Per soddisfare le molteplici esigenze del consumatore moderno il panificatore deve diversificare in maniera importante la sua proposta. In suo aiuto un’offerta di farine e mix per panificazione sempre più varia e specializzata
Il mondo del pane sta cambiando e il mercato di farine e mix per panificazione segue questo mutamento. Il filo conduttore di questa trasformazione è radicato nelle nuove tendenze di consumo: le scelte alimentari, anche per quanto riguarda il pane, sono guidate dalla ricerca di prodotti salutari e portatori di benessere, che ripropongano sapori e ingredienti rustici e genuini, dall’etichetta pulita e che guardino al made in Italy.
Nuove farine al servizio del cliente
Una lunga e lenta decrescita ha caratterizzato il mercato delle farine professionali per panificazione negli ultimi vent’anni, anche se oggi i segnali sono di una stabilizzazione del settore. La ragione di questo fenomeno, secondo Giorgio Agugiaro, presidente della sezione Molini a Frumento Tenero di Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) è da ricercarsi in un cambiamento nelle abitudini di consumo degli italiani che consumano il pasto di mezzogiorno sempre più spesso fuori casa, riducendo l’acquisto di pane per il consumo domestico. A questo si aggiungano una maggiore attenzione allo spreco, per cui si acquistano minori quantità di prodotto, l’erosione di quote di mercato alla panificazione artigiana da parte dei supermercati e la diminuzione del numero di panificatori. Parlando di tendenze, il presidente conferma la crescente attenzione verso farine integrali, che accomuna l’intera categoria. «Va detto, inoltre – aggiunge – che in Italia c’è una strana propensione all’utilizzo di farine particolari, che non si rileva in quasi nessun altro paese».
Per contro, cresce anche l’interesse verso farine di filiera 100% italiana, tema particolarmente caro a Italmopa, come spiega Giorgio Agugiaro: «Prima di tutto va precisato che in Italia si produce poco più del 40% del grano tenero che trasformiamo: i mugnai sono costretti ad acquistare grano all’estero per soddisfare il fabbisogno interno di farina. Tali importazioni non appaiono quindi riconducibili a fattori di natura commerciale, ovvero alla volontà dell’Industria molitoria di approvvigionarsi all’estero per motivi economici, ma appaiono motivate da fattori di ordine quantitativo e qualitativo. La produzione nazionale, infatti, risulta ormai strutturalmente deficitaria a livello quantitativo, come già indicato, ma anche a livello qualitativo, quanto meno per alcune tipologie di frumento. In particolare, la produzione di frumenti teneri di forza, destinati essenzialmente alla produzione di prodotti ad alta lievitazione, come alcune tipologie di pane e di prodotti da forno, o all’utilizzazione in miscela con altre tipologie di frumento tenero, risulta largamente insufficiente rispetto alla domanda interna.
Un altro punto che va chiarito è che non è vero che il grano italiano possa vantare una qualunque superiorità rispetto a quello importato dal punto di vista della sicurezza alimentare. Questo perché il grano acquistato da paesi extra UE è controllato da numerosi organi di controllo che garantiscono la rispondenza del prodotto alla legislazione italiana ed europea. Detto questo, e premesso che il grano italiano viene interamente utilizzato dall’industria molitoria italiana, voglio rimarcare che noi mugnai siamo disponibili a ogni operazione che possa aiutare gli agricoltori e aumentare la quantità di grano prodotta in Italia, perché per noi acquistare all’estero rappresenta un disagio. È anche per questo che nascono i progetti di filiera, che ormai la quasi totalità dei molini sta portando avanti, sia per aiutare l’agricoltura sia per garantirsi una produzione costante. Italmopa vede la collaborazione tra molini e agricoltori come un fenomeno estremamente positivo, ma promuovere farine di filiera italiana non deve essere la scusa per affermare che il grano italiano è più sicuro».
Mix: fondamentali per diversificare l’offerta
Cresce la diffusione del semilavorato di qualità presso i panificatori artigiani. A rilevarlo è un’indagine di AIBI-Cerved che motiva questo trend con la forte diversificazione della domanda da parte dei consumatori italiani, che impone una produzione altrettanto articolata. «L’esigenza di pane fresco a tutte le ore della giornata – fanno sapere da AIBI – la richiesta di prodotti salutistici, il recupero dei sapori locali, hanno imposto l’impiego di questi composti da ingredienti naturali, capaci di aiutare l’artigiano nel confezionamento di pane e dolci».
I dati rivelano che 75 panificatori su 100 scelgono miscele per la loro produzione e nel 90% dei casi la preferenza è per i mix completi. Le percentuali più alte di impiego si registrano nel Nord-Est (92%); mentre al Sud circa il 66,5% dei fornai fa ricorso a questi prodotti. A scegliere i mix sono soprattutto i laboratori di dimensioni maggiori. «A trainare la crescita sono le referenze multicereali, integrali, a base di segale e farro e i prodotti per la realizzazione di pani biologici. Altra tendenza interessante è quella per i cosiddetti “grani antichi”. In generale, per la produzione di pani speciali e di tipo funzionale, il panificatore sceglie sempre il mix, meglio se completo».
Buoni anche i risultati dei mix per pasticceria destinati al canale della panificazione artigianale, anche in questo caso sono i mix completi a riscuotere i maggiori consensi. «Un aumento che si spiega col fatto che il 50% del pane e dei dolci commercializzati nella grande distribuzione è prodotto da laboratori specializzati e operatori artigianali, che devono gestire una mole importante di lavoro, garantendo un alto livello di professionalità e gusto nelle loro produzioni».
Un canale interessante per i semilavorati è quello dell’horeca. Un terzo dei ristoranti produce direttamente il pane, in particolare a Sud e nel Nord-Est. Soltanto il 10% degli alberghi, invece, ha optato per fare il pane “in casa” e si concentra tutto nel Centro-Sud. In questo filone, prevalgono i mix per la produzione di pani integrali e ai cereali.