Su Dolcesalato di dicembre vi abbiamo raccontato del Das Kronthaler, a Achenkirch, pittoresca meta turistica alpina del Tirolo, pressoché segreta e gelosamente custodita da chi la conosce. L’albergo, direttamente sulla pista da sci del Christlum, è una struttura che proprio non te l’aspetti in un paesino di montagna. Eppure si integra completamente e armoniosamente nella natura e nel panorama attraverso l’uso di materiali locali. Per l’esterno sono stati usati prevalentemente il legno di larice e il granito, all’interno il legno di cembro dalle proprietà calmanti e rigeneranti. Anche la scelta di rendere intercomunicabili gli spazi interni ed esterni con enormi vetrate a tutta altezza risulta azzeccata e trasmette pace e relax. Elementi della tradizione si mescolano con un’architettura minimale, ariosa e colorata per dare vita a una nuova interpretazione di spazio e natura dalla quale trarre nuova energia.
Il Das Kronthaler è un elegante 4 stelle superior con 96 stanze e 3 Chalet, da 24 a 130 mq, la maggior parte delle quali dotate di pavimentazione in legno, grandi bagni, area living con vista sulla catena montuosa e il Lago Achensee, per rispondere al desiderio di lusso e relax in un ambiente elegante e informale allo stesso tempo. Vi sono due bar, una Spa di 2.500 mq con piscina esterna e interna riscaldate, idromassaggi, ampia area sauna con sauna finlandese panoramica, grotta al sale, sauna a vapore e bio-sauna alle erbe, palestra attrezzata, ampie cabine per trattamenti di bellezza con prodotti Priori, Comfort Zone e Tiroler Steinöl.
Ma io voglio parlarvi soprattutto della proposta gastronomica veramente sorprendente: colazione con ricco buffet dolce e salato, lo stesso per il pranzo; merenda con frutta e dolci di ottima qualità dalle 14 alle 17; cena con antipasti a buffet e scelta al tavolo con un menù che propone 2 entrèe, due primi, quattro secondi e due dolci e per finire uno snack a mezzanotte. È possibile, avvisando, richiedere un menù per intolleranti, vegetariani o vegani. Direi un’ampia scelta! Il tutto allietato, al sabato sera, da musica dal vivo.
La perfezione della cucina
Incontro lo chef Michael Oberwalder direttamente in cucina, mentre la brigata prepara le ultime colazioni e si appresta a dedicarsi al pranzo. Lavorano 15 persone, ognuna ha il suo compito, ognuna sa cosa fare e lo fa con sicurezza e determinazione. Qui si sta concludendo il servizio colazione per 200 persone. Tutto è fresco, tutto è preparato al momento. «Lavoro in questa struttura da due anni» racconta Michael. «Il mio compito principale è stato quello di costruire un’ottima organizzazione. Formare la brigata è fondamentale se vuoi lavorare in modo perfetto. Dopo aver parlato con il proprietario, Günther Hlebaina, dopo aver compreso che condividevamo la stessa filosofia e le stesse ambizioni, ho deciso di accettare l’incarico di chef. Precedentemente ho lavorato per Red Bull, per BMW, per alcuni ristoranti stellati. Qui ho imparato a tener conto anche degli aspetti economici della cucina. L’immagine, la qualità sono fondamentali, ma hanno bisogno di coniugarsi con la sostenibilità economica. So di lavorare in un albergo dove l’ospite si aspetta standard alti, la sfida è accontentarlo, tenendo sotto controllo i budget. Anche il personale è cresciuto in base ai successi ottenuti: siamo partiti in 8, in due anni, siamo diventati 15. Oggi abbiamo a disposizione un budget più alto e questo mi ha permesso di costruire un pacchetto all-inclusive migliore».
La sua formazione?
Ho 37 anni, ho frequentato fino a 15 anni la scuola alberghiera austriaca, poi sono andato a perfezionarmi all’estero. Dopo numerose esperienze nell’organizzazione del catering e in grandi ristoranti, mi sono specializzato in aperture o riaperture alberghiere. Mi danno un obiettivo e cerco di raggiungerlo, creando e coordinando uno staff, con la consapevolezza che senza di loro non sarei nessuno. La prima cosa da fare è trasmettere la mia esperienza alla brigata. La cucina è come una macchina, perché funzioni ognuno deve contribuire al massimo. Quando formo la brigata porto con me sempre alcuni professionisti che ho già formato. La mia filosofia è semplice: puoi avere a disposizione le migliori materie prime, ma senza i migliori cuochi non puoi fare nulla. Ognuno nella mia brigata ha la sua posizione, la sua specializzazione in una preparazione. Qui si lavora sotto pressione e può capitare che qualcuno non ce la faccia e abbandoni la sua postazione. Il sostituto deve essere immediatamente pronto.
La costruzione della carta?
È un lavoro molto impegnativo, quotidiano, la ripresa dello stesso menù rappresenta il passato, i piatti riproposti devono avere una sequenza diversa, bisogna poi creare abbinamenti sempre diversi. Io vivo il menù come una poesia o una canzone, dove bisogna prestare attenzione al ritornello. Io ormai lo conosco per istinto. So quali sono i piatti più richiestI.
Scusi, ma come fa?
Mi faccio dare la lista degli ospiti, valuto l’età, il sesso, la professione.
Davanti al mio stupore, Michael sperimenta “in diretta” le sue capacità. Chiede alla collega Paola Pellai di segnare sul menù della sera i piatti che ordinerà, mentre lui fa la stessa cosa su un altro menù. Impressionante: sbaglia una sola portata! Continuo l’intervista, chiedendogli quali piatti preferisce cucinare: «La carne, in particolare la guancia di bue, il fegato di vitello, la sella».
Quale cucina propone?
Austriaca, ma essendoci diversi ospiti internazionali, inserisco sempre qualche ingrediente di altre cucine. Prediligo una cucina pulita, con poche decorazioni. La clientela gourmet capisce la qualità senza bisogno di tanti fronzoli.
Per chi ha intolleranze?
Adatto il menù in carta alle sue esigenze. Chi richiede menù particolari mette sempre in difficoltà la cucina. Il mio personale fa corsi specifici per le intolleranze. Noi stiamo anche molto attenti alla tracciabilità degli ingredienti e a istruire in modo corretto i camerieri in modo che non sbaglino nel servire i piatti. Stiamo anche studiando un menù per la stagione invernale che riporti in modo chiaro l’assenza di certi ingredienti.
Quanto è importante il buffet?
Tantissimo, ti dà tempo di preparare le comande.
Il suo rapporto con la creatività?
Devo frenarla in nome dell’organizzazione, ma quando ci sono pochi ospiti la lascio libera!
Come facilita il servizio?
Studio ogni minimo particolare. Così, per esempio, il piatto tondo dà all’ospite l’impressione di una proposta più ricca, ma per facilitare il servizio e per il mantenimento del piatto caldo preferisco quello rettangolare. Ho calcolato che per il piatto tondo occorrono 3 camerieri in più e così si allungano i tempi di servizio.
I suoi colleghi in tv?
Lo chef è operativo, deve stare in cucina. La Tv è spettacolo, è un altro mestiere, non c’entra nulla con la cucina.
Come fa a reggere questi ritmi?
Bisogna avere la capacità di capire quando è necessario prendersi un anno di riposo.
Che cosa cucina a casa?
Non cucino.
Chiedo di fare una foto al sous chef, mi guarda e mi dice: «Veloce, non ho tempo!» Michael sorride: «Lo chef è operativo, il sous chef deve controllare che tutto funzioni». Esco dalla cucina con la consapevolezza di avere intervistato un grande chef… anche simpatico!