Slow Food celebra i 20 anni dei Presìdi, lo strumento più efficace messo in atto dalla Fondazione per difendere, sostenere e sviluppare la biodiversità delle specie selezionate da agricoltura e allevamento
“20 anni in nome della biodiversità” è il titolo del convegno organizzato sabato 17 ottobre a Torino da Fondazione Slow Food per la Biodiversità. Obiettivo: fare il punto sul progetto “Presìdi Slow Food” della Fondazione, presentato per la prima volta nel 2000 al “Salone del Gusto”, la manifestazione enogastronomica internazionale che riunisce ogni due anni nel capoluogo piemontese produttori e artigiani del settore agroalimentare provenienti da tutto il mondo.
Ogni Presìdio riunisce una comunità di produttori che lavorano ogni giorno per salvare dall’estinzione razze autoctone e alimenti, impegnandosi a tramandare tecniche di produzione e valorizzando, oltre ai prodotti, anche il territorio e la cultura secolare da cui derivano. È questa la strada scelta da Slow Food per preservare la biodiversità, ossia la varietà di organismi viventi nelle loro diverse forme e nei rispettivi ecosistemi, e salvaguardare così la vita sul nostro pianeta.
Per festeggiare le ormai 593 comunità di produttori sparse in tutto il mondo (460 in Europa, di cui 325 in Italia, 66 in America, 49 in Africa, 17 in Asia e 1 in Oceania) Slow Food ha scelto di assegnare il suo marchio, la chiocciola rossa, ai prodotti dei Presìdi e di raccontare, attraverso un’etichetta narrante posta su ciascun prodotto, le tecniche di allevamento, coltivazione o trasformazione utilizzate per produrli.
Il progetto dei Presìdi affonda le sue radici in un’altra iniziativa della Fondazione, che risale al 1996: “Arca del Gusto”, un catalogo che raccoglie prodotti in via di estinzione e che appartengono alla cultura, alla storia e alle tradizioni di tutto il pianeta. Tra gli oltre 5.300 prodotti presenti, segnalati da oltre 140 Paesi, proprio quest’anno in Italia è stato registrato il millesimo prodotto italiano: il peperoncino Tri Pizzi della Calabria, indispensabile per fare l’autentica nduja di Spilinga.
Prima di salvare i prodotti, però, bisogna salvare i produttori. «È da questa considerazione che nel 2000 sono nati i Presìdi, che ora rappresentano il nostro orgoglio. E ad essi si intrecciano altri progetti della Fondazione come “l’Alleanza Slow Food dei Cuochi”, un patto fra cuochi e piccoli produttori per promuovere i cibi buoni, giusti e puliti del territorio, o le campagne lanciate in difesa del latte crudo o del benessere animale», ha raccontato Serena Milano, segretaria generale della Fondazione.
Nel corso degli anni il progetto dei Presìdi si è arricchito anche dei contributi di ricercatori, agronomi, veterinari.
Francesco Sottile, membro del Comitato esecutivo della Fondazione, è stato ed è uno degli esperti più attivi nell’aiutare Slow Food a professionalizzare il progetto e riuscire a far incontrare la ricerca scientifica con la visione di biodiversità della Fondazione: «Biodiversità è anche relazioni sociali, con l’ambiente e il territorio: la sfida è stata provare a concentrare questo concetto in un disciplinare di produzione, il punto più vicino tra Slow Food e la ricerca, perché all’interno di quel documento sono contenuti tanti elementi frutto della conoscenza scientifica, dell’innovazione e della consapevolezza dei meccanismi che regolano il rapporto tra produzione e ambiente».
Al convegno hanno partecipato anche quattro giovani produttori, in rappresentanza della seconda generazione impegnata nei Presìdi: Lorenzo Agatiello, 20 anni, produttore del Presidio del Cardo gobbo di Nizza Monferrato, che ha imparato a coltivare questo prodotto principalmente dalla nonna; gli umbri Lucia e Nicola Ceccarelli del Presidio Slow Food del vino santo affumicato dell’Alta Valle Tevere, intenzionati a portare avanti l’azienda che hanno ereditato «perché rappresenta gli sforzi della nostra famiglia»; il friulano Manuel Gambon, del Presidio Slow Food della Pitina, “polpette di carne” che può essere consumata sia cruda, a fettine, sia cotta: «A casa le abbiamo sempre fatte seguendo la ricetta di mio zio Danilo, che le produce per l’autoconsumo secondo gli insegnamenti di suo padre».
A chiudere l’incontro il presidente della Fondazione, Piero Sardo: «Per rispetto dei nostri “coabitanti” abbiamo il dovere di occuparci della biodiversità. Il Titanic sta affondando: il cambiamento climatico è in atto e forse già siamo arrivati al punto di non ritorno, ma con i Presìdi, occupandoci della biodiversità, almeno possiamo dire di aver fatto il nostro dovere».