Luc Debove: pasticcere nell’anima

Luc Debove ci svela la sua vita, tra cattedra e laboratorio. E racconta di un banco di prova per tutti i suoi allievi: la torta di mele!
Luc Debove: pasticcere nell’anima

Luc Debove, nominato Executive Pastry Chef presso École Ducasse – École Nationale Supérieure de Pâtisserie (ENSP), ha alle spalle una carriera straordinaria.

UNA CARRIERA RICCA DI RICONOSCIMENTI

Dopo aver conseguito il Certificat d’Aptitude Professionnel (CAP) in pasticceria, nel 1999 ha lavorato come pastry chef presso il Meridien Beach Plaza di Monaco e poi al Royal Riviera di St-Jean Cap Ferrat. Per quasi 10 anni è stato il pastry chef della cucina stellata del Grand Hôtel du Cap Ferrat, dove ha diretto una brigata di 25 pasticceri. Tantissimi i premi vinti. Nel 1995 a Nizza il primo premio di una competizione nazionale di sugar art e nel 2006 per la migliore scultura di ghiaccio. Nel 2008 è stato nominato Campione di Francia di Scultura di ghiaccio. Due anni dopo è stato incoronato Campione del mondo della Gelateria al Sigep di Rimini e nel 2011 è arrivata la nomina Meilleur Ouvrier de France Glacier. La sua carriera e competenza sono state inoltre premiate nel 2015 con il riconoscimento da parte della Repubblica francese dell’Ordine al merito agricolo.

L’INTERVISTA

Monsieur Debove, lei può vantare una carriera strepitosa. Si sente più pastry chef, pasticciere o gelatiere?
Io sono un pasticciere nell’anima, ma con una predilezione per il gelato.

La sua pasticceria è un mix di intuizioni, creatività e tanta tecnica. Qual è quella che le piace di più?
Io ho una mano molto classica, ma credo che la classicità possa essere modificata e alleggerita grazie alle tecniche moderne. La pasticceria di qualche anno fa non è più proponibile perché la gente ora cerca leggerezza, ossia meno zuccheri e meno grassi. Grazie alle nuove conoscenze oggi possiamo proporre dessert golosi, intriganti, e allo stesso tempo più light.

Lei ha applicato alcune tecniche della gelateria alla pasticceria. Ci può fare qualche esempio?
Per fare il gelato siamo soliti fare una tabella analitica, per sapere quanto è il grasso contenuto, quanti sono i liquidi, quanti gli zuccheri. Abbiamo trasposto questa tabella anche per i dolci. In questo modo possiamo decidere se non siano troppi i grammi di zucchero previsti dalla ricetta, piuttosto che i grassi o i liquidi. Possiamo giocare sostituendo alcuni ingredienti, o utilizzandoli in modo diverso. La nuova pasticceria va in questa direzione. Meno elaborata, più semplice e leggera.

Pasticceria e gelateria vegana: si tratta di un trend importante in Francia?
Io credo di sì, sono sempre di più le persone che ricercano alimenti privi di prodotti di derivazione animale. Se c’è una domanda dobbiamo implementare l’offerta, è un dato di fatto. Nella lavorazione sostituiamo il burro con del latte di mandorla, un grasso vegetale. Al posto delle uova inseriamo la gomma di xantano, che è un aggregante e stabilizzante naturale. Ne basta una percentuale minima e il composto si lega come avessimo inserito le uova. La gomma di xantano, poi, limita l’assorbimento di grassi e zuccheri, diminuendo l’indice glicemico e insulinico. Una caratteristica fondamentale per soggetti diabetici o affetti da ipertrigliceridemia.

Quale potrebbe essere un ingrediente alternativo o innovativo nella sua pasticceria ora?
In questo momento per me l’ingrediente innovativo è lo xilitolo, lo zucchero della betulla, molto interessante perché ha un indice glicemico di 7. Si può fare tutta la pasticceria con questo zucchero, anche perché non ha profumo. L’unico composto che non si riesce a realizzare con lo xilitolo è il caramello. Per il resto si prepara qualunque dessert, anche il gelato.

Lei è anche un docente. In cosa si distingue il suo contributo nell’offerta formativa dell’École Ducasse? Per i giovani che vengono a imparare io porto la mia esperienza di pasticcere itinerante nel mondo. Agli studenti mostro tecniche che non conoscono, che non hanno mai visto, e magari non vedranno mai. Credo di essere un po’ come una finestra sul mondo, solletico la loro intelligenza, la loro curiosità, li spingo a cercare altrove ciò che non trovano qui.

Tra la carriera accademica e il lavoro di laboratorio lei cosa preferisce?
Direi che per un profilo professionale a 360° sono essenziali tutti e due. Insegnando è un po’ come se si perdesse il contatto con la realtà, ci si addentra in uno spazio completamente concettuale… Si affrontano temi affascinanti, ci si lascia sedurre da scuole di pensiero, da teorie. Quando si ha il camice, in laboratorio, si torna con i piedi per terra, tra misurazioni, consistenze, ricerca di equilibri. E il risultato è lì che ti aspetta, il riscontro di ciò che hai fatto è immediato. Nel bene o nel male.

Come pensa che dovrebbe evolvere la formazione nel futuro?
La formazione evolve di per sé, fortunatamente. Ricordo la ritrosia nel non voler utilizzare il computer all’inizio della mia carriera e pensavo non fosse utile imparare l’inglese. Ora tutti abbiamo un computer e sappiamo l’inglese. La settimana scorsa ho dotato il laboratorio di tante stampanti in 3D per produrre stampi tridimensionali che utilizzeremo nella preparazione dei dolci. Anche all’École Ducasse verrà implementato un corso per imparare a utilizzare queste stampanti.

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