È notizia recente che lo studio legale internazionale Herbert Smith Freehills ha affiancato Iginio Massari per la tutela e la gestione intellettuale dei propri asset immateriali e segreti industriali e commerciali. Con un focus sui canali web e social media. Un precedente che ha un potenziale concettualmente rivoluzionario nell’ambito della tutela della proprietà intellettuale nelle preparazioni gastronomiche. Un freno, dal punto di vista delle normative, all’indiscriminata circolazione di un contenuto, e alla sua duplicazione, in un mondo fondato proprio sul principio del libero accesso e della libera condivisione dei materiali pubblicati. Ma anche un modo per differenziarsi nella massa indifferenziata del “copia-incolla”, per proteggere il valore di un contenuto.
PROTEZIONE PER UN SETTORE DALLA CRESCENTE POPOLARITÀ
La necessità di tutelare l’invenzione e l’ingegno è da sempre avvertita in tutti i settori fortemente creativi e al tempo stesso concorrenziali. Tra i quali rientrano ovviamente la cucina (come l’arte bianca o la pasticceria). Anzi, non è forse un caso che la prima legge a tutela della proprietà intellettuale riguardi proprio questo settore. Lo dobbiamo alla colonia magno-greca di Sibari che, nel VII secolo a.C., introdusse il diritto di utilizzazione esclusiva della durata di un anno in favore dei ristoratori che avessero inventato ricette originali ed elaborate. In tempi più recenti, la sempre crescente importanza del settore, stimola una riflessione sugli strumenti offerti dall’ordinamento per la tutela dell’ingegno. Vediamoli insieme con qualche applicazione pratica.
DIRITTO D’AUTORE: LA RICETTA COME OPERA DI CARATTERE CREATIVO
Il diritto d’autore è un istituto che accorda tutela all’autore di opere intellettuali di carattere creativo. Come cita l’art. 1 l. 633/1941 “che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia”. Questo conferendo al medesimo diritti di natura sia patrimoniale (relativi all’utilizzo e alla cessione) sia morale (diritto di rivendicazione, di identificazione, di menzione, di disconoscimento dei falsi, di rivelazione). Negli ultimi anni si è molto dibattuto se questo strumento potesse tutelare anche le opere culinarie “nuove” e “originali”. Questo sia che si parli di ricette sia di impiattamenti, tanto che è diventato celebre il “processo” organizzato alla Triennale di Milano da Gualtiero Marchesi che, con la partecipazione dei veri giudici del tribunale del capoluogo lombardo, ha accusato un suo allievo per aver illecitamente replicato il celebre “risotto, oro e parmigiano”. Il piatto è oggi tutelato dalla Fondazione Marchesi che ne ha provveduto alla registrazione come marchio comunitario. Fuori dalla finzione, il Tribunale di Milano ha successivamente accordato tutela a un appassionato di salumi artigianali le cui ricette, pubblicate su un blog online, erano state riprese all’interno di un libro di cucina senza menzionare l’autore. In quell’occasione, i giudici hanno trattato la ricetta stregua di un’opera letteraria originaria dando applicazione alle norme del diritto d’autore.
LE CARATTERISTICHE DI UN BREVETTO PER LA RISTORAZIONE
Lasciando il diritto autorale e venendo all’ambito industriale, altra tutela è quella che muove le mosse dal disposto dell’art. 2584 c.c.. Secondo questo chi dispone di un brevetto su una certa invenzione, detiene altresì il diritto esclusivo sulla sua produzione e commercializzazione su un determinato territorio per un certo periodo. In assenza di una definizione normativa, si è soliti definire l’invenzione brevettabile come una soluzione originale di un problema tecnico che abbia le caratteristiche di novità, di altezza inventiva e di industrialità. Se rispettano questi requisiti, sono invenzioni brevettabili le “invenzioni industriali”, i “modelli di utilità”, i “disegni ornamentali” e le “nuove varietà vegetali”. Sono dunque suscettibili di brevetto sia i nuovi prodotti alimentari sia i metodi per ottenere quel prodotto. Così come i profili tecnici ed esteriori di un prodotto, a condizione che questi risultino, come detto: innovativi; inventivi; realizzabili su larga scala.
