Dopo aver affrontato il tema degli addensanti e gelificanti nella produzione di pasticceria ci focalizziamo su quella di gelato. Le necessità del prodotto freddo sono infatti differenti come diversi sono gli idrocolloidi impiegati
Ci auguriamo che non vi sia sfuggito lo scorso numero di Dolcesalato (n. 53 marzo 2006 – vedi nel sito sotto la sezione Pasticceria) perché questa è la naturale continuazione di un articolo iniziato un mese fa, sia perché il confine tra gelateria e pasticceria è sempre meno netto, molte pasticcerie oggi infatti producono anche gelato, sia perché torneremo su certi argomenti già trattati nel numero precedente, dando per scontato che alcuni concetti siano già stati acquisiti. Il discorso, tuttavia, è stato separato per permetterci di trattare questa tematica così complessa e vasta in modo completo e, nello stesso tempo, perché, come vedremo, alcuni addensanti sono specifici per la produzione di gelato e non adatti a quella di altri dolci di pasticceria “più caldi” o viceversa. Il termine addensante si colloca sotto un’unica voce, “additivi”, i quali possono comprendere anche prodotti gelificanti e stabilizzanti, sono regolamentati dalla legge (DM 27.2.1986 n. 209) e devono essere riportati in etichetta con la lettera “E”, seguita da un numero. La maggior parte degli addensanti impiegati nei prodotti dolciari sono di origine naturale, non sintetica, tuttavia possono essere usati a dosaggi precisati dalla legge, salvo alcune eccezioni. Questo rende l’informazione diretta al consumatore finale un po’ distorta, poiché si pensa che dietro quella sigla e quel numero si celi chissà quale strana sostanza nociva per la salute. Questi prodotti possono fungere da addensanti a certi dosaggi o condizioni, ma diventare gelificanti ad altre. Oppure uno stesso prodotto può addensare (rendere viscosa una sostanza liquida) in combinazione con altri additivi o gelificare (il liquido diventa più gelatinoso) se lavora in sinergia con altri ancora. Essi possono provocare un aumento della viscosità in maniera bidimensionale, ovvero è possibile notare un certo cambiamento nell’aspetto del prodotto che rimane tuttavia ancora fluido; oppure tridimensionale, quando l’aumento di viscosità è tale che è possibile notare a occhio nudo lo stato di “solidificazione” del prodotto. La funzione degli addensanti in gelateria, come in pasticceria, è dunque quella di rendere più viscosa una sostanza liquida. Gli idrocolloidi, sottraendo acqua alla miscela di gelato, evitano che questa si trasformi in ghiaccio. Ne consegue che, meno ghiaccio ci sarà nel gelato, più risulterà cremoso, morbido, stabile allo sgocciolamento e “caldo” al palato. Essi permettono anche di prolungare la shelf-life del prodotto stesso e di poterlo trasportare con facilità senza che subisca shock termici. La lista degli addensanti è molto lunga e ognuno di essi ha delle proprietà specifiche che, come accennato, si potenziano o annullano se miscelati ad altri idrocolloidi o ad altri ingredienti che formano la miscela gelato. Ecco, quindi, che diventa necessario conoscerne l’origine, la composizione, le proprietà e le temperature di utilizzo, nonché le interazioni con altre sostanze, per sfruttare al meglio queste potenzialità, ma anche per non sbagliare la ricetta con l’inevitabile spreco di risorse, anche economiche.
In origine si usavano…
Nelle ricette più antiche il primo addensante è stato sicuramente l’uovo, ma la farina di semi di carrube e la farina di semi di guar sono gli idrocoillodi di più antica origine nella produzione di gelato artigianale. In particolare il blend di queste due sostanze, prima che si scoprissero gli alginati e le loro doti, è stato per anni impiegato per ispessire la miscela gelato.
La farina di semi di carrube (E410) è un idrocolloide ricavato dalla decorticazione e macinazione calibrata dei semi di una pianta della famiglia delle Leguminose, il carrubo (Ceratonia siliqua), tipica dei Paesi del bacino del Mediterraneo. Chimicamente è un galattomannano formato da una catena di mannosio (monosaccaride presente allo stato libero nella buccia d’arancia, ottenibile anche per ossidazione della mannite) con ramificazioni di galattosio (esosio, ovvero zucchero con sei atomi di carbonio, che si ottiene dall’idrolisi del lattosio e che si riscontra anche, come polisaccaride, in certe specie di legno) in rapporto di uno a quattro. La farina di semi di carrube si scioglie solo a caldo e necessita di 2-3 minuti a 80°C per essere completamente solubilizzata e attivare le sue proprietà addensanti. La sua dispersione a freddo non crea problemi, in quanto la sua insolubilità a queste condizioni, non provoca la formazione di grumi. Essa è piuttosto instabile in ambiente acido, ma se correttamente idratata permette, in sinergia con altri idrocolloidi, specialmente quelli derivati dalle Rodoficee (come per esempio agar agar e carragenine), di ottenere una struttura setosa e “calda”. La presenza di farina di semi di carrube aumenta la forza gelificante e riduce o addirittura annulla la sineresi. Una caratteristica poco conosciuta è la sua intolleranza al congelamento. A contatto con il freddo, infatti, i legami che vengono sciolti durante la fase di dispersione ad alte temperature si formano nuovamente, annullando in parte le sue facoltà viscosizzanti. Per ovviare agli effetti negativi e potenziare quelli positivi, diventa quindi importante conoscerne le caratteristiche e le interazioni e trovare la giusta combinazione con altri idrocolloidi. Uno di questi è il guar.
La farina di semi di guar (E412), proprio come la farina di semi di carrube, viene estratta dai semi di baccelli di una Leguminose (Cyamopsis tetragonoloba) che si coltiva principalmente nei Paesi dell’estremo Oriente come Pakistan e India. È un galattomannano ma, data la ramificazione più pronunciata rispetto alla carruba sulla catena macromolecolare (un galattosio per due mannosi), il guar è solubