Pierluigi Portinari ha ricevuto il premio “Pasticceria dell’Anno” da l’Espresso. Scopriamo quali sono i segreti della carta dei dolci de La Peca, che Pierluigi conduce dal 1987 insieme a Nicola, suo fratello e chef
Pierluigi ha vissuto in tempi in cui pochissimi si potevano permettere una figura fissa in pasticceria. «All’inizio della nostra attività – ci racconta – la mia giornata iniziava in cucina preparando i dolci, proseguiva in sala durante il servizio, e quando veniva il momento di servire il dessert mi precipitavo nuovamente in cucina per terminare il piatto. Poi gli anni sono passati, la situazione è migliorata e abbiamo finalmente potuto permetterci una pasticcera fissa, la brava Martina Gaspari, la quale oggi è al mio fianco a ritirare il premio».
Cos’hanno di così speciale i suoi dolci?
I miei dolci non sono classici, nel senso che ho sempre cercato e tutt’ora cerco delle ricette alternative, lontane dai classici schemi. Poi non stancano: mi metto dalla parte del cliente e penso che alla fine di un pasto articolato e dai sapori complessi, non c’è bisogno di altra complessità, ma di freschezza e golosità. Perché in fondo si sceglie un dessert non per fame ma per gola, e quella portata deve soddisfare uno sfizio, senza esagerare con la parte zuccherata e lasciando in bocca un senso di freschezza.
Con che cadenza cambia la carta dei dolci?
Ci sono cinque dolci sempre in carta che non possiamo togliere se vogliamo evitare una rivolta dei nostri clienti: una versione fresca e meno dolce della cassata con il mandarino, la mousse di liquirizia, i ravioli alla crema brulée, un dolce alla nocciola e Davanti al camino, spettacolare dal punto di vista scenografico, fatto con bacco, tabacco, caffè caldo, legno di cedro e fumo di pipa con zucca alle spezie e cioccolato. In carta abbiamo 10-11 dolci: una varietà quasi introvabile in altri ristoranti del nostro livello.
C’è un ingrediente che più di altri la rappresenta?
Più che un ingrediente, una costante nelle mie ricette sono le estrazioni di frutta e di erbe. Sono forse la mia cifra stilistica più riconoscibile perché sono sempre alla ricerca di freschezza nei piatti, e le estrazioni mi appagano da quel punto di vista. Se dovessi indirizzarmi verso un ingrediente specifico direi gli agrumi, perché li utilizzo tutti indistintamente in base all’equilibrio dei sapori che devo raggiungere.
Com’è la vostra offerta per quanto riguarda la piccola pasticceria?
È il nostro momento più ludico: ad esempio creiamo delle pellicole con la mela o con i lamponi, sfruttando solo le loro caratteristiche naturali, per poi giocare con l’impiattamento e la presentazione al tavolo, appendendole su appositi supporti e creando delle scenografie d’effetto.
Che sapore ha la felicità?
La felicità ha un sapore dolce, salato e amaro. So di essere un pasticcere un po’ atipico, ma se dovessi racchiudere la felicità in un solo boccone, vorrei sentire il salato, l’amaro e poi il dolce che mette equilibrio tra i primi due. Li mette d’accordo e lascia in bocca un ricordo lieve di un’esperienza complessa.
Nicola Portinari, lo chef dei ricordi in nome dell’eccellenza e della ricerca
Il ristorante La Peca di Lonigo, Vicenza
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