Tutti i segreti del babà

Simbolo di Napoli e della sua tradizione, non ha per ora trovato fortuna in altre parti d’Italia, per quanto rimanga un must quando si viaggia nella città partenopea. La componente alcolica lo penalizza rispetto ad altri dolci simili
Tutti i segreti del babà

La storia del babà non ha origine a Napoli, ma in Francia. E il primo “inventore” non è un maestro pasticcere francese. Bensì un re polacco decaduto, che dopo varie peregrinazioni trova pace in Lorena e un giorno decide di unire un pane dolce, tipico del Nord Europa, con il madeira, un liquore portoghese. Un espediente probabilmente utilizzato per garantire più a lungo la morbidezza del pane, ma che da subito si rivela fortunato, diventando un dolce a sé stante. A completamento di questa versione, anche canditi e zafferano. A differenza del suo inventore, il babà arriverà ufficialmente alla corte di Francia, quando la figlia, Maria Leszczyn´ska, va in sposa a Luigi XV e porta con sé il pasticciere del padre Stanislao. A Versailles andava di moda il rhum giamaicano e presto è fatta la sostituzione con il madeira, mentre contemporaneamente si perdono i canditi e lo zafferano. È in questo momento che il dolce inizia ad essere chiamato babà. Forse con riferimento ad Ali Babà, simbolo di esotismo e influenze lontane, come effettivamente rappresentava la prima versione pensata da Stanislao.

IL DOLCE NAPOLETANO

Ma allora come ha fatto il babà a diventare un simbolo del capoluogo campano? Sempre alcuni “intrallazzi” di corte hanno fatto sì che arrivasse a Napoli tramite Maria Carolina d’Austria, sorella di Maria Antonietta. Moglie di Ferdinando IV Borbone, re di Napoli, portò nella penisola tante influenze dalla corte francese. Già nel 1800 si registra la presenza del babà tra le strade partenopee, sia in scritti di cucina, sia a fine secolo come dolce “alla moda” tra la borghesia. Questa lo gustava passeggiando tra le vie cittadine in una versione pressoché identica a quella giunta fino al giorno d’oggi.

LE TECNICHE

L’impasto: gli ingredienti fondamentali per la sua buona riuscita sono la farina, le uova e il lievito. Insieme ad elementi come zucchero e sale, devono essere ben incorporati e amalgamati per creare una maglia glutinica forte. Questa deve essere in grado di lievitare e cuocere senza compromettere la struttura del nostro babà. Alla farina e lievito di base, vanno aggiunti uova e burro. Si lavora bene il tutto così che non si creino grumi. Il composto iniziale deve incorporare le altre componenti aggiunte gradualmente. Una volta pronto l’impasto va posizionato in stampi appositi per dare la giusta forma al dolce. O il tipico “fungo” o la versione più simile a una vera e propria torta. La vera e propria lievitazione avviene grazie alle apposite celle o in modo naturale ma con tempistiche più lunghe. Una volta raggiunta l’altezza desiderata, si fa il passaggio in forno per consolidare il tutto e ultimare con quel guscio dorato che risplende all’esterno una volta intinto nella bagna. Importante eseguire una cottura omogenea.

Un must per il babà è senza dubbio la bagna al rhum. La modalità meno rischiosa è avvalersi di un cucchiaio per cospargere il babà di bagna senza rischiare di esagerare. Inoltre, è sempre preferibile utilizzare un liquore a una gradazione non troppo alta. Questo sia per sensibilità nei confronti del cliente sia per non coprire del tutto gli altri sapori del babà. Oltre alla versione “liscia”, il dolce può essere servito con un ripieno di crema pasticcera (o altre creme).

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