Negli Stati Uniti gli chef contano di più di attori, politici e artisti. Il cuoco non è più l’artista della cucina, è un businessman, un uomo capace di imporre le nuove tendenze, che sa sempre dove aprire i nuovi locali. Ora la tendenza è quella di sposare la cucina con l’arte, creando quell’attesa e quell’emozione provata dallo spettatore di fronte a uno spettacolo. Così non stupisce che molti giornalisti nelle interviste chiedano agli chef di esporre la loro filosofia, come se fossero intellettuali a cui chiedere ricette per salvare l’umanità. Una tendenza americana è l’apertura di ristoranti in luoghi dove non si va per caso. Parliamo dei “destination restaurants”, la cui fama va al di là dello squallore delle zone dove si trovano. Il ristorante diventa un brand, il ristoratore cura libri, è il protagonista di serie tv, diventa testimonial di prodotti enogastronomici. Il cuoco diventa personaggio, ma in cucina quanto ci sta? Poco, conta di più stare sulla cresta dell’onda, dando vita anche a locali popolari, alla portata dei ceti medi, semprepiù affascinati dalla cucina. E per accontentare i gusti di una popolazione che spesso ha origini sudamericane, asiatiche o africane, ben vengano le contaminazioni. E le donne? Rimangono ai fornelli, lo chef, più uomo marketing che cuoco, è un mondo tutto maschile, ma forse hanno ragione le donne: meglio essere una stella in cucina, che in televisione! Monica Viani
I ristoratori americani: ecco i nuovi imperatori
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