In un interessante articolo di Carlo Petrini pubblicato su “La Repubblica” di venerdì 23 agosto, il fondatore di Slow Food lancia un allarme. L’indirizzo dei siti termina con .it,.com oppure .org. I domini sono gestiti da una sola società, Icann, che dal 2012 ha deciso di consentire nuovi domini generici legati a termini in qualsiasi lingua. Perché così si mette in discussione Internet come spazio democratico? Come denuncia Petrini, sono già state inviate 1900 richieste, di cui molte riguardanti il cibo, come ad esempio .pizza, .wine. Solo pochi hanno la possibilità di comprare i domini e così si avvantaggerebbero solo i colossi del food a discapito dei piccoli produttori che, anche se riuniti in consorzi, non riuscirebbero a raccogliere i fondi necessari per l’acquisto. Sarebbe enorme il danno per quelle piccole aziende e quei piccoli produttori che utilizzano sapientemente Internet per farsi conoscere e per vendere attraverso l’e-commerce. Si impedirebbe ai cittadini di scegliere liberamente quali prodotti comprare. Chi ha il marchio Dop e Igp (12 miliardi in Italia, 54 in Europa) perderebbe terreno, sconfitto dalle contraffazioni. E’ un modo poi per manipolare l’informazione che sarebbe nelle mani di poche aziende, creando un conflitto d’interessi. Può tentare di fermare Icann il Gac, ente che raggruppa i governi che lo richiedono. Lo scorso 13 luglio Francia e Italia sono riuscite a bloccare il dominio .vin. In nome di un mercato e di una informazione libera, evitiamo che il web sia manipolato da pochi. Di Monica Viani
Dalla parte di chi naviga
© Riproduzione riservata