di Elisabetta Cugini
Riforma pasticceria: è ora di voltare pagina e diventare un Paese competitivo a livello europeo
Oggi si può dire: finalmente il settore della pasticceria professionale ha trovato unità, sotto il nome di un’associazione, la Conpait, che sembra aver messo finalmente d’accordo tutti. La Confederazione Pasticceri Italiani conta oggi 20mila iscritti, 14 sedi formative in Italia e 6 nel mondo. È forse la prima volta che, nel nostro Paese, si raggiungono numeri di questo tipo nel campo della pasticceria professionale; di certo è la prima volta che il settore riesce a far sentire la propria voce al Governo. Particolare nota di merito va al Presidente della Conpait, Federico Anzelotti, ormai impegnato a cadenza fissa presso il Ministero, per combattere in favore della categoria e smontare meccanismi illogici, che alla fine, non fanno altro che limitare il business delle imprese verso il mercato interno ed esterno e in generale rallentare l’economia del Paese, alimentando l’evasione e il malcontento delle persone. Federico è uno dei “cavalieri” in prima linea in questa lotta per “la buona impresa e la buona formazione”. Sostanzialmente sono 5 i punti sui quali il settore rivendica una regolamentazione e che, grazie all’intervento della senatrice Federica Chiavaroli, durante l’ultima tavola rotonda (Conpait Big Event, presso Expo, il 4 giugno), sono stati redatti in una proposta di legge, presto al vaglio dei rappresentanti ministeriali. È ovvio che nel prossimo futuro dovranno essere costituite una serie di “task force” finalizzate ad approfondire e definire ogni punto nei dettagli. C’è ancora bisogno quindi di tanto confronto e unità d’intenti per costruire strategie vincenti in favore della pasticceria artigianale.
Per ora, abbiamo chiesto a Federico Anzellotti di spiegarci cosa deve cambiare, punto per punto.
1. Formazione riconosciuta a livello europeo e zone grigie del sistema formativo turistico-alberghiero
Vorremmo che tutte le scuole di formazione in Italia, o meglio quelle in possesso di determinati requisiti, potessero rilasciare attestati riconosciuti a livello europeo. In pratica, oggi, qualsiasi ragazzo frequenti un percorso di formazione di base nel campo della pasticceria, della panificazione o della gelateria, in Italia, acquisisce un attestato finale che, per dirla dolcemente, non vale un fico secco, a livello europeo. Vorremmo dunque che le scuole di formazione, non fossero gestite da logiche regionali, ma potessero rilasciare certificazioni parificate al diploma della scuola alberghiera, valide a livello nazionale, e spendibili negli altri Stati membri dell’Unione Europea. Si tratta di poter mettere le nostre competenze in relazione agli EQF, ossia il quadro delle qualifiche professionali riconosciute a livello UE. È assurdo che un italiano non possa aprire una pasticceria in Belgio, perché le sue qualifiche non sono ritenute valide!
A questo problema si aggiungono altre zone grigie: le scuole alberghiere possono attivare al loro interno corsi di pasticceria, ma non possono accedere a una classe di docenti specializzati. Un insegnante di cucina perdente cattedra può diventare maestro di pasticceria, mentre una persona del calibro di Iginio Massari può essere invitato dal dirigente solo come esperto di settore. Anche questo sistema dunque va cambiato.
Altre lacune della nostra formazione in campo turistico alberghiero riguardano l’alternanza scuola-lavoro, un modello ormai consolidato in Svizzera e ancora poco praticato in Italia. Citiamo un’altra assurdità relativa al tirocinio formativo che i ragazzi non possono svolgere la domenica: se si pensa che il giorno di massima espressione di un’attività di pasticceria è proprio la domenica, si capisce che il ragazzo in questione viene fortemente limitato nell’esperienza.
2. Certificazione della maestria
In Francia esistono i MOF, ossia certificazioni di maestria, riconosciute a livello statale a rilasciate in diversi settori professionali. In Italia vorremmo si smettesse di usare a sproposito la parola maestro, ma che esistessero percorsi di formazione ad hoc per queste figure, riconosciute a livello nazionale. Quali requisiti devono avere questi maestri, quale formazione tecnica e didattica?
3. Legislazione sull’apertura nuove attività
In Italia un meccanico che chiude la propria officina, il giorno seguente può tranquillamente aprire una pasticceria. Anche in questo caso, come all’estero, serve una regolamentazione più logica. Del tipo, almeno 2 anni di esperienza per poter aprire una pasticceria, oppure 1 anno di esperienza più 1 anno di corso professionale.
4. Accesso al credito semplificato e recupero anticipato IVA
Da un’indagine di mercato di Conpait è emerso che esistono circa 50mila aziende di arte bianca (pasticcerie, panifici, gelaterie), cui se ne aggiungono almeno 18mila che lavorano in nero. La Confederazione, nel triennio 2015-2018, ha stanziato circa 120milioni di euro a fondo perduto, per aiutare circa 10mila aziende nell’acquisto di beni strumentali. Il nostro pacchetto per le imprese in fase di startup prevede uno stanziamento di 12.000 euro a fondo perduto, il resto però, (per un investimento di base stimato di 37.000 euro) lo dovrebbe mettere il privato. La nostra proposta, a questo punto, è che intervenga la Cassa di Depositi e Prestiti come fondo di garanzia al 70%. A quel punto l’esborso a carico dell’imprenditore sarebbe decisamente più abbordabile e grazie ad accordi stipulati con Istituti di credito gli verrebbero garantiti tassi di interesse vantaggiosi con piani di rientro di 5 anni.
Altro tema importante, per le aziende esistenti, è il recupero dell’IVA. Vi sembra logico che ogni mese o trimestre si paghi l’IVA potendola recuperare solo 1 anno e mezzo dopo? Dato che si sa, il problema più grande delle imprese è quello della liquidità, la nostra proposta consiste nella possibilità di poter certificare questo credito presso le banche, che possano renderlo liquidità immediatamente disponibile.
5. Riconoscimento certificazione a livello comunitario
Perché noi italiani abbiamo tante difficoltà ad esportare i nostri prodotti all’estero? E perché dall’estero non hanno nessun problema ad entrare nel nostro Paese? È vero, la sicurezza alimentare in Italia non ha pari, ma questo non può diventare un limite per lo sviluppo del nostro business. Perché possiamo diventare competitivi a livello europeo è fondamentale che le nostre certificazioni, dalla rintracciabilità al sistema HACCP, siano allineate alle direttive degli altri Stati membri dell’Unione, in modo che i documenti siano riconosciuti, corrispondenti e immediatamente spendibili. Nell’ottica della globalizzazione appare evidente l’importanza di adeguarsi al modello europeo, per poter sviluppare affari ed essere competitivi in area UE e negli Stati emergenti.