Negli ultimi decenni si è provato a raggiungere una definizione normativa di “gelato artigianale”, talvolta con l’aggiunta della specificazione “di tradizione italiana”. L’ultima proposta legislativa che ha cercato di normare l’uso della dicitura “gelato artigianale” (per l’esattezza, nel testo si parla di “gelato artigianale italiano di alta qualità”) è il disegno di legge di iniziativa del senatore Riccardo Nencini. Questo è presentato nel gennaio 2020 durante una conferenza stampa a cui ha partecipato anche l’associazione Gelatieri per il Gelato.
GELATIERI “RIGORISTI”
È stata probabilmente questa partecipazione ad aver fatto passare il messaggio che alla sua elaborazione avesse contribuito anche Gelatieri per il Gelato. «Ma – precisa il presidente Fabio Bracciotti – così non è stato. Ci è stato semplicemente chiesto se fossimo interessati ad appoggiare il disegno di legge e a questa proposta abbiamo risposto di sì. A patto, però, che venissero apportate delle integrazioni e modifiche. Le nostre richieste sono contenute in una relazione presentata nel febbraio 2020, ma purtroppo a oggi non sono state accolte». Ma di quali mancanze si tratta, nello specifico? «Nel disegno di legge, ad esempio, si parla di formazione per l’artigiana/o gelatiera/e, senza far riferimento però alle scuole private già esistenti, e non si indica chi deve formare i formatori. Viene specificato, inoltre, che nella produzione del gelato artigianale italiano di alta qualità non si possono utilizzare emulsionanti, mentre i tuorli d’uovo, che sono emulsionanti a tutti gli effetti, sono consentiti. E ancora, è stato indicato un limite di incorporamento dell’aria (l’overrun) all’interno di una miscela gelato, ma alcuni tipi di gelato, come quello al caffè, potrebbero superarlo». Anche Ida Di Biaggio, presidente de I Gelatieri Artigianali custodi di tradizioni, plaude alla proposta Nencini. «Sicuramente come categoria – dichiara – riteniamo indispensabile una legge sul gelato artigianale italiano che tuteli il prodotto stesso studiato, elaborato, curato dalla creatività e competenza del singolo gelatiere, e pertanto non può essere confuso con un prodotto che non rispecchia queste caratteristiche. Riteniamo doveroso riconoscere a livello nazionale la professione del singolo artigiano». Di Maggio si dichiara incredula nel rilevare come ancora, nel 2021, la figura del gelatiere – «che non ha nulla da invidiare a chef e pasticcieri» – non abbia un percorso di studio scolastico con percorsi mirati. «Una classe che racchiuda fisica, chimica, biologia – precisa – perché solo attraverso la conoscenza e competenza si può tramandare e trasmettere la storia, tutta italiana, del gelato artigianale». Secondo Di Maggio «Dal nostro punto di vista sicuramente una specifica andrebbe fatta sull’utilizzo della materia prima italiana (laddove possibile) per valorizzare e incentivare l’economia del territorio. Inoltre la definizione di “ingrediente semilavorato” e “ingrediente composto” non prodotto secondo la ricetta e studio dal singolo gelatiere è doveroso. Rispetto all’utilizzo dei grassi, va inserita la possibilità di usare anche quello nobile del cacao a discrezione. La frutta fresca di stagione è preferibile, ma deve esserci la possibilità di utilizzare frutta fresca abbattuta, surgelata e stoccata dal gelatiere stesso».
ARTIGIANI SOLO DI NOME?
Imprenditori e tecnici dell’associazione Confartigianato si sono mossi per spingere su una linea non integralista. Ovvero che prevedesse l’utilizzo “accorto” di semilavorati, soprattutto come ingredienti caratterizzanti, valorizzando l’intervento e la competenza del professionista. «Anche su questa linea “soft” abbiamo sempre trovato una forte resistenza, perché ci sono forti interessi delle case produttrici – chiarisce Arcangelo Roncacci, responsabile del comparto Alimentazione dell’associazione – e interpretando il nostro approccio come integralista temevano che il semilavorato venisse bandito. Certo chi vuole fare il vero gelato artigianale dovrebbe limitarsi all’uso come elemento integrativo alle basi». Roncacci mette l’accento sull’eccessiva estensione del concetto di “prodotto artigianale”, perché può comprendere chi utilizza solo semilavorati e chi ne usa zero. «Perché tecnicamente se quello che conta è che ci sia un processo artigianale e con intervento manuale di trasformazione, senza riproduzione in serie automatica come nell’industria, allora quasi tutti possono fregiarsi della definizione di artigiano. Basta procedere alla mantecazione di un semilavorato in busta per avere gelato artigianale? Ecco che in questo modo non si guarda alla qualità del prodotto».
