Non è una notizia di tutti i giorni: l’Italia ha superato la Francia nella produzione dei vini. La Commissione Europea ha rilevato una produzione di 49,6 milioni di ettolitri per l’Italia, contro i 46,2 milioni di ettolitri della Francia. Per Coldiretti l’export nell’ultimo anno è aumentato del 15%, risultato di una crescita record negli Usa (31%) e di un forte incremento in Germania. All’interno della UE registriamo un più 6%. L’esportazione globale aumenta a 393 miliardi di euro, superiore per la prima volta ai consumi nazionali. Il risultato ottenuto è dovuto soprattutto per la decisione della Francia di ridurre la quantità enologica, a partire dallo Champagne. Perché? Le cantine erano piene, si assisteva a una diminuzione della domanda e si registrava un calo nell’esportazione. I vignerons francesi , piuttosto che abbassare i prezzi, hanno preferito stringere i denti e non svendere. Una politica che oggi sembra pagare con il timido risveglio dei mercati. In Italia si è, al contrario, preferito vendere, diminuendo i prezzi. La politica del ribasso ha aiutato le esportazioni, ma a che cosa assistiamo? Nel settore degli spumanti il prezzo medio al litro di un vino italiano negli USA è oggi di 5 dollari contro i 23,9 dollari di un vino francese. In realtà pochi affrontano, poi, un problema che sta diventando sempre più reale: la temuta liberalizzazione di Bruxelles nell’impiantare nuove vigne. Paesi come il Cile o l’Australia, che dispongono di immensi territori, non sottostarebbero alle regole finora seguite, con il rischio che a vincere sia un vino di pessima qualità. E se, invece, fosse meglio puntare sulla qualità?
Il sorpasso, è vera gloria?
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