A Erice, città medievale che sovrasta Trapani, si trova “La pasticceria” di Maria Grammatico, una pasticceria che ripropone i dolci prodotti nel ‘400 dalle religiose di clausura francescane. La storia di Maria può essere raccontata come una favola a lieto fine: c’era una volta un’orfanella cresciuta dalle monache dell’Istituto Sangallo di Erice… La favola non racconta, se per gioco o per dispetto, a insaputa delle suore, Maria memorizzasse di nascosto le ricette e i segreti dell’antica tradizione dolciaria trasmessa per cultura orale dalle suore. In particolare impara i gesti necessari per preparare i “dolci di badia”, ovvero la frutta martorana. Diventata adulta, Maria decide di aprire una pasticceria. La favola diventa realtà e così Maria regala agli abitanti di Erice, ma anche ai numerosi turisti, dolci del passato, prodotti rispettando le antiche ricette e le tecniche. Entro in una pasticceria ricca di colori e di profumi. Maria mi accoglie con un vassoio di genovesi e anticipa le mie domande: “prima si assaggia e poi si fanno domande”. Il negozio propone sospiri (mandorle, zucchero, albume, limone e zucchero a velo); dessier (mandorle, zucchero, albume e limone); lingue di suocere (farina, zucchero, burro, uova, conserva di cedro), agnalli pasquali (mandorle, zucchero, conserva di cedro, glucosio, vaniglia, colori naturali); cassate siciliane; cuori (mandorle, zucchero, conserva di cedro, glucosio, vaniglia, coloranti naturali); cannoli; pasta reale (mandorle, zucchero, conserva di cedro, glucosio, vaniglia, coloranti naturali); genovesi (farina, zucchero, margarina, uova, crema di latte, scorza di limone); buccellati di fichi (farina, zucchero, margarina, chiodo di garofano, cannella, fichi, ammoniaca e vaniglia); mostaccioli (farina, zucchero, chiodo di garofano, mandorle, ammoniaca) e la frutta martorana. Assaggio la genovese, chiedo il segreto di tanta bontà: “da 47 anni è il mio cavallo di battaglia. La ricetta l’ho imparata dalle suore. Si tratta di fare un’ottima pasta frolla farcita con una crema fatta con latte, uova, amido e buccia di limone. La genovese va servita preferibilmente calda”. Che cosa rende unici i suoi dolci? “Uso solo prodotti di qualità, colori vegetali stesi a mano con i pennelli, aiutata da 20 collaboratori, ai quali ho insegnato una tradizione che rischiava di andare perduta”. Quante sono le sue proposte? “18 specialità tutte siciliane, tra cui spiccano i dolci al cioccolato proposti con un goccio di zibibbo o con uva passa e rum”. Maria propone anche confetture e marmellate senza conservanti. La storia della pasticcera cresciuta in convento è nota anche negli Stati uniti e in Inghilterra. Con una giornalista americana ha realizzato un libro, “Bitter almonds” (“Mandorle amare”). Le chiedo un ultimo ricordo del suo apprendistato in convento: “Nelle ruote venivano riposti i dolci e molti cittadini di Erice li prendevano, lasciando un’offerta”. Che cosa teme per il futuro? “ La perdita di una tradizione, pochi giovani vogliono fare gli artigiani”.
I dolci di badia
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