Un ristorante che propone una cucina contemporanea fondata sul grande rispetto per le materie prime combinate in modo assai originale e creativo. Vi spiego perché la cucina di Matteo è vincente.
Da Piazzale Loreto in un attimo si raggiunge Piazzale Governo Provvisorio, una piazzetta chiusa al traffico e recuperata in modo intelligente. Qui si trova “Manna”, un ristorante essenziale, non sfarzoso ma accogliente. Il titolare Matteo Fronduti, milanese Doc, classe 1977, nel 2008 ha aperto, come lui stesso lo definisce, “un locale senza fronzoli”, con due sale, dove possono essere accolti 40 ospiti. Matteo, nonostante la giovane età ha un curriculum di tutto rispetto. Dopo aver conseguito il diploma al liceo scientifico e aver deciso che la sua strada è la ristorazione, va sul Lago di Garda a “Villa Fiordaliso” Relais Châteaux per poi passare alla Trattoria del Nuovo Macello di Milano come capo partita. Decisive sono le esperienze nei moderni locali milanesi considerati la triade della moda: l’Armani Café, il Trussardi alla Scala e il Just Cavalli. Qui ha modo di studiare e capire i gusti di un certo target di clientela, curiosa e attenta al nuovo. Dopo un periodo passato al D’O di Davide Oldani arriva la svolta: la decisione di aprire un proprio ristorante. Matteo, insieme a una giovane brigata, ha parte attiva in tutto, dalla organizzazione e dal lavoro in cucina fino al ricevimento in sala. Il segreto del suo successo sta nella tecnica, nella scelta di materie prime eccellenti, nella fantasia, nell’attenzione alle cotture e alle temperature di servizio, nella capacità di mantenere l’equilibrio dei sapori. “Per me – ci dice Matteo- la cucina è sostanza, con pochi fronzoli. Spesso l’alta gastronomia diventa status symbol, per me è, al contrario, proporre piatti fatti con materie prime eccellenti, selezionate con cura. E’ importante sapere fare la spesa, scegliere i fornitori giusti, i cui prodotti sono tracciabili”. L’idea del Manna? “Prima di tutto offrire la qualità a un prezzo accessibile. Poi la possibilità di esprimere la mia idea di cucina che è l’esaltazione dell’artigianalità”. La carta è divertente, ogni piatto ha un nome che si rifà ad un film, a un romanzo, ad un’espressione celebre e, per aiutare l’ospite, nel sottotitolo c’è una spiegazione che strappa il sorriso. Vi è anche un’interessante possibilità: la scelta della mezza porzione. La creatività di Fronduti da un anno si esprime anche in una Rassegna di menù provocatori denominata “Ignoranza, ovvero della cucina reazionaria” che vengono proposti periodicamente e seguono il filo di argomenti diversi, suggeriti dal suo estro. La carta dei vini è ben fornita ed organizzata, con circa 80 etichette scelte fra il meglio delle produzioni italiane, oltre ad alcuni champagne e ad una selezione di passiti di pregio, tra cui Picolit e Torcolato, per accompagnare i dolci. Disponibile anche un elenco di birre artigianali del Piccolo Opificio Brassicolo del Carrobiolo e del Monastero di Cascinazza di Buccinasco. Queste ultime sono birre prodotte secondo la tradizione birraia belga direttamente dai monaci nel convento, utilizzando la tecnica e i processi produttivi delle birre trappiste. “Definisco- continua Matteo- la mia cucina “attuale”, attenta al nuovo, pensata ma non di difficile interpretazione”. Dopo aver apprezzato due antipasti, un primo, un secondo e due dessert, posso dire che è assai azzeccata la scelta, in un’epoca di crisi, di non rinunciare alla qualità, cercando di contenere i costi. Da qui l’intelligente riscoperta di materie prime povere e il rispetto della stagionalità degli ingredienti. La carta vincente è la semplicità, che non è mai banalità; è la riscrittura della tradizione seguendo la via della concretezza. Ottimi i dolci che giocano sui contrasti di temperatura e sui giochi di consistenza. Matteo è una persona genuina, che non sembra attratta dal desiderio sfrenato di conquistare la celebrità, preferendo concentrarsi sulla cucina. Noto che sulla giacca non è riportato neppure il suo nome. “Non ha importanza chi sono, ma quello che propongo al mio ospite”. Non c’è arroganza, ma un grande rispetto per chi sceglie il suo ristorante per trascorrere una piacevole serata in nome del gusto. Io ho apprezzato, dietro al vezzo dei baffi a manubrio, la sua capacità di giocare con intelligenza , di essere ironico, di sapersi non prendere troppo sul serio e la sua capacità di dialogare con il cliente. Ma ci sarà pure una difficoltà da superare? Matteo non ha dubbi: “Fare quadrare i conti”. Esco dal ristorante Manna con una certezza: Fronduti propone una cucina personale, capace d’interpretare il presente, ma soprattutto il futuro della ristorazione. Di Monica Viani
PS Sul numero di giugno/luglio/agosto di Dolcesalato saranno pubblicate alcune ricette dello chef Matteo Fronduti