Alessandro Servida da pochi mesi ha aperto a Milano, in zona Porta Venezia, insieme alla moglie Donatella, braccio destro sul lavoro e seconda metà della mela nella vita
Una pasticceria metropolitana, poco accademica, tanta sostanza, da rintracciare preferibilmente nei dolci. Le monoporzioni sono in cima all’offerta pensata dal pasticcere di Pantigliate, ma non manca la selezione dei grandi classici che hanno lanciato Servida: i mignon.
A Milano hai portato una nuova idea di pasticceria. Spiegaci meglio.
Un progetto condiviso con mia moglie. Volevamo offrire dei prodotti di alta pasticceria in un ambiente metropolitano, meno formale e accademico come di solito sono le pasticcerie, che sembrano quasi delle gioiellerie. L’eleganza la lascio ai dolci, per il resto voglio far sentire le persone a proprio agio. L’idea è comunque quella di offrire un ampio servizio e coprire tutte le fasce di consumo: colazioni, pranzi, merende, aperitivi.
Perché avete scelto Milano per il vostro secondo punto vendita?
Perché è la nostra città e perché è la città italiana che recepisce meglio le tendenze mondiali.
Qual è il vostro target di riferimento?
Puntiamo a persone dai 25 ai 55 anni, attente ai dettagli e a cui piace distinguersi.
A chi vi siete affidati per la scelta della location e la selezione del personale?
A nessuno in particolare. Avevamo le idee chiare su quello che volevamo: chi cerca, trova! Mia moglie Donatella si occupa del marketing, delle strategie di posizionamento e di formare il personale alla vendita. Il laboratorio e la produzione rimangono il mio regno.
Qual è lo stile del vostro arredamento?
Innanzitutto ci siamo affidati a dei professionisti, l’azienda Cierreesse di Cabiate ha dato forma alle nostre idee e ci ha consigliato sulle scelte migliori da fare. Come materiali abbiamo scelto il legno e i metalli anticati. Immaginate un gioco di luci e ombre creato dalle doghe in legno alle pareti che abbracciano il bancone. E specchi, specchi ovunque, a ricordare che la bellezza è là dentro. A terra maioliche che ricordano la tradizione.
In che percentuale ti senti artigiano? E imprenditore?
Negli ultimi anni sono cambiate le percentuali, prima ero più artigiano che imprenditore, mentre ora, anche per l’evolversi del mio percorso professionale la percentuale si è ribaltata: siamo sul 60% e 40%. Al mio fianco nel percorso e nelle scelte fatte c’è sempre Donatella.
Sono previste ulteriori aperture?
Vorremmo sviluppare ulteriormente il nostro brand, Alessandro Servida – Alta Pasticceria, ma stiamo con i piedi per terra, vediamo come va a Milano. Fare un passo alla volta ti permette di non cadere rovinosamente.
Con quanta frequenza ti troveremo a Milano?
A giorni alterni. La produzione rimarrà a Pantigliate, al momento i permessi non ci permettono di fare diversamente. A Milano c’è un magazzino per lo stoccaggio e un laboratorio per le piccole finiture, mentre quotidianamente vengono portati i prodotti che trovate in vendita. Siamo talmente vicini da essere presenti quasi in contemporanea in entrambe le strutture. Oltre ai prodotti freschi che prepariamo ogni giorno, una parte dell’offerta è fatta tramite la catena del freddo che ci permette di lavorare in modo più razionale.
Sul serio la proposta delle monoporzioni nasce dall’aumento dei single a Milano?
Sono da poco sul mercato milanese ma è quello che ho sentito dire. Parliamo di dolci che entrano nelle abitudini, sono sfiziosi, belli da vedere e soprattutto danno l’idea che tu stia mangiando una piccola torta. Aprono alla condivisione e vanno oltre la mignon.
Perché la scelta di ridurre la pasticceria mignon?
Perché rispetto a Pantigliate puntiamo sulle monoporzioni. Ci sarà però una selezione di 10/12 tipi che variano in base alla stagionalità, con 5/6 gusti fissi.
Niente vetrina. Perché? Basta il nome sulla porta come garanzia?
Per motivi di spazio e poi neppure a Pantigliate c’è la vetrina. Serviva negli anni ’80, oggi il pubblico preferisce vedere i prodotti dal banco, ecco perché le vetrine in realtà ci sono, ma sono solo state arretrate, per invogliare a oltrepassare quella porta. Voglio convincermi, poi, che basti il mio nome ad attirare le persone.