I KRUMIRI, LA QUERELLE SULLA SFOGLIA E LA “PIZZA AL VAPORE”
Chi ce l’ha fatta? In tanti. Si va dalla confezione dei Krumiri con ancora indicato il brevetto del 1972 (ottenuto sulla ricetta del 1878), alla querelle sulla doppia registrazione della crasi tra sfogliatella-babbà tra i pasticceri Mario Rubino (sfoglia babà) e Vincenzo Ferrieri (sfoglia campanella). Ma anche al brevetto sulla lavorazione della “pizza al vapore” registrato recentemente dal tristellato Massimiliano Alajmo, ovvero a quello della “cotoletta con un lato cotto e uno crudo” di Giancarlo Perbellini. Allo stesso modo, anche le modalità di disegno dei prodotti sono state oggetto di brevetto. Dalla celebre forma a scacchi della tavoletta di cioccolato o al cono del gelato, fino alle iconiche posate-pop dello chef Oldani, esempio di design.
IL MARCHIO REGISTRATO DIFENDE LA DISTINGUIBILITÀ
Sempre in ambito industriale, altra protezione alla creatività in cucina arriva dalla possibilità di registrare il proprio marchio, proprio come ha fatto la Fondazione Marchesi con il “risotto, oro e parmigiano”. Il marchio è definito come un segno distintivo che consente all’impresa di caratterizzare i propri prodotti o servizi, rendendoli immediatamente distinguibili da quelli dei concorrenti. In altri termini, il marchio tutela l’azienda dal rischio di confondibilità rispetto ai concorrenti. Di fatto conferendo al titolare il diritto di uso esclusivo del marchio e la conseguente facoltà di vietare a terzi l’uso di segni identici o anche solo simili, se idonei a determinare un rischio di confusione o associazione per il pubblico. Senza entrare eccessivamente nel dettaglio, il marchio registrabile è quello che possiede i requisiti di novità, capacità distintiva e liceità.
IL GALLO NERO DEL CHIANTI CLASSICO O LA TORTA SETTEVELI: ESEMPI DI MARCHIO
Un esempio recentissimo di tutela di un marchio ben noto, quello del Gallo Nero del Consorzio Chianti Classico, arriva dalla sent. 14 aprile 2021 del Tribunale dell’Unione Europea (causa T 201/20). Secondo i giudici, difatti, altri produttori di bevande alcoliche non possono distinguersi utilizzando un marchio che rappresenti un profilo del predetto pennuto. Ciò, neppure se la richiesta arriva da società produttrice di Vermentino di Gallura, regione sarda che deve proprio il suo nome all’animale in parola. Nella sentenza, difatti, si legge che il grado di somiglianza tra i due marchi avrebbe comportato da un lato, un possibile inganno per il pubblico di riferimento, inducendolo a stabilire un nesso tra i due segni invero assente. Dall’altro, un indebito vantaggio per il gallo sardo, che avrebbe finito per beneficiare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio del più notorio marchio toscano. Anche la celebre torta setteveli, un tripudio di mousse al cioccolato e nocciola che ha vinto il premio internazionale Coupe du Monde de la Pâtisserie di Lione nel 1997, è oggi un marchio registrato di proprietà esclusiva di tre chef pasticceri. Sono il padovano Luigi Biasetto, il pievano Cristian Beduschi e il pratese Gianluca Mannori. Tanto che la seconda, nota, versione del dolce (creata successivamente) è siciliana e per distinguerla è stata ribattezzata sul sito della Pasticceria Cappello di Palermo torta settestrati. Gli ulteriori esempi di marchi registrati nella food industry sono pressoché infiniti. Solo per citarne alcuni, ricordiamo quello del ristorante di Alessandro Borghese, la K con cui il mastro pasticcere Ernst Knam firma le sue creazioni, oppure il marchio del piatto dello chef Carlo Cracco, “L’uovo di Cracco”.