“Il pane è carico di simboli e significati che toccano la vita dell’uomo nella sua storia, nelle tradizioni popolari, nella cultura dei popoli, fino ad arrivare alle tradizioni religiose e spirituali. Così per me usare il pane è un modo per raccontare l’uomo nei suoi diversi aspetti, come corpo e come cammino esistenziale”. Così Matteo Lucca, racconta la scelta di usare il pane come materia per le sue sculture.
La sua ricerca appare fin dalle prime opere incentrata sul corpo e sul viso umani, passando per vari materiali come piombo, rame e tessuti e solo in ultimo approdando al pane. I suoi sono corpi aridi, senz’acqua, fragili ed effimeri come il pane. Fragranti come il pane. Corpi forgiati e plasmati dall’elemento fuoco che imprime su di loro il segno della sua forte presenza come a voler ribadire la fragilità dell’uomo di fronte alla Natura.
Nascono così le opere di Lucca. Dalla terra. Dal fuoco. Dal grano. Fin da subito colpiscono e fanno specchiare chi le guarda nella realtà storica della nostra specie. Il pane è il cibo della fratellanza e della condivisione per eccellenza, e allo stesso tempo simbolo inevitabile di ribellione in momenti difficili e rivoluzionari.
Pane e arte sono quindi qui accomunati dalla voglia di essere nutrimento per l’altro, l’artista esterna così il desiderio dell’offerta di sé. Lucca ha esposto a Napoli, Berlino, Perugia, Düsseldorf, Bologna e in diverse mostre collettive.
Da dove nasce l’idea di realizzare le sculture con il pane?
La prima occasione fu una mostra che aveva per tema il cibo. Mi sono sempre occupato di figurativo. Mi sono chiesto: come metto d’accordo la figura e il cibo? Mi sono ispirato alla tradizione romagnola della piadina. Si prestava a creare i volti. Da lì sono arrivato al pane e a tutti i simboli legati a questo materiale. È diventato il simbolo di darsi come nutrimento. L’elemento pane tocca le sfere spirituali e popolari in tante culture. Il pane porta con sé simboli, culture ed elementi, quando si trasforma in uomo/donna parla della sfera spirituale. Uomo-pane si assomigliano molto. La prima mostra fu nel 2016 a San Paolo Inalpe, altopiano in mezzo ai boschi, nel versante romagnolo: esposi 12 opere in un luogo che rappresentava perfettamente il senso delle mie sculture con il loro dualismo vita spirituale e popolare.
Che tipo d’impasto hai preparato? Che caratteristiche dove avere?
Sono andato dal mio fornaio di fiducia e mi sono fatto consigliare. Scelgo di fare la cosa più classica: l’impasto salato del pane montanaro. Uso il sale per la conservazione. A volte le opere vengono consumate e quindi uso farine di qualità di grani antichi e lievito madre.
Che tipo di cottura hai usato?
Ho costruito un forno a legna molto spartano. Uso il fuoco come elemento centrale della mia arte, che trasforma le mie opere. Non lo governo e quindi le opere si bruciano anche. Quando devono essere mangiate, le cuociamo nei forni abilitati.
Come vengono conservate le sculture in mostra?
Le immergo in una resina a base di acetone che entri in profondità. Si impregnano e diventano resistenti. Le prime opere del 2016 sono ancora in perfetto stato di conservazione.
Cosa ne fai delle sculture una volta conclusa la mostra?
Valuto se è un’opera che continuerà la sua strada oppure diventa cibo per le galline. Anche in questo caso il dualismo è: vincere il tempo ed essere effimera. Penso comunque che le mie opere, per compiere la loro natura, debbano essere consumate.
Ripeterai in futuro l’esperienza con altri tipi di alimenti?
Non ci ho mai pensato. Sono legato ai simboli e alla parte archetipa degli alimenti, il pane è ideale. Non so se esiste un altro elemento simbolico come il pane. L’alimento deve avere un senso. Ora non ho necessità di cambiare.