SCETTICISMI TECNICI
Scettico sulla possibilità che si riesca a elaborare una norma è Domenico Belmonte, vicepresidente di ArtGlace. «Per uscire dallo stallo bisognerebbe trovare un cavillo normativo che permetta di differenziare il gelato industriale da quello artigianale, ma non se ne viene a capo. Ci stiamo lavorando, ci lavoreremo, ma i tempi sono lunghi. ArtGlace è comunque per una soluzione normativa che valorizzi il gelato artigianale in quanto prodotto fresco di giornata». Relativamente scettico anche il bellunese Andrea Soban. «Innanzitutto il problema è trovare una definizione condivisa dai gelatieri, perché tutti sono sempre convinti di far meglio degli altri», osserva ironicamente il maestro bellunese. «Legiferare sul 20% del comparto è difficile – osserva il gelatiere – e poi soprattutto diventa complesso controllare eventuali applicazioni. Che si fa? Facciamo togliere l’insegna a chi non segue il protocollo? Alla fine il cliente va dove vuole, anche a prendere il gelato soft da McDonald. E allora l’obiettivo che dovremmo porci è restituire un senso premium al concetto di artigianalità, valorizzando la tradizione italiana, più la mano dell’artigiano che le materie prime, pur importanti». «Vent’anni fa il semilavorato era visto come la peste bubbonica, perché non sapevi cosa ci fosse dentro e non serviva professionalità. Oggi anche un gelatiere espertissimo può costruirsi un preparato su misura con i migliori ingredienti. O magari farselo fare da qualcuno sulla base della sua ricetta. Una volta si diceva che la legge serviva per differenziare il gelato dai prodotti industriali, ma oggi ci sono prodotti industriali premium che per ingredienti sono superiori a quelli di molte gelaterie cittadine». Secondo Timballo «il gelato artigianale italiano o di tradizione italiana è un prodotto che ha talmente tante variabili e tante possibilità, che normarlo è difficile e anche pericoloso – chiarisce –. Se io sono un gelatiere creativo e voglio fare gelato con fiori tarassaco con la mia tecnica, in base a un protocollo potrei esser costretto a non chiamarlo gelato? Questo è il rischio di una normativa molto caratterizzante, mentre una molto inclusiva non ha grande valore».
GELATIERI AL CENTRO
Claudio Pica, segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri e della neocostituita Accademia del gelato Artigianale: «il gelatiere è il perno centrale, nel senso che deve sempre più prendere consapevolezza del proprio lavoro, formarsi ed eventualmente avere una qualifica. Oggi però questo non esiste, tanto che la professione non è indicata nei contratti per i pubblici esercizi e neanche nell’artigianato. Eppure la figura del gelatiere è fondamentale come ambasciatore di una filiera di prodotti di eccellenza». «Dalla Valle d’Aosta a Lampedusa il gelato è diverso, non possiamo definire per legge quanto zucchero o quante fibre debba contenere, come se il gelato italiano debba giocarsi sui grammi di latte o di frutta. Dovremmo piuttosto puntare a disciplinare la figura del gelatiere sul modello dei Mof per la cioccolateria e la pasticceria in Francia». «L’artigiano davvero competente deve poter usare tecnologie adeguate alla creazione di prodotti di eccellenza».
FORMAZIONE CHIAVE DI VOLTA
Secondo Palmiro Bruschi, titolare della gelateria Ghignoni di Sansepolcro e consulente, è prima di tutto una questione di responsabilità «perché il gelato è un alimento e deve essere sano e genuino», sottolinea. Ecco che nell’ottica dei tecnici la conoscenza delle materie prime e delle tecnologie diventa essenziale per lasciare l’etichetta pulita e garantire qualità. «La formazione è la chiave di volta e offre una soluzione immediata – chiosa – perché l’artigiano dovrebbe essere “patentato” e certificato prima di aprire un’attività che porta al pubblico un alimento. Le aziende che producono semilavorati oggi propongono anche composti di altissima qualità, per cui posso comprare la pasta di nocciole dall’industria o dal consorzio oppure farmela in casa, ma il punto è poi saperla utilizzare al meglio». «Gli integralisti – dichiara Francesco Palmieri, gelatiere e formatore – dicono che il gelato si deve fare solo partendo da materie prime. Se fosse così dovresti mungerti il latte e coltivare il cacao e le nocciole, per poi tostarle tu. Questi dimenticano che in Italia esiste un comparto dedicato ai semilavorati che è un valore aggiunto per il Paese e propone prodotti ormai eccelsi. Certo, bisogna saperli scegliere».
