È conosciuto come il “Picasso della pasticceria”, ma anche come l’inventore delle “pasticceria provocatrice”, il “pioniere e mago dei sapori”, “l’imperatore della cucina”: Pierre Hermé è , e rimane, il grande rivoluzionario della pasticceria.
Esponente della quarta generazione di pasticcieri, Hermé è stato allievo dei più grandi, da Gaston Lenôtre a Fauchon e successivamente Ladurée, prima di fondare la sua Maison Pierre Hermé Paris, nel 1998.
Il 14 giugno 2016, Pierre Hermé è stato eletto miglior pasticciere del mondo dall’accademia World’s 50 Best Restaurants; lo stesso anno, Vanity Fair lo posiziona al quarto posto nella lista dei 50 francesi più influenti al mondo. Lo scorso ottobre riceve il premio World Pastry Stars come miglior pasticciere e in contemporanea è al quarto posto tra gli imprenditori francesi nella classifica di Forbes.
L’INTERVISTA A PIERRE HERMÉ
Come nasce la sua passione per la pasticceria?
Sono nato in una famiglia di boulangers-pâtissiers: la mia è la quarta generazione a portare avanti il mestiere e dunque ho sempre voluto fare il pasticciere, ispirato in particolar modo da mio padre, persona molto appassionata e per me grande fonte di ispirazione.
Ho lasciato l’Alsazia all’età di 14 anni per diventare uno degli apprendisti di Gaston Lenôtre. Lui mi ha dato le basi, la profonda conoscenza di questo mestiere e in particolare i valori su cui poi ho costruito il mio lavoro.
Cosa pensa della pasticceria italiana e dell’Italia?
La adoro. La sua storia, il savoir faire, l’essere fondata su cultura e tradizione, sono un grande fan della pasticceria italiana. Il mio dessert preferito è un classico: la zuppa inglese.
Vengo almeno quattro, cinque volte l’anno in Italia, perché amo questo Paese e la sua ricchissima cultura, tanto che, quando posso, trascorro anche le mie vacanze qui: ne apprezzo le diversità, il modo di vivere, le materie prime, la cucina, la pasticceria… Quando parlo di savoir faire italiano, mi riferisco anche alla vostra eccezionale e straordinaria creatività. Quella italiana è una cultura che “mi parla”.