La Pasticceria Poletti, dopo più di trent’anni di attività, è un’istituzione a Cernobbio, località splendida e ricca di location di lusso. Neanche la pandemia è riuscita a intaccare la bontà delle torte e dei dolci di Francesco
Raggiungiamo la terza pasticceria del nostro viaggio attraverso la Lombardia e le reazioni delle attività in seguito all’emergenza. Si trova in una delle località più caratteristiche e internazionalmente conosciute d’Italia, affacciata com’è sul lago di Como. Siamo infatti a Cernobbio. Che da più di trent’anni è anche la cittadina che ospita la Pasticceria Poletti. Il suo titolare Francesco Poletti, che insieme alla madre e alla sorella ha aperto l’attività nel 1985, ha già attraversato altri e bassi, ma ha fatto della resilienza una caratteristica fondamentale della sua professione e del suo percorso di vita.
COSA CI HA RACCONTATO
«L’inizio non è stato facile. I primi tempi in pasticceria c’eravamo solo io, mia madre e una commessa. Eravamo molto incerti su quale sarebbe stato il futuro dell’attività, e se saremmo riusciti a restare in piedi. Trent’anni fa era diverso, un’attività nuova in un centro piccolo era vista quasi con diffidenza. Per fortuna siamo riusciti a farci conoscere e soprattutto a far conoscere i nostri dolci. Adesso in pasticceria lavorano 13-14 persone, a volte anche di più a seconda della stagionalità. Io venivo da un paese ancor più piccolo di Cernobbio, sempre qui nei dintorni, ed è stata dura all’inizio non perdere la fiducia, ma mia madre mi diceva sempre: “Basta essere onesti, vedrai che ce la faremo”. E così è stato, partendo pian piano ma lavorando duramente». Tuttora, insieme ad altri tre pasticceri, Francesco è a capo del laboratorio. «Ho aperto che avevo vent’anni, dopo la gavetta in altre tre pasticcerie. All’epoca si iniziava presto, io avevo 14 anni e ho sempre saputo quello che volevo fare. Ancora oggi, in laboratorio mi dedico in particolare alle torte, e gran parte le realizzo ancora io», spiega Francesco.
PRIMA DEL LOCKDOWN
«Lavoravamo e lavoriamo tantissimo sulle colazioni, ma anche i pasticcini e le torte, da cerimonia e non, sono molto richiesti, soprattutto la domenica. La nostra è una pasticceria a tutto tondo, che va dalla brioche al mattino e ti accompagna per la torta della domenica, fino ad arrivare alle occasioni importanti come cresime e comunioni. Il mese in cui lavoriamo più di tutti è dicembre, con la produzione natalizia. Ma, essendo Cernobbio una località turistica, da noi il picco si registra anche a luglio e agosto. In gennaio forse c’è un piccolo calo, le persone dopo le feste cercano di stare più sul leggero. In realtà non possiamo dire davvero che produciamo meno. Essendoci specializzati in colazioni lavoriamo tanto sempre, le persone passano di qui per un caffè e una brioche a prescindere. Certo, ci sono i Vip che fanno una toccata e fuga sul lago, ma anche i clienti fidelizzati da 35 anni, che tutte le mattine passano di noi. Una risorsa inestimabile, che ha fatto la differenza soprattutto negli ultimi mesi».
DURANTE IL LOCKDOWN
«Non appena è scattato il lockdown ho chiuso l’attività. Ho riflettuto molto sulla possibilità di effettuare le consegne, ma non potevo fare a meno di pensare “e se poi si ammala qualcuno?”. Il mio primo pensiero era quello di non mettere a rischio i clienti e i miei dipendenti. In quei due mesi sono venuto in pasticceria solo un paio di volte per controllare che tutto fosse a posto. Era davvero una grande tristezza vedere tutto vuoto e fermo intorno a me: non avrei mai pensato che potesse succedere. L’unico rammarico, se così si può chiamare, è di non aver potuto fare le colombe. Sono sicuro che ne avrei vendute tante, le persone erano alla ricerca di un po’ più di dolcezza, soprattutto in un periodo che tutti consideriamo di festa come Pasqua. Mi dispiace non tanto per i profitti mancati, ma perché in questo modo avrei potuto ricominciare più velocemente a pagare l’affitto, gli stipendi. In quei mesi ho dovuto lasciare tutti i dipendenti in cassa integrazione, ma appena ho riaperto la pasticceria mano a mano li ho ripresi quasi tutti subito perché l’attività fin dai primi giorni è ripartita».
DOPO IL LOCKDOWN
«Abbiamo alzato la saracinesca solo nel momento in cui è stato concesso l’asporto. Quando abbiamo riaperto i clienti di sempre e non venivano a fare colazione con cornetto e cappuccino e si emozionavano. Anche a me venivano le lacrime agli occhi e in quei giorni mi sembrava che le brioche non fossero mai venute così buone. Con le colazioni abbiamo ripreso da subito a pieno regime, la gente aveva bisogno di normalità. Devo dire che sono rimasto sorpreso, mi ero fatto i miei calcoli e pensavo che se prima vendevo 10, dopo il lockdown avrei venduto due. Credevo davvero che la gente avrebbe avuto paura e che non sarebbe venuto nessuno. Invece già da subito è stato più cinque che due e si è mosso sempre di più verso il 10. In estate ha poi aiutato molto la saletta fuori, mentre in inverno con i posti ridotti sarà più difficile tenere il passo con gli scorsi anni. Siamo sull’ordine del 40% dei posti in meno. Rispetto a prima, ora i clienti richiedono molto di più torte piccole, da 4/6 persone perché le cerimonie sono state sospese o rimandate. Tuttavia gli atteggiamenti non sono più gli stessi, c’è più diffidenza e tutto deve essere ineccepibile. Giustamente, aggiungo, dopo quello che abbiamo passato mi sembra il minimo».
IL FUTURO
«Ora mi concentro sul Natale, sperando che sia davvero un momento di rinascita per tutti. Prepareremo diversi tipi di panettone, oltre a quello classico. Ai tre cioccolati, all’ananas, al cioccolato bianco e pistacchio, anche se il re delle Feste rimane sempre il cioccolato e pere. Ancora mi chiedo come certe attività abbiano potuto farcela a sopravvivere. Ho dovuto affrontare tante spese e in alcuni mesi i guadagni sono stati zero, ma per fortuna la pasticceria andava ed è tornata ad andare bene; io ho passato anche questa prova, sperando che sia davvero finito il peggio. Il 2020 sarà solo un altro ostacolo lungo il percorso di una vita tra le mura della mia pasticceria».