Wood*ing è il primo food lab al mondo che porta avanti la cultura del foraging, promuovendo una alimentazione naturale e sostenibile che tutela la natura e le persone
Più di 9mila vegetali catalogati come commestibili. Circa 15mila gli stimati. Ma solo 300 riconosciuti come commestibili. Numeri alla mano, il foraging – ovvero l’arte di raccogliere il cibo selvatico – è un paradiso ancora tutto da scoprire. Anche in pasticceria.
Un paradiso alla cui scoperta si è lanciata Valeria Margherita Mosca, anima e direttrice di Wood*ing, il primo e unico food lab al mondo, con sede a Valmalenco in Valtellina, che lavora esclusivamente sul wild food.
Cos’è il foraging e come ti sei avvicinata a questa disciplina antica ma allo stesso tempo poco conosciuta o forse dimenticata?
«Foraging significa raccogliere il cibo che spontaneamente la natura ci regala imparando a riconoscere e selezionare vegetali interi o parte di essi che sono ritenuti commestibili e, quindi, adatti al nutrimento umano. Per me non è mai stata una pratica lontana. Sono cresciuta passeggiando con mia nonna alla ricerca delle erbe più giuste da portare in cucina. Con il tempo quello che invece ho capito, e coltivato anche frequentando le cucine di chef stellati, è l’applicazione del foraging in una cucina etica e sostenibile».
Così è nato il progetto di Wood*ing. Un laboratorio di ricerca e sperimentazione sul cibo selvatico e sul suo utilizzo in cucina, ma non solo.
«Il 60 per cento dell’attività di Wood*ing è basato sulla ricerca, ma largo spazio è dedicato anche alla formazione e alle collaborazioni con chef, pastry chef e bartender. Studiamo, raccogliamo, cataloghiamo, analizziamo e sperimentiamo vegetali selvatici o parti di essi classificati come commestibili e adatti all’uso alimentare umano. Ne valutiamo il loro utilizzo, l’elaborazione di prodotti di cucina e la loro conservazione. Accanto a questo filone di ricerca, come detto, se ne sono sviluppati altri altrettanto importanti quali la formazione professionale e amatoriale e le consulenze a chef e mixologist che vogliono affacciarsi a questo nuovo modo di fare alimentazione. Con la Foraging Academy aiutiamo gli chef a entrare in questo mondo in modo consapevole. Conoscere le erbe selvatiche, così come le piante e le radici, per evitare rischi di intossicazioni è fondamentale. La collaborazione con chef e pastry chef è uno dei cardini di Wood*ing. Attualmente stiamo lavorando con Roberta Gesualdo, pastry chef al Mirazur di Mentone, che sta portando avanti un discorso di fermentazione e metodi di lavorazione “alternativi” delle materie prime».
Quali sono le erbe più adatte per la creazione di un dessert?
«A dire la verità le possibilità di utilizzo nella pasticceria sono infinite. E non solo per “dare un valore aggiunto” al dessert, ma come base dello stesso. Creare un dolce solo con utilizzando il foraging è facilissimo. Il più immediato è il mondo dei gelati, in cui si possono usare i fiori, ma anche le alghe. Ma sono le basi e gli impasti di dolci da forno che nascondono un vero e proprio potenziale inesplorato. Basta pensare alle cosiddette farine di sussistenza che, alla farina di cereali, mescolano ingredienti selvatici macinati. È una pratica che si utilizzava già a fine ’800 quando grano e cereali scarseggiavano e quindi andavano “sostenuti” con elementi aggiuntivi come licheni, polpa di corteccia di tiglio o pino, abete rosa, betulla. Nei laboratori di Wood*ing siamo andati alla riscoperta di queste farine anche dal punto di vista nutrizionale e abbiamo scoperto come interagiscono con gli ingredienti e le cotture. Le erbe selvatiche per pasticcieri e pastry chef possono rappresentare un aiuto concreto nella creazione dei dessert, dal punto di vista aromatico, ma anche da quello tecnico e organolettico. La maggior parte dei cibi selvatici, oltre ad essere più saporiti, sono anche più sani e sociali. Così quello che viene servito non è più un semplice dolce, ma è il simbolo di un intero ventaglio di valori umani, dalla cooperazione alla sostenibilità e tutela ambientale fino alla responsabilità sociale». È un modo più sano e consapevole di approcciarsi all’alimentazione e, a ben guardare, alla vita».
di Roberta Suzzani