di Elisabetta Cugini – foto Piermichele Borraccia
Settembre 2011
Eccoli, altri, grandi appassionati. Renato Bosco e Samantha Verzini sono partiti dal nulla e un giorno dopo l’altro hanno lavorato sodo con l’obiettivo di creare un tempio della qualità, dove il cliente possa sentirsi coccolato e curato
San Martino Buon Albergo, piccolo paese in provincia di Verona, è sulla rotta di chi cerca una pizza speciale, un pane come quello di una volta, una cucina sana e in generale cerca prodotti eccellenti. Il punto d’approdo è Pizzadaré+Saporé, un locale multifunzionale che offre da una parte, pizza d’asporto in teglia, tradizionale e alla romana, oppure pizza classica cotta in forno a legna o addirittura pizza gourmet; dall’altra, gastronomia d’asporto o da consumare sul posto. Dall’ora dell’aperitivo è possibile concedersi uno straordinario viaggio tra i diversi impasti a base di lievito madre, sublimati da ingredienti ricercati provenienti da ogni angolo d’Italia in cui si trova un produttore appassionato. Il tutto accompagnato da bevande altrettanto selezionate, dalle birre artigianali ai succhi di frutta, fino al vino e al caffè. Un’altra tappa che i foodies non possono lasciarsi sfuggire e dove la redazione di Dolcesalato ha incontrato i protagonisti: Renato Bosco e Samantha Verzini.
Tutto ebbe inizio…
…assolutamente per caso. A 15 anni ho iniziato a lavorare nell’unica pizzeria del paese e immediatamente, a contatto con l’impasto della pizza, ho capito che il lievito era la mia strada. Da allora è stata una continua escalation verso la qualità. Significativo, negli anni Novanta, l’incontro con Emanuele Ceccarelli il quale mi ha introdotto al mondo dei lieviti con il corso di Rolando Morandin. Successiva svolta grazie a Molino Quaglia, che investe sulla formazione di pizzaioli, panificatori, pasticceri, mettendo a loro disposizione sale, attrezzature e grandi maestri. Nel 2006 ho aperto con Samantha – mia compagna e cuoca superba – la pizzeria d’asporto Pizzadaré e qualche anno dopo Saporé. Ho approfondito la mia passione per la pizza in teglia alla romana per la quale mi sono recato a Roma dal blasonato Gabriele Bonci. Altrettanto illuminanti gli incontri con Ezio Marinato, Simone Padoan e Luca Montersino.
Quindi entrambe le vostre famiglie non avevano nulla a che fare con questi mestieri… è stato positivo?
Da un certo punto di vista sì, per due motivi: non avendo basi acquisite mi sono sempre dovuto documentare, attivando un forte spirito di ricerca. Sappiamo poi, che molti figli d’arte beneficiano del bagaglio ereditato ma in qualche modo, ne sono anche limitati. Prima di avere nostro figlio io e Samantha, spinti dalla nostra passione per le cose buone, abbiamo viaggiato tutta l’Italia per assaggiare, scoprire, trarre spunti. Tanti i personaggi che ci hanno colpito e sono diventati per noi fonte d’ispirazione e apprendimento come Nerio Beghi e Riccardo Antoniolo.
Parliamo di lievito madre: strada troppo difficile per la pizzeria?
Assolutamente no e io ne sono la dimostrazione. Certo ci vuole tanta, tanta passione. Dipende dalla “voglia” che si ha di conoscere e ascoltare un nuovo “essere” che entra a far parte della propria vita. Detto così sembra molto impegnativo e in effetti all’inizio lo è, ma poi, quando si entra nel meccanismo, tutto diventa più semplice. Ma mai meccanico; mi spiego: il pizzaiolo non può utilizzare l’impasto sempre alla stessa ora anche se mette sempre la stessa quantità di lievito, in quanto entrano in gioco altri fattori, quali l’ambiente, la temperatura, l’umidità ecc., è inoltre necessario annusare e assaggiare continuamente per regolarsi sull’acidità.
Quali sono i vantaggi dell’impiego del lievito madre?
I miei clienti notano gusto, profumo e digeribilità migliori. Non poco direi. Basti pensare al pane: ero partito facendolo solo per il mio negozio e ora sto servendo panifici, alimentari e altre attività che organizzano degustazioni.
Qual è l’investimento necessario per produrre con lievito madre?
Il principale investimento è su sé stessi, sulla propria formazione. Per il resto, di base, serve una cella fermabiga e una di lievitazione.
Come comunichi il tuo valore al cliente?
Organizzo dei piccoli laboratori, delle “officine” del pane, della pizza e dei dolci, dove insieme ai clienti, e chiunque sia interessato, impastiamo, cuociamo e assaggiamo. Non avrei mai pensato di riscontrare tanto interesse, in particolare da parte degli uomini, molto incuriositi dalle proprietà dell’impasto e degli ingredienti. Si tratta di un’esperienza molto coinvolgente che fa capire quanto il cibo sia sinonimo di civiltà, cultura, evoluzione sociale.
Come selezioni le materie prime?
Ecco, dopo la formazione se stessi, l’altro grande pilastro di un’attività d’alto livello, è la selezione delle materie prime. Negli ultimi anni ho dedicato tantissimo tempo alla ricerca dei prodotti che ho sempre messo alla prova personalmente. Spesso si è concentrati sulla qualità dell’impasto e ci si dimentica di ciò che vi si mette sopra, mancando il completamento perfetto. Sono arrivato ad avere diverse tipologie di pelati di pomodoro che faccio arrivare da ogni parte d’Italia, in base alle caratteristiche dell’impasto alla base. La mozzarella di bufala arriva dalla Campania, la burrata dalla Puglia e così via. Abbiamo visitato molti presìdi Slow Food e per noi ogni viaggio è sinonimo di scoperta e sperimentazione. Anche il rapporto con Paolo Massobrio del Golosario ci ha fatto entrare nel circuito degli estimatori di prodotti di nicchia, che vendiamo nella nostra gastronomia. La citazione del Gambero Rosso di due anni fa, poi, ci ha riempiti d’orgoglio.
Che importanza riveste l’attrezzatura?
Fondamentale. E più si punta in alto (tra ciò che offre il mercato) migliore è la qualità dei prodotti e della propria vita. Per esempio l’impastatrice non deve riscaldare l’impasto e deve avere due velocità per permettergli di inglobare aria. Altro passaggio chiave è la cottura per cui è necessario investire in un buon forno con pietra refrattaria e valvola del vapore.
Quanto avete dovuto investire sul fronte del management?
Se una volta l’artigiano faceva i suoi interessi curando la propria produzione, ora ha capito che questo non basta più. Perciò abbiamo dovuto focalizzare l’importanza di alcuni aspetti e delegarli a esperti, come l’immagine e la comunicazione, l’amministrazione e la gestione del personale. In pratica è il passaggio da bottega a vera e propria azienda.
A proposito di personale, come siete organizzati?
Abbiamo 10 dipendenti, 19 con il lavoro a chiamata. Ogni settimana facciamo riunioni in cui spiego i nostri prodotti e do indicazioni sulla nostra filosofia e l’approccio con il cliente. Condividiamo il nostro progetto con il nostro personale perchè solo così si può costruire una squadra.