FILIERA ALLINEATA SULLA QUALITÀ
Anche dalla filiera vengono input ragionati e ragionevoli. «La nostra linea aziendale, ci porta a suggerire ai nostri clienti di fare un gelato clean label», chiarisce Gianpaolo Foglio, Amministratore delegato di Arte Bianca SpA. L’azienda specializzata nella distribuzione di materie prime propone dunque grassi non vegetali per le creme, mentre il gelato alla frutta è un sorbetto di acqua e frutta con zuccheri e addensanti. «Le paste aromatizzanti non sono nel nostro catalogo – evidenzia il manager – e certamente il gelato artigianale può esser fatto anche con pasta di frutta, ma se ci sono coloranti e aromi sintetici dal mio punto di vista non lo è più». Ed il punto di forza dell’azienda siano formazione e consulenza personalizzate. «Il gelato artigianale ha bisogno di metodo e anche per questo abbiamo sostenuto la nascita della scuola Cast Alimenti. L’artigiano è un tecnico in grado di bilanciare le ricette e utilizzare la materia prima per dare qualità al gelato. Senza coloranti, conservanti, additivi emulsionanti. Questo pone un limite nei volumi di produzione e consente una durata inferiore in vetrina, ma fa davvero la differenza».
OSSERVATORIO SIGEP, ESTATE 2021:IL GELATO ARTIGIANALE, UNA ´SPA´ DEL PALATO
Estate e gelato: è ripresa. Lo rileva l’Osservatorio Sigep. Per Claudio Pica «tra eccellenze di ingredienti, marcato aspetto salutistico del prodotto, e socialità nei consumi, il gelato, da Nord a Sud è il simbolo della voglia di rinascita di questo Paese. Con una prima stima, i consumi nazionali segnano un +14% da inizio anno, con punte legate al meteo che spingono Calabria e Roma, rispettivamente con un +20% e +22%». Stime che riportano ottimismo per un settore che in Italia, secondo le stime elaborate su Fonti associative dall´Osservatorio Sigep valeva sino al 2019, tra gelaterie con produzione e sole rivendite, oltre 39mila imprese per un fatturato annuo di 4,2 miliardi e 75 mila addetti diretti.
Quanto alle tendenze, l’Osservatorio scatta un´istantanea del gelato dell’estate 2021 che racconta di una vera e propria ´SPA´ per il palato.
La riminese Sonia Balacchi propone una collezione di monoporzioni gelato, ideale tanto per lo street food quanto per la home delivery. «Si chiama Natura Sandwich ed è studiata con ingredienti che produco nell’azienda agricola di famiglia da energia rinnovabile. Abbiamo il Natura Sandwich Gold, con pane biscotto all’albicocca, arancio e zafferano ripieno di gelato Kefir mango, ananas, maca e zenzero candito. Poi il Natura Sandwich Purple con pane biscotto ai frutti di bosco ripieno di gelato Kefir uva rossa, barbabietola, carota nera e bacche di goji. Ed infine il Natura Sandwich Green, senza lattosio e vegano, con pane biscotto al limone e banane con ripieno di sorbetto al kiwi, avocado, mela e moringa».
Sulla stessa linea Giancarlo Timballo. «Non è più il momento di inseguire il nuovo gusto a tutti i costi, quanto piuttosto di seguire la tradizione e assecondare il ritmo della natura. Noi lavoriamo per brevi periodi con il tarassaco, che in Friuli è una pianta tipica del territorio, ora è già il momento del sambuco. Ma lavoriamo anche con i petali di rosa canina o di papavero, poi tocca all’olivello spinoso e al ginepro. Lavoriamo prima i petali e poi le bacche, con gli infusi prepariamo le variegature. Così ne scaturisce il gelato al tarassaco variegato al papavero. Ingredienti che richiedono pazienza e attenta lavorazione, con i quali da anni interpreto la mia attenzione agli aspetti salutistici del gelato».
«Per evitare assembramenti ho esposto fuori dal negozio il mio libro degli ingredienti – racconta Eugenio Morrone, calabrese trapiantato a Roma, incoronato campione del mondo di gelateria al Sigep del 2020 – combinazioni semplici che suscitano curiosità. Oggi su 25 gusti, 13 sono sorbetti e 12 creme. Acqua, zucchero e pistacchio: è semplice e funziona. Vado a visitare i vivai per il basilico che abbino al limone di Sorrento e alla cannella. Trovo la salvia, che abbino alla mela Smith e all’ananas, che lavoro con alto contenuto di solidi, con una texture simile alle creme. La menta piperita, che lavoro a freddo. I classici caffè o zabaione restano nel cuore dei romani. Ma c’è l’exploit della mandorla grezza che divide il podio con il pistacchio e la massa di cacao».
Dunque, qual è la tendenza per l’estate 2021? «In questa fase – riassume Matteo Figura, Direttore Foodservice Italia di NPD Group – come in tutte le fasi post recessive, i consumatori tendono a razionalizzare e a scegliere in maniera oculata. C’è voglia di riscatto, di star bene. Il concetto è “Qualcosa di bello e buono me lo merito”, senza sensi di colpa, con il contesto che stiamo vivendo che presenta ancora elementi di incertezza economica. Inoltre, il gelato rappresenta il legame di fedeltà del consumatore con la gelateria, che è un luogo in cui si ritrovano sapori famigliari, cui siamo fortemente legati».