra questi, il contenuto di zuccheri riducenti (fruttosio e glucosio, per esempio), così come l’impiego di determinati agenti lievitanti. I risultati mostrano che la lievitazione biologica tende a ridurre il contenuto di asparagina, mentre l’impiego di bicarbonato di ammonio o altri agenti chimici, crea condizioni favorevoli alla formazione di acrilammide.
L’influenza della cottura
Quanto al processo di cottura, le variabili che incidono maggiormente sono le temperature elevate, il tempo prolungato e le condizioni di scarsa umidità all’interno del forno. Anche la tipologia di riscaldamento, statico o ventilato, incide sul contenuto finale di acrilammide nei prodotti. Altri lavori hanno preso in considerazione l’influenza della cottura a conduzione e convezione forzata. I risultati ottenuti hanno confermato che la cottura in modalità ventilata fa sì che il calore si distribuisca in maniera più omogenea provocando un più rapido aumento di temperatura del prodotto, che di conseguenza si disidrata e cuoce più velocemente rispetto alla modalità statica.
L’azione positiva dei legumi
In un altro studio sono stati studiati gli effetti, a parità di contenuto di asparagina, di altri composti (proteine e fibre) presenti in sfarinati di lupino e ceci, utilizzati in parziale sostituzione della farina di frumento nella formulazione di biscotti. I risultati hanno mostrato che la sostituzione della farina di frumento con quella di lupino ha provocato un aumento del contenuto di acrilammide, mentre il 20-40% di farina di ceci lo ha ridotto della metà a confronto con biscotti realizzati con sola farina di frumento. È stata testata anche l’aggiunta di fagioli, come sfarinato o in purea, ovvero con pareti cellulari danneggiate o intatte, verificando come l’integrità delle cellule possa ridurre la formazione di acrilammide, sia rendendo meno disponibili i suoi precursori, in particolare l’asparagina, sia modulando il tasso di disidratazione durante la cottura.