Secondo una ricerca Cerved-Aibi presentata a Sigep 2019 i consumi di pane artigianale sembrano aver ritrovato stabilità dopo un decennio in discesa. A perdere maggiormente terreno è il pane tradizionalmente inteso. Compensa questa decrescita l’andamento positivo di pani che si discostano dall’offerta classica. Lo studio parla di un pane nuovo, ma dal sapore antico. Una tendenza che si estende da Nord a Sud e che vede in crescita la domanda di pani realizzati con miscele di farine particolari, multicereali, multivitaminici, ricchi di fibre, di sali minerali, a ridotto contenuto di sodio. Le farine preferite sono quelle rustiche, anche integrali, macinate a pietra, a mm 0, provenienti da varietà di grani antichi. L’impiego di lievito madre e le lavorazioni lente completano il quadro. Il pane si sta affrancando dallo status di commodity per diventare un prodotto a elevato valore aggiunto, per il quale il consumatore è disposto a pagare un prezzo più alto. I consumi sono ridotti, ma evoluti: si ricercano pani realizzati con materie selezionate, provenienti dal territorio, prodotti in maniera ecosostenibile. Assistiamo al grande ritorno alla pagnotta medio-grande, che si conserva più a lungo e che, affettata, si presta a più utilizzi. Anche nel gusto c’è un ritorno al passato: il pane bianco cede il passo a prodotti dal sapore deciso e caratteristico, con il giusto grado di acidità.
A cambiare non è solo il modo di produrre il pane, ma l’intera proposta della panetteria artigianale. Secondo lo studio Cerved, infatti, la segmentazione dell’offerta ha visto una diminuzione dell’incidenza del pane in favore di pizza, focaccia e dolci. Una differenziazione che risponde al calo dei consumi di pane tradizionale, cercando di stimolare l’acquisto aggiuntivo di prodotti a marginalità più elevata. Oggi il pane assorbe circa il 70% della produzione (nel 2008 pesava per il 78%), mentre pizze e focacce sono salite al 23,5% e i dolci al 6,3%. A crescere è soprattutto la pizza, ancor più della focaccia. Le panetterie le sfornano continuamente e ne propongono svariate tipologie che si differenziano negli impasti e farine, oltre che nelle farciture.
A cambiare è anche la figura del panificatore: il 15% circa degli artigiani rappresenta l’avanguardia del settore. Si tratta di professionisti che puntano su produzioni di valore, figure professionali estremamente competenti in grado di selezionare e lavorare materie prime eccellenti. Farine rustiche, integrali e pasta madre sono per loro imprescindibili. Spesso sono giovani, con ottima cultura ed esperienze prestigiose, e desiderano esprimere la loro creatività in un mestiere che richiede grande maestria artigiana. Grazie alla spiccata professionalità, hanno saputo costruire format innovativi e accattivanti per un pubblico giovane. Negli ultimi anni, infatti, si riscontra un avvicinamento al pane artigianale da parte della generazione millennial (tra i 18 e i 38 anni), che frequentano locali evoluti come gli emergenti bakery-bistrot, dove il pane si mescola al bar, alla pasticceria, alla pizzeria e alla cucina, con un’offerta varia, ma sempre di qualità. Il 16% dei consumi di pane, infatti, si registra fuori dalle mura domestiche, luoghi dal forte appeal mediatico, dove l’ambiente, l’atmosfera e la presentazione dei prodotti sono studiati nel dettaglio per veicolare il valore del brand e stimolarne la condivisione, soprattutto attraverso il web, luogo familiare per questa nuova generazione di professionisti, che sa muoversi agevolmente sui social per raggiungere il proprio target.