Tutti hanno subito gli effetti della recessione e molti si sono dovuti inventare qualcosa per resistere. Ecco i suggerimenti di chi ci sta provando, di chi ha trovato nuove strade e di chi pensa di esserci riuscito
Dedicarsi alle consulenze all’estero
«Per chi ha un laboratorio ben organizzato e può permettersi di lasciarlo senza perdere in qualità, dedicarsi alle consulenze all’estero può essere un’ottima soluzione per aprirsi nuovi sbocchi, dal punto di vista imprenditoriale. Questo il pensiero di Denis Dianin, titolare della d6g patisserie di Selvazzano Dentro (PD), il quale negli ultimi 4 anni ha prestato la propria consulenza in Montenegro, Croazia, Spagna e Malesia. Negli ultimi anni fioccano le richieste di made in Italy da parte dei Paesi in cui si sono spostati i capitali, o meglio dei Paesi che in questo momento hanno maggior margine di crescita, i cui Stati danno ampio spazio alle imprese per svilupparsi. All’estero richiedono le nostre competenze, le nostre ricette e il nostro metodo. «Le mie consulenze – racconta Dianin – in media durano dai 5 ai 10 giorni, durante i quali mi occupo di riorganizzare il laboratorio e i metodi di lavoro per il completamento di una mia linea di pasticceria, molto apprezzata per il gusto tipico italiano e la rigorosa estetica francese. Di certo sono esperienze remunerative – si calcoli in media circa 1000 euro al giorno netti, tutto spesato – ma non solo dal punto di vista economico: permettono di confrontarsi e arricchire costantemente il proprio bagaglio tecnico-professionale e culturale. Chi resta chiuso nel proprio laboratorio non cresce. Tornando agli sbocchi imprenditoriali, ho colto un’opportunità d’espansione in Malesia: grazie a una grossa società investitrice, sto avviando un laboratorio di produzione centrale a Kuala Lumpur, che servirà punti vendita a marchio d&g nella stessa Kuala Lumpur, poi Singapore, Hong Kong, Tokyo e Shanghai». Non male, per un giovane, “piccolo” (ma grande, ndr), pasticciere italiano!»
Puntare sulle monoporzioni per ridurre i prezzi
«Possiamo inventarci qualsiasi cosa ma il problema è che la gente non ha denaro. Esordisce Enzo Di Pasquale dell’omonima pasticceria di Ragusa (CT). «Per andare incontro alle ristrettezze economiche dei clienti abbiamo ridotto le porzioni e di conseguenza i prezzi: per il formato della granita, per esempio, siamo passati da 180 g a 120 g, e quindi da 2 a 1 euro. Dal cono gelato a 2 euro al mini cono a 1,70 euro. Ma le famiglie che prima acquistavano 1 kg di gelato, ora ne comprano mezzo chilo. I servizi di catering fino a 8 fa erano per almeno 400 persone, oggi gli invitati sono poco più di un centinaio. Inutile nascondere che la crisi ci ha colpito duramente, da 15 siamo scesi a 9 dipendenti e nel 2013 abbiamo registrato un calo del fatturato dell’8 per cento. L’investimento che abbiamo fatto sul nostro sito internet (per il quale fra l’altro ci ha premiato il Gambero Rosso) ci è sicuramente servito da un punto di vista d’immagine, ma non per aumentare il business. Le vendite on line infatti rappresentano solo il 2% del nostro fatturato complessivo. L’unica forza è essere presenti su guide turistiche e riviste estere, per incentivare l’arrivo dei turisti che in questo momento sono molto più disposti a spendere».
Mettere a punto un sistema per controllare costi e guadagni
«Ho un quadro molto preciso del mio business, perché fin da quando abbiamo aperto, nell’89, ho creduto nei numeri, quindi ho monitorato sin dall’inizio la mia attività, prima con carta e penna, oggi con i computer». Ecco l’esperienza di Andrea Paoloni della Pasticceria Giada Tricesimo di Udine. In negozio, grazie a un software collegato alle bilance, ogni sera abbiamo un report completo di quello che abbiamo venduto e di quanti clienti sono entrati in negozio. In laboratorio, ogni mio collaboratore compila quotidianamente una scheda in excel con le quantità e i tempi di produzione, dati che, incrociati con quelli dei costi delle materie prime, ci dicono esattamente quanto ci costa un prodotto, e di conseguenza, fatto il prezzo (i nostri sono leggermente sopra la media di mercato), quanto margina. Grazie a questo sistema, tra l’altro, ci accorgiamo quando un dolce perde appeal nella vendita. È stato il caso di una torta che ha perso velocemente terreno, ci siamo allora interrogati sui motivi del calo e abbiamo individuato la causa nel cambio di un ingrediente che andava a modificare la consistenza di una crema della torta. E questo, evidentemente, non piaceva ai nostri clienti. E lì siamo intervenuti subito. Da qui si deduce che la materia prima è importantissima per una pasticceria: in 25 anni abbiamo sempre cercato il meglio sul mercato, e il prezzo per noi è sempre stato un aspetto secondario. L’altro punto critico fondamentale per il successo di una pasticceria è il rapporto con la clientela e quindi la formazione del personale addetto alla vendita. Anche su questo fronte da due anni stiamo investendo facendoci seguire da un’agenzia specializzata. Il segreto per guadagnare in pasticceria? Ottimizzare al massimo i tempi di lavorazione. Che banalmente significa organizzare al meglio il lavoro. Il costo della manodopera, infatti, è una delle voci che pesano di più nell’economia aziendale (tra il 60-70%). Quindi è importante avere personale competente, i giusti spazi e i macchinari più adeguati. Nota importante sulla tecnologia: bisogna conoscerla bene perché renda il più possibile».
Reagire alla crisi
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