L’abbiamo raggiunta per saperne di più, partendo da una domanda che sorge spontanea: in che modo una ragazza con la sua esperienza, in un momento di buio sociale ed economico come questo, può avere il coraggio di aprire un nuovo punto vendita? Sentirla rispondere come leggerete, con voce squillante ed entusiasta, regala una grande carica di energia e positività. Questo non è il momento di arrendersi, ma di andare avanti, ascoltando più che mai il proprio cuore, per realizzare i propri sogni. Roberta lo ha fatto: il 22 febbraio scorso ha inaugurato il suo primo forno, in pieno centro a Frosinone, nella parte alta della città. L’insegna “Pezz de Pane” by Roberta Pezzella, raffigura una rana con un cappello da chef, simbologia che deriva dall’appellativo di “ranocchia ribelle” che le ha sempre dato Gabriele Bonci, suo mentore, centrando in pieno l’indole della giovane professionista. Roberta infatti è ribelle per natura. Nulla a che vedere con la costruzione di un personaggio, Roberta è proprio così, e lo sa bene chi la conosce: selvaggia, spontanea, pura. Di conseguenza si scontra spesso con le convenzioni, le correnti del mercato, le abitudini massificate.
Roberta quando hai deciso di metterti in proprio?
L’idea balenava da tempo, ma è maturata durante il lockdown. Dopo l’ultima consulenza, il 7 marzo 2020, mi sono messa in autoisolamento per riflettere su cosa volessi fare nella vita. In quel periodo di stop totale, ho capito che era giunto il momento di concretizzare un mio sogno: aprire un locale tutto mio, a mia immagine e somiglianza. Un posto dove poter sfornare i frutti della mia esperienza, dove poter coltivare i miei lieviti, dove poter educare i bambini a un nuovo stile alimentare, dove poter ospitare giovani in difficoltà per introdurli al mondo del pane, dove poter formare le giovani generazioni di panificatori e continuare a svolgere le mie consulenze. Tutto il mio mondo, costellato dai miei intenti personali e professionali è qui. E da qui mi apro al mondo, per offrire i miei talenti e la mia esperienza. Ovviamente la mia attività avrà i limiti della produzione artigianale, per cui non potrò soddisfare un numero troppo elevato di richieste. E questo non mi sconforta: voglio trasmettere al pubblico il valore dell’essere “fatto misura d’uomo”.
Quando parli di giovani in difficoltà a cosa ti riferisci?
Il pane mi ha salvato la vita, e sono convinta che possa aiutare anche altre persone. Sono docente dei corsi di panificazione di San Patrignano ed è mio desiderio accogliere qui giovani allievi per la pratica sul campo. Questo progetto si inserisce in un disegno più ampio che mi vede in prima linea al fianco dell’ABA, Associazione Anoressia e Bulimia in Italia, un approccio empatico grazie a cui ho preso confidenza con la malattia che affronto da più di 20 anni. Per questo ho scelto di mettere il pane al centro della mia vita.
Come hai trovato il locale giusto e cosa ti ha fatto fare il passo?
Mi sono rivolta all’avvocato Matteo Pennacchia, che definirei mio “angelo custode”, lui mi ha aiutato ad ottenere un finanziamento di 50mila euro a tasso zero per gli imprenditori under quaranta. Ovviamente abbiamo presentato un progetto completo di business plan e piano di rientro. Grazie alle mie esperienze sono riuscita a siglare collaborazioni con diversi produttori e con Polin che mi ha allestito il laboratorio. Ora sto lavorando insieme a Giorgio Alessio Bracaglia, che è stato il mio chef a Ponza per due stagioni e al quale sono molto grata. Fin dal primo momento abbiamo trovato la giusta sintonia e insieme nutriamo il sogno di aprire più avanti un nuovo progetto di “pane e cucina” a Frosinone. Ho comprato anche il locale a fianco che per ora userò come magazzino, ma poi vi allestirò un tavolo condiviso per degustazioni, incontri con i produttori, corsi amatoriali e affitto spazio per compleanni. Credo che questo sia un momento favorevole per la panificazione: c’è molta più presa di coscienza del valore dell’alimentazione, richiesta di varietà e trasparenza di filiera.
Cosa è per te il lievito madre?
Il lievito madre è vita, io parlo con il lievito e senza di lui non lavoro. Per me è tutto. Ho fatto registrare un marchio “Metodo Pezz”, che prevede una gestione del lievito madre molto più semplice. Certo ci vuole costanza, attenzione e dedizione, come per un figlio. Io non conosco termometro o piaccametro: il lievito lo guardo, capisco come sta, gli parlo, e lui mi risponde. Non lo tengo legato, ma libero: deve essere attivo, ma non aggressivo. Quando lo rinnovo lo metto in un secchio alto che gli consenta di sviluppare. Le mie lavorazioni prevedono tutte l’impiego del freddo e tutti i miei impasti vengono fatti il giorno precedente e infornati quello successivo.
Quanti tipi di lievito madre coltivi?
Ne ho 8 tipi, raccolti da tutto il mondo, durante i miei viaggi. Quello che più mi ha sorpreso è il San Francisco, un ceppo che ho studiato in America e che ha cambiato la mia visione del pane: provengo da una scuola di lievito madre a pasta dura, dal quale si ricava un pane con crosta importante e mollica non umida. Circa due anni fa, in Italia si è cominciato a parlare di un pane americano con metodo Sourdough, dal sapore acido, umido, con crosta fine e ben cotta. Allora ho comprato un biglietto per San Francisco, con l’obiettivo di saperne di più: sono riuscita a fare esperienza in 4 panifici del posto, compreso il famoso Tartine Manufactory, dove ho lavorato il lievito San Francisco in crema, e prodotto un pane che era assolutamente diverso da ciò che se ne diceva in Italia: non umido, con crosta sottile, mollica filante e fondente. Un sapore per niente acido, ma buono da impazzire, con tutto il gusto delle farine organiche di tipo 1 e 2. La cosa importante è rinnovare il lievito con lo stesso tipo di farina con cui è stato fatto: se faccio un pane di spelta dovrò rinnovare il lievito di spelta con la stessa farina.
Qual è l’offerta che distingue il tuo forno Pezz de Pane?
Il mio forno rispecchia la mia immagine di semplicità, naturalezza e autenticità. La mia scelta è orientata a farine non raffinate e senza glutine. In generale a una proposta integrale e integrata che punta alla salubrità e alla filiera trasparente, con un’attenzione particolare al biologico. Dal mio bancone e dal laboratorio a vista ho l’opportunità di raccontare al mio pubblico i prodotti che utilizzo, che provengono dai miei fornitori di fiducia, come Molino Bongiovanni, Molino Pasini o Flaminio per l’olio evo. Saranno sempre disponibili in bottega 4 o 5 tipi di pane, da una miscela di tenero di tipo 1 e tipo 2 integrale, poi segale e monococco in purezza. Tra le referenze pane comune (Filove dedicato al mio grande amico Matteo Filone), segale in purezza (per Franco Palermo), pane al farro monococco (per Gabriele Bonci) e pane di semi e integrale. Stessa filosofia sulle torte da forno che saranno per lo più a base di farina alternative e senza latticini. Per quanto riguarda la colazione ho deciso di non fare il classico croissant, che si trova ovunque, ma di puntare sui 4 lievitati più buoni al mondo che ho assaggiato: “Hart” (dedicato ad Hart Bagueri di Copenhagen), “Tiri” (Vincenzo suo amico e fuoriclasse dei lievitati), “Bell’Hélène” (Pasticceria di Francesca Castignani a Tarquinia) e “Giorilli” (Piergiorgio Giorilli, il mitico maestro d’Arte Bianca). Ci saranno poi i grandi lievitati per le ricorrenze e il bauletto con lievito madre, al pomeriggio pizza bianca e rossa.
La situazione nella tua carriera che ti ha messo più in difficoltà?
Quando sono passata dalla Pergola, dove impastavo al massimo 10 kg di farina, al panificio Bonci dove impastavo 500 kg di farina a lievito madre. Poi quando sono passata al Laboratorio qui a Frosinone dove lavoravamo 1000 kg di farina al giorno, per rifornire 12 punti vendita Conad. La soddisfazione più grande è stata quella di sapere che migliaia di famiglie avevano in tavola il nostro pane, spezzato a mano e fatto con farine alternative e macinate a pietra. Dopo 3 anni di grandi investimenti in personale e materie prime, la direzione ha deciso fatto un passo indietro, così me ne sono andata.
Chi sono stati e cosa devi ai tuoi maestri?
Il mio maestro assoluto del pane a lievito madre è Franco Palermo. A Piergiorgio Giorilli devo la tecnica. Tutta la mia linea di lievitati viene da Giorilli. Cito anche Ezio Marinato perché grazie a lui e Giorilli nel 2012 ho partecipato agli Europei del pane di Bulle. Heinz Beck è il mio secondo papà. A lui devo tutto: impostazione, organizzazione, disciplina. Lo ringrazierò per sempre, è stata una persona molto importante. Porto con me una grande disciplina, dall’ordine dei frigoriferi a come si tiene la divisa. Da Gabriele Bonci ho imparatoil rispetto estremo della materia prima e la ricerca di fornitori fuoriclasse, come Lescure o Fiandino. Mi ha sempre stimolato e provocato, perché mi spingessi oltre i miei limiti, per riuscire in cose difficilissime. Le cose semplici le sanno fare tutti.