Errata corrige. Di seguito riportiamo l’intervista pubblicata sul numero 127 – maggio 2012 a pag. 82 di Dolcesalato al panificatore Alberto Boni all’interno dello Speciale Tecnica del Freddo. Nell’intervista pubblicata abbiamo infatti riportato erroneamente alcuni dati e soprattutto le temperature del processo di fermalievitazione che non sono positive, come nell’intervista pubblicata in cartaceo, bensì negative, come quelle che riportiamo in questa intervista. Ci scusiamo con i lettori e con il diretto interessato e vi inviato a leggere l’intervista corretta.
Quando hai iniziato a lavorare con il freddo e perché?
Si può dire che lo faccio da sempre, perché quando ancora non c’erano la fermalievitazione usavo il frigorifero per rallentare la fermentazione degli impasti. In particolare, mettevo gli impasti del pane a pasta dura, pane all’olio e integrale a 0°/2°C per rallentare il processo. Con l’avvento della moderna tecnologia sono riuscito a sviluppare un sistema di produzione che mi ha fatto risparmiare tempo di notte e acquistarlo di giorno per sviluppare più varietà e anche altre produzioni diverse dal pane come quella di pasticceria o di pasta fresca surgelata.
Come procedi nella tua produzione?
Generalmente la produzione viene fatta la mattina precedente per quella successiva. Una volta terminati gli impasti, dopo la formatura li metto nel fermalievita a –7°C per 4 ore poi inizia un lento risveglio, fino a raggiungere i +18°C in un tempo pre-stabilito che mi consente di cuocere il pane in base alle mie esigenze produttive. In questo modo, sono in grado di programmare la produzione anche in caso di festività o ponti. Sono riuscito a raggiungere fino a tre giorni, ovvero preparo gli impasti tre giorni prima per averli pronti da infornare la mattina del terzo giorno. Inizialmente ero scettico e temevo che il prodotto si alterasse, quando ho visto che questo non succedeva e che la clientela non notava la differenza mi sono ricreduto e anche altri colleghi chiedono consigli in merito. Il processo sopra descritto, infatti, può essere allungato fino a 72 ore.
Come risponde la clientela a questo tipo di produzione?
La clientela sa che lavoriamo con il freddo, ma nello specifico non sa di cosa si tratta, quello che percepisce è la bontà del pane fresco tutti i giorni. Questo penso che sia il riscontro migliore che si possa ottenere.
È necessario l’uso di miglioratori per il freddo?
Io non ne faccio uso, a parte una piccola percentuale (0,5%) di farina di cereali maltati per alcuni impasti. Non solo non uso miglioratori, ma riesco addirittura a lavorare con pasta acida e poco lievito compresso. Se si rispettano i tempi e si cuoce al momento opportuno gli impasti che risultano più avanti nella lievitazione, non è necessario altro se non gli ingredienti previsti dalla ricetta. A questo, ovviamente, si aggiunge anche la scelta di una farina di ottima qualità.
Tutto il pane passa per questo processo?
Certo, dalla pasta dura, che è quella che da noi va per la maggiore (circa il 60% delle vendite, ndr), nelle sue diverse forme, ai pani speciali fino a quelli regionali come il pugliese. In totale produciamo circa 35/40 tipi diversi di pane dai 20 g da ristorazione fino ai 1200 g del pugliese. Abbiamo anche una grossa produzione di focaccia, che è una via di mezzo tra la nostra e quella ligure, che per la clientela locale è un po’ troppo unta. Facciamo circa 60 teglie di focaccia al giorno che vendiamo tra il punto vendita principale, la rivendita e anche alcuni negozi di alimentari di paesi.
Anna Celenta