Come, in un’enoteca, mi aspetto di trovare una selezione di vini pregiati e un enotecario che mi racconta il mondo che si cela all’interno di una bottiglia, così in una “paneteca” conto di scoprire pani “al di fuori del comune” e ciceroni di cereali o produttori straordinari. Ed è proprio così al Forno Brisa, il forno in centro a Bologna che rappresenta il debutto di quattro giovani artigiani. Si sono incontrati all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove hanno frequentato i corsi di Alto apprendistato per mastro birraio Esmeralda Spitaleri e Giovanni Boari, e per panettiere-pizzaiolo Pasquale Polito e Davide Sarti. Lauree nel cassetto e cambio di vita per inseguire la comune passione per il pane.
Il grano che vogliamo
«Ricerchiamo e panifichiamo vecchie varietà di frumento e cereali antichi, cioè tutti quelli che vengono in genealogia prima del frumento, espressioni autentiche di un terroir: dal farro monococco al grano siciliano Tumminia, dalla Solina d’Abruzzo ai grani turanici tipo kamut. Non utilizziamo il Kamut perché è un marchio, ma granaglie analoghe italiane – spiega Pasquale Polito. – Negli ultimi 50 anni, dopo la rivoluzione verde, i grani moderni sono stati trasformati in grani di forza adatti alle nuove esigenze tecnologiche e resistenti contro insetti, intemperie e tutti gli imprevisti, ma penalizzati nel loro aspetto nutrizionale. Naturalmente il costo della farina che utilizziamo è di circa sei volte superiore al prezzo medio di una farina generica, perché all’agricoltore va riconosciuto il lavoro di ricerca che fa ogni giorno e il rischio che corre scegliendo una coltivazione nell’assoluto rispetto del territorio».
I pani del giorno
Ogni mattina alla Brisa viene esposto il menù con almeno cinque pani, fatti con farine diverse a rotazione, macinate a pietra, e lievito esclusivamente naturale. Presenza costante è il “pane non comune” (così chiamato per distinguerlo da quello generico): un filone da 2 kg a base di farine semintegrali per il quale ogni giorno cambia il mulino fornitore. I prezzi vanno da 6 euro al kg per il pane più semplice a un massimo di 12 per le referenze condite con semi, frutta secca, legumi: curioso il pane con le lenticchie intere, golosissimi i pani di Tumminia, segale, uvetta e fave di cacao… Ma ogni giorno riserva una sorpresa. «Creiamo quotidianamente un blend – racconta Pasquale – di frumenti e/o cereali e prepariamo sempre un vasetto in cui li raccogliamo a strati e lo esponiamo in negozio per raccontarlo ai clienti». «Le nostre farine provengono da mulini di tutta Italia – continua Pasquale – Molini del Ponte in Sicilia, Mulino Sobrino e Mulino della Riviera in Piemonte, Mulino Floridia in Toscana, Azienda Agricola Le Viole delle Marche e, ovviamente dall’Emilia Romagna. Dal nostro territorio giunge la farina del progetto Virgo (seguito dal Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna) ottenuta dalla lavorazione di cinque antiche varietà di grano coltivato nel Podere Santa Croce». Tutte le farine, come del resto semi, legumi, oli, creme e confetture utilizzati in laboratorio, sono messi in vendita in modo che gli appassionati avventori possano replicare tutte le bontà che assaggiano da Brisa a casa.
Con e oltre il pane
Al forno Brisa ogni giorno si sfornano anche fumanti focacce e pizze in teglia proposte con condimenti gourmand mai scontati, i classici cornetti all’italiana, sfogliati con burro di centrifuga e farciti con marmellata e miele per la colazione o salume per il pranzo. Per gli amanti del dolce ci sono le classiche torte da forno (cioccolato e pere, mele, nocciole) e una linea di biscotteria, con tanto di biscotto dedicato alla via che li ospita (il Galliera, a base di farina di riso, cacao, fave di cacao e nocciole). E non manca un pensiero dolce anche per gli intolleranti: la golosa torta di cioccolato all’acqua con farina di riso, zucchero di canna, cacao e acqua. Dal momento che il forno si propone anche come punto di incontro per un pranzo veloce o un aperitivo diverso dai soliti, si può scegliere in accompagnamento una delle due birre pensate da Esmeralda e Giovanni, la Soccia e la Sorbole (termini mutuati dal dialetto bolognese,
come del resto il nome del locale, Brisa), realizzate con gli stessi cereali utilizzati per i prodotti da forno, oppure optare per un calice di uno dei dieci vini naturali o un succo di frutta del brianzolo Marco Colzani. Una proposta limitata, ma frutto anche questa di una selezione accurata e di un rapporto costante e diretto con il produttore.