Gli Avvocati Luca Daffra e Marco Marzano dello studio Ichino Brugnatelli & Associati fanno il punto delle situazioni giuslavoriste per la ripresa lavorativa nella stagione 2020/2021
Approcciarsi a una qualsiasi richiesta di consulenza strategica e giuslavorista significa tentare di costruire un sistema che soddisfi un’equazione con una doppia variabile. Su di un asse, infatti, possiamo collocare l’ottimismo delle tante imprese che confidano nella ripresa dell’economia mentre, dall’altro, ci troviamo a dover fare i conti dell’insuperabile incertezza sanitaria, economica e normativa che caratterizzerà il breve-medio periodo.
Il costo del lavoro e le decisioni sulle opzioni organizzative incidono in maniera significativa sulla scelta della strategia di business. E’ per questo motivo che, nelle prossime righe, cercheremo di individuare, a seconda della salute dell’impresa, li possibili strumenti a cui far ricorso nella prossima fase di «uscita dal lockdown» o di «stabilizzazione dell’emergenza».
Tra le imprese che hanno meglio hanno reagito alla fase di urgenza vi rientrano quelle che sono riuscite a riconvertire la propria attività per offrire beni e servizi il cui consumo è aumentato nel lockdown. L’aumento di produzione con la conseguente necessità di maggiori risorse umane, tuttavia, non si è sempre convertita in nuove assunzioni (rimaste scoraggiate dalla volatilità del mercato), ma si è tradotta in un aumento del ricorso al lavoro straordinario, al contratto a termine e alla somministrazione di lavoro. Per quanto questi strumenti, singolarmente considerati, concorrano alla riuscita dello scopo prefissato, scontano tutti pesanti vincoli normativi (quantitativi e qualitativi), difficilmente compatibili con le esigenze delle fasi espansive solo temporanee. Con l’avvio di nuove attività (ma anche per altre causali, quali nuovi investimenti), il suggerimento è quello di valutare la possibilità di ricorrere alla cd. «contrattazione di prossimità» di cui all’art. 8 d.l. 138/2011, ossia alla stipula di contratti aziendali che – previo accordo con le OO.SS. – consentono di stabilire deroghe alla disciplina di categoria e di gran parte della legislazione del lavoro. In questo senso, sarà possibile convenire il calcolo del lavoro straordinario su base multiperiodale, innalzare il tetto dei lavoratori somministrati e a tempo determinato, etc.
Questo strumento può risultare utile anche ad altri datori di lavoro, come quelli che, colpiti dall’emergenza, si trovano invece a dover fronteggiare crisi aziendali e occupazionali. Per queste imprese (che, invero, sono la maggior parte), oltre allo strumento della contrattazione di prossimità, viene in ausilio l’ampia gamma degli ammortizzatori sociali, ossia quegli strumenti statali e collettivi che intervengono per garantire la continuità del reddito dei lavoratori in caso di riduzione (o sospensione) dell’orario di lavoro. Conclusa l’“abbuffata” degli strumenti con causale «Covid19» introdotti massivamente dal Decreto Cura Italia (al momento, l’orizzonte temporale è il 31 ottobre 2020), potranno comunque essere attivati quelli ordinari di cui al d.lgs. 148/2015. TYra questi, un rilievo certamente preminente verrà assunto dal cd. «contratto di solidarietà», ossia quell’accordo aziendale che ammette una riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti (e del conseguente costo del lavoro) per ovviare all’avvio di procedure di licenziamento collettivo.
Solo in subordine, difatti, ci sentiamo di suggerire anche il ricorso alle procedure di licenziamento collettivo (quelle che coinvolgono almeno 5 risorse per unità produttiva nell’arco di 120 giorni). Queste procedure, sempre in questo momento, sono sospese e bloccate certamente fino al 17 agosto 2020. Con buona probabilità, il Legislatore interverrà nuovamente per arginare possibili shock occupazionali, se non per tutti i settori, molto probabilmente per tutti quelli maggiormente colpiti dalla crisi.
Ci si augura, tuttavia, che il rinvio di quel termine sia accompagnato da una riflessione sulle politiche attive del lavoro nei riguardi sia dei disoccupati sia dei lavoratori in cassa integrazione. Altrimenti, in assenza di formazione e di assistenza (efficace) alla nuova occupazione, il rischio è che la crisi finisca con l’aumentare a dismisura il già alto numero di persone che escono definitivamente dal mercato del lavoro.