Flavia Cosolo racconta la vita “da film” del padre Mario, il primo ad aver inventato la ricetta che è giunta a noi con il nome di Tiramisù
UN INCONTRO CHE HA CAMBIATO LE SORTI
“Da film”, così Flavia Cosolo descrive la vita del padre, Mario Cosolo, che da anni racconta in interviste, eventi e libri per affermare e difenderne l’eredità. Ovvero quella di inventore del dolce italiano per eccellenza, il tiramisù. Una storia e una ricetta che per quasi 50 anni sono rimaste nel cassetto, ma che la signora Cosolo, si impegna ora a riportare alla luce: “Era il 5 di febbraio del 2016, fuori c’era un tempo da lupi e sono andata al cimitero a trovare mio padre. Ero molto affranta perché nessuno credeva alla mia storia, alla storia di mio padre. Proprio lì, quel giorno, gli ho chiesto – Che cosa devo fare? -. Ovviamente lui non mi poteva rispondere. Sono tornata a casa e dopo un quarto d’ora mi è suonato il cellulare: – Sono Gigi Padovani, uno scrittore di Torino. – Pochi giorni prima, avevo messo alcune fotografie su internet, che non sapevo neanche dove fossero arrivate, ma proprio Gigi le ha trovate online. Lui e la moglie Clara erano pronti per andare in stampa con il loro libro sul tiramisù. Dopo due giorni, erano a pranzo a casa mia, sono arrivati a mezzogiorno e se ne sono andati alle 9 di sera. Hanno fotografato tutto e hanno ritardato la stampa del libro, in cui è stato poi indicato quello di mio padre come il primo tiramisù”.
E da lì inizia una seconda vita anche per Flavia, che porta la storia di Mario Cosolo “ovunque, da Eataly a Torino fino negli Stati Uniti e in Canada”. E lo fa aggiungendo ogni volta un nuovo tassello e nuove prove che riconoscono nella Coppa Vetturino l’antenato dell’ormai storico Tiramisù.
LA STORIA DI MARIO COSOLO
Ma la storia di Mario Cosolo non è solo quella di un cuoco e della sua ricetta. Prende infatti i contorni della storia d’Italia nel secolo scorso. Nacque nel 1913, dimostrando fin da piccolo una grande passione per la cucina, grazie all’osteria di famiglia, che risale addirittura al 1850. Ma è la pasticceria che lo appassiona e Flavia racconta: “Quando aveva 13/14 anni il nonno lo ha mandato nella migliore pasticceria triestina, la Pirona, che esiste ancora oggi, per imparare il mestiere. Il grande sogno di mio padre era però quello di imbarcarsi sulla nave reale. Parlando ancora oggi con l’ultima mia zia che ha 95 anni, non riusciamo a spiegarci come effettivamente ci sia riuscito. Fatto sta che sul panfilo reale, su cui rimase per tre anni, accadde il “misfatto”. In un viaggio iniziato nel 1935 a Brindisi, dove il re si imbarca per la Somalia, lo Chef di bordo indice una gara tra i dieci cuochi in cucina. Chi avrebbe preparato il dolce più veloce e più buono per il re con quei quattro ingredienti che erano in cambusa? Ovviamente tra questi non c’era il mascarpone, che ancora veniva venduto come formaggio solo a Lodi. Mio papà, quindi, crea il dolce con la panna: non quella di oggi, ma scremando la panna del latte e battendola a mano. Il primo ad assaggiarlo fu proprio il re, e soltanto un cucchiaino perché, a differenza della regina Elena, non era goloso. Da quel momento però, ad ogni pranzo con capi di stato e ammiragli, ospiti del re, chiesero di assaggiare proprio quel dolce. Mio papà lo portò poi nel menù dell’osteria di famiglia con il nome di Coppa Vetturino, dove viene servito per la prima volta al pubblico nel 1939”. Il nome, che è anche quello dell’osteria, è un tributo agli avi dei Cosolo, che erano proprio vetturini e che con carrozza e cavalli portavano la posta da Trieste in alcuni paesi del Friuli, a volte anche fino a Venezia. E una carrozza con i cavalli è da sempre l’emblema della coppa.
LA NASCITA DEL NOME
“Alla fine del 1945, tre triestini cominciarono a essere assidui frequentatori dell’osteria”, racconta Flavia Cosolo, “Uno di loro aveva un’agenzia di trasporti, la Cimadori, e nel corso dei suoi viaggi si fermava con altri due amici al ristorante. Quel sabato insieme a loro c’era anche un ragazzino di 11/12 anni, il nipote di Cimadori. Alla fine del pranzo mio papà fece il giro dei tavoli chiedendo se tutto fosse stato di loro gradimento. Qui Bruno Cimadori, guardando la cameriera di bella presenza, esclamò la battuta che cambiò la storia della Coppa Vetturino: – Sì Mario, tutto bene, specialmente il dolce, ci ha tirato su. – Mio padre, che era impegnato con gli altri clienti, non si accorse che della battuta e quando ancora Bruno gli disse che avrebbe dovuto cambiare il nome del dolce perché faceva proprio quell’effetto, mio padre colse la palla al balzo: – Lo chiamerò in dialetto triestino, in onore della pasticceria dove ho imparato il mestiere, e di tanti miei clienti: Tirime su – . Tutti avranno avuto una nonna, una mamma che ha pronunciato la frase: – Vieni qui che sbatto un uovo che ti tira su- specialmente in quel periodo di guerra. Ma mio papà è stato il primo ad associare il nome a un dolce. Nel luglio del 2017 è arrivata la grande soddisfazione del riconoscimento ufficiale del Tirime Su – Coppa Vetturino, realizzato con la panna e il pan di Spagna, che invece del caffè è imbevuto con il Marsala, da parte dell’allora ministro Martina”.
IL RESPIRO INTERNAZIONALE
E Mario Cosolo, oltre che il pasticcere, continuò a fare il cuoco, e anzi oggi lo chiameremmo Chef con la C maiuscola. Nel 1956 nacque la guida Michelin e nel 1959 il ristorante Vetturino aveva già conquistato una forchetta, la stella di allora. E proprio gli anni ’60 sancirono l’ascesa di quella che era ormai ben più di un’osteria di famiglia. Spiega Flavia Cosolo: “Nelle vicinanze c’era l’aeroporto di Ronchi e nel nostro ristorante arrivarono tutte le grandi personalità dell’epoca. Attori, attrici, ministri, alte cariche, perfino la Callas con Pasolini quando girarono la Medea. Nei primi anni ‘60 infatti, eravamo in piena ripresa dopo la guerra e non esistevano l’agriturismo o i ristoranti etnici, le persone di buon palato sceglievano il Vetturino perché sapeva coniugare varie anime, oltre all’alta cucina e alla cucina tradizionale del territorio, già proponeva alcuni piatti internazionali. Mio padre non smetteva mai di studiare, gli piaceva l’innovazione e ne era affascinato. Dal ristorante passavano anche tanti piloti del SUM, di ATI e Alitalia e mi piace pensare che la diffusione del tiramisù in tutto il mondo derivi anche da questo, oltre che dagli sforzi del Veneto per promuovere questo dolce”.
TESTIMONIANZE
Ma la storia ritorna sempre e Flavia Cosolo ha combattuto strenuamente in questi anni per far sì che venisse riconosciuto il lascito di Mario Cosolo. “Dopo il libro di Clara e Gigi Padovani si sono smosse le acque e mi ha dato una grande gioia poter finalmente vedere il nome di mio padre associato alla sua creazione,il tiramisù. Perfino il ragazzino, il nipote di Cimadori, che fu testimone della nascita del nome Tirime Su e che ora vive negli Stati Uniti, mi ha contattato tramite il Piccolo di Trieste per confermare la storia. Non essere più l’unica voce che la racconta è di sicuro una grande soddisfazione e un grande traguardo, per me e per la memoria di mio padre”.
L’ATTUALE PROMOZIONE
Dopo i riconoscimenti ricevuti, Flavia ha passato la sua importantissima testimonianza al Consorzio Cultura del Montefalconese, che ha allestito una mostra di fotografie e documenti su Mario Cosolo. Questa è sempre aperta nel Comune di San Canzian d’Isonzo, e continua l’attività di Flavia di divulgazione e informazione sulle origini del dolce. E per far sì che la tradizione del Tirime su non venga persa, Flavia Cosolo e il Consorzio hanno fornito l’autorizzazione ai ristoranti del territorio, undici finora, di utilizzare la ricetta nei loro menù, spiegandone la storia. “La ricetta e la storia di mio padre sono rimaste nel cassetto per quasi 50 anni, a causa di alcune tragedie che hanno colpito la nostra famiglia. Vedere che ora hanno trovato riconoscimento e nuova vita è il più bel regalo che potesse ricevere la sua memoria di padre, pasticcere e cuoco”, conclude Flavia.
Ilaria Ricotti
Foto per g.c. dell’ Archivio del CCM del Monfalconese, fondo Mario Cosolo