Siamo stati alla scoperta di come le pasticcerie hanno affrontato le conseguenze della pandemia nelle province lombarde. Un viaggio che mostra quanto siano determinanti forza di volontà, resilienza e preparazione. Questo mese alla Pasticceria Bontempi di Sellero, in provincia di Brescia
La Pasticceria Bontempi non è solo un negozio, ma è soprattutto un sogno, quello di Angelo Bontempi e Veronica Pasinetti. Marito e moglie, con alle spalle carriere ed esperienze diverse, pochi anni fa hanno deciso di dar vita ai loro desideri e di aprire una pasticceria. E hanno affrontato gli scorsi mesi a modo loro, in una zona molto colpita dall’emergenza Covid-19. Ci hanno raccontato le loro fasi.
PRIMA DEL LOCKDOWN
Quali sono le caratteristiche e i prodotti che hanno contraddistinto l’attività della Pasticceria Bontempi?
La pasticceria nasce e vive con il laboratorio annesso e questo è sempre stato il suo punto di forza. Abbiamo 30 posti a sedere e puntiamo molto sulle colazioni, che sono il nostro cavallo di battaglia, anche se spaziamo tra le altre preparazioni, classiche e non. Le persone vengono da noi per i cornetti, ma pure per i mignon e la pasticceria moderna. Se dovessimo scegliere una parola che descriva la Pasticceria Bontempi, sicuramente sarebbe “artigianalità”. Tutti i prodotti che offriamo sono fatti da zero nel nostro laboratori e ai nostri clienti non ri-vendiamo nulla che non sia concepito e realizzato direttamente da noi. La nostra è una produzione artigianale, che punta più sulla qualità che sulla quantità. Prepariamo cornetti freschi tutti i giorni, facendo la sfoglia quotidianamente e impiegando fino a tre giorni per avere il risultato finale, il tutto con materie prime e ingredienti di qualità. Al momento dell’ordine, li farciamo davanti al cliente, che per noi non è solo uno scontrino ma un nome e un volto. Non lavoriamo in una zona turistica, è quindi fondamentale fidelizzare le persone, avere cura dei dettagli così che tornino ancora.
DIRANTE IL LOCKDOWN
Cos’è successo quando è entrato in vigore il lockdown?
Ci siamo sentiti lasciati a noi stessi. A inizio marzo l’emergenza era conclamata, ma non ancora comunicata dalle autorità. Quando non era ancora uscito nessun decreto, abbiamo deciso di prendere in mano la situazione e di chiudere, e ciò che era già pronto per il giorno dopo l’abbiamo regalato. Il primo pensiero è stato non mettere a rischio noi, i nostri dipendenti e i nostri clienti. Siamo rimasti chiusi 53 giorni, saltando anche una festa importante per le pasticcerie come lo è la Pasqua. La situazione fuori non era migliorata e ci sembrava irrispettoso entrare nelle case delle persone. In una zona come questa significava avere almeno un positivo in famiglia, a casa o in terapia intensiva. Abbiamo iniziato con le consegne a domicilio a maggio e ogni giorno della settimana coprivamo un paese diverso del territorio, così che il cliente, quando sapeva che era il turno della sua zona, si organizzava con gli ordini, che avvenivano attraverso WhatsApp e Telegram. Un concetto molto diverso dal delivery quasi istantaneo delle grandi città, ma qui i tempi e le abitudini sono diverse ed è anche un bene che il cliente si renda conto che non è immediato sfornare e preparare un prodotto di un certo tipo. Per una volta non erano solo i clienti a venire da noi, ma noi ad andare da loro.
DOPO IL LOCKDOWN
Cosa ha significato per voi il post-lockdown?
È stato bello ritrovare i clienti. A inizio giugno abbiamo riaperto senza registrare un particolare impatto, dotando la pasticceria di tutti i dispositivi di sicurezza consigliati e imposti. Non abbiamo riscontrato una grande differenza nella mole di lavoro. All’inizio era distribuito in modo diverso, con una percentuale più alta di asporto e torte in formato “mini”. Anche l’organizzazione degli spazi è rimasta simile, se non per la necessità di eliminare l’area bambini per fare spazio ai tavoli, così da poterli redistribuire in modo largo e spazioso, senza sacrificare sedute.
IL FUTURO
Qualche progetto nuovo in cantiere, nato dalle ceneri di questa esperienza?
Il proposito numero 1 è mantenere la nostra costanza. I nostri mignon partono dalle nostre storie, vogliamo migliorarci continuamente senza spegnerci a livello mentale e continuare con creatività, artigianalità e tutte le altre caratteristiche che ci contraddistinguono. È essenziale la formazione continua dai maestri, ma oltre alla base tecnica ci devi mettere il tuo 80%, senza dimenticare il lavoro di squadra. Infine, la sostenibilità sarà fondamentale per il business del futuro, anche in pasticceria. Per questo abbiamo avviato il progetto BON-SENSO, dando la possibilità ai clienti di riciclare le nostre scatole. Lo abbiamo fatto puntando su packaging resistenti in un’ottica di rispetto ambientale, così che la persona possa tornare qui con la sua scatola e che questa possa diventare un contenitore per qualsiasi prodotto acquistato da noi, evitando la produzione e il successivo smaltimento di ulteriore pack.
Diario della pasticceria La Pasqualina