Andrea Zanin, un pasticciere alla conquista di Dubai. Con i dolci, ma anche con il suo spirito imprenditoriale
Tutti lo conoscono come accademico; pochi sanno che Andrea Zanin non è solo un pasticciere, ma anche un imprenditore con un debole per il made in Italy. «Sono figlio d’arte, i miei genitori negli anni ‘50 hanno aperto un forno a Venezia e alla fine dei ‘60 si sono trasferiti prima a Treviso e poi a a Mestre, dove hanno cominciato a produrre solo pasticceria. Nell’80 io e mio fratello Giorgio siamo subentrati ai nostri genitori: Giorgio in produzione, io come barman. Ben presto mi sono appassionato alla pasticceria e dall’86 ho continuato a dedicarmici con passione. Ho aperto diversi locali tra Venezia e Mestre, conquistando molti riconoscimenti, vedendo premiata la mia capacità di personalizzare l’attività. Vincere un concorso è soprattutto una sfida, impari a metterti alla prova; più che la bravura conta sapersi organizzare, combattere contro il tempo. In realtà poi vinci quando incontri il plauso del tuo cliente. Le mie proposte si rifanno alla tradizione, ma sono sempre rivisitate in base al mio estro e a ciò che ho appreso nelle più grandi maison parigine». È stata importante per te la Francia? «Ne sono sempre stato affascinato, l’artigiano è un artista, che, attraverso la produzione di dolci, fa conoscere la sua firma e la sua personalità». Il tuo rapporto con Venezia? «Per me è essenziale affermarsi nel proprio territorio. Io oggi sono un’azienda di riferimento: ho gestito La Fenice e la Biennale, ho fornito per i dolci il Casinò e tante altre realtà veneziane. Le istituzioni si rivolgono a me per organizzare o gestire diverse occasioni importanti. Io non sono solo un artigiano, voglio essere riconosciuto come un imprenditore, capace di sviluppare idee, di creare un brand. Dal punto di vista professionale, ho raggiunto la notorietà, la sfida ora non è più la produzione, ma imporre all’estero il marchio Andrea Zanin, un marchio che vuole rappresentare l’eccellenza italiana, in particolare il fascino di Venezia. Io non voglio fare conoscere solo i miei prodotti, ma esportare un concept, uno stile che richiami il gusto e l’arte di creare il bello, rigorosamente made in Italy. Così non presento solo i miei dolci, ma un progetto fatto di prodotti e di produttori italiani di alta qualità». Come scegli i tuoi partner? «Stimo chi lavora nel proprio territorio e sviluppa un progetto che lo valorizzi. Nel caso dell’arredamento ho sempre collaborato con Stefano Roccamo e quando ha dato vita a Ingegno Shop ho continuato a lavorare con lui, preferendo il rapporto diretto. Io scelgo sempre la qualità, il bello, soprattutto quando desidero lavorare all’estero. Il format della pasticceria di Mestre sarà portato a Dubai, con piccoli accorgimenti per adattarsi ai gusti arabi. Anche negli Emirati Arabi porterò le stesse texture, la linearità pulita, l’eleganza dei colori». Il segreto del tuo successo? «Costruire relazioni, fare sistema per creare un progetto a 360°».
Nella vita contano le sfide
Ci descrivi più in dettaglio la tua prossima sfida? «Palazzo Versace, un albergo extra lusso, legato a un marchio di alta moda. 700 milioni di euro di investimento, 200 camere, 200 appartamenti, tutto rigorosamente made in Italy per essere l’albergo più esclusivo al mondo. In questa struttura gestirò il ristorante “Andrea Zanin exclusive dinner” e una pasticceria. Ma non mi fermo qui. All’interno del Palace Ottoman, gestirò un club riservato ai più giovani, un fun dinner, ricco di sorprese gastronomiche e di musica. Al mattino verranno poi organizzati corsi di cucina italiana». Come hai fatto ad arrivare a tanto? «Con un grande lavoro di preparazione, ho creato una società di consulenze e ho sempre prestato molta attenzione a scegliere i miei collaboratori, che sono ben 300! Lo staff e il management è tutto italiano ed è un segno di lustro. L’executive chef è Giovanni De Ambrosis, io stesso assicurerò la mia presenza per interi mesi all’anno. Il tutto è in stretta collaborazione con l’ambasciatore italiano a Dubai Giorgio Starace». Dalla pasticceria alla ristorazione? «Dopo la mia esperienza in Francia, mi sono avvicinato al catering. Ho organizzato grandi eventi per l’alta moda e per aziende di successo, come, per esempio, il catering per la mostra del cinema o la presentazione dei gioielli di Bulgari e qualche matrimonio di celebrità. Il catering mi è servito per costruire una forte identità». E i finanziamenti? «Bastano il coraggio, la credibilità e le relazioni. Io offro l’idea e ne seguo la realizzazione». I tempi per il tuo progetto? «10 anni». E dopo? Sorride e con aria furba: «Imparo a giocare a golf!» E la pasticceria di Mestre? «Cerco d’interpretare i desideri dei miei clienti, sfruttando al meglio gli spazi concessi da un piccolo locale. D’estate sfrutto il dehor, soprattutto per l’happy hour».
L’Italia, un’occasione persa
Ci raggiunge Alessandro Zulian, socio con Andrea, nella gestione del ristorante Villa Condulmer a Mogliano Veneto. Sono grandi amici, insieme condividono la passione per la ristorazione e lo stesso modo di vivere una professione che sta rischiando di perdere la sua identità. «Ho passato la mia vita in albergo – ci dice con soddisfazione Alessandro – eppure ho iniziato per caso. Marinavo la scuola per andare a suonare la chitarra in spiaggia. Quando mio padre lo ha saputo, mi ha mandato a lavorare in albergo e là ho scoperto la dignità di un lavoro affascinante e una passione che non mi ha più abbandonato. La nostra è una vita venduta ai nostri clienti. Purtroppo oggi in Italia si sta perdendo il gusto; all’estero, invece, lo si ingentilisce. Lo Stato all’estero cura che i servizi siano di qualità, difende un lavoro antico; in Italia no e questo si traduce in occasioni perdute per i giovani”. La sfida con Andrea? «Far rinascere un’antica villa proponendo la qualità in un territorio dove la parola eccellenza è poco valorizzata. Mestre è legata a Venezia, una città virtuale, con un futuro incerto, dominata da una lentezza che si scontra irrimediabilmente con la velocità dei tempi moderni. L’Italia è un paese dove emergono le personalità singole, è difficile lavorare in team in nome di un progetto comune». Un’ultima domanda ad Andrea prima che vada in Biennale: molti artigiani rifiutano il termine imprenditore, lo considerano uno svilimento della loro professione. «Essere imprenditori è una sfida, significa stare nel mercato. Occorre sapere leggere i cambiamenti sociali ed economici».
Non ci resta che aggiornarvi sulle prossime tappe della sfida di Andrea, un italiano che con coraggio affronta il mercato estero in nome dell’Italia.
(Isabella Santoni – Dolcesalato n. 111, gennaio 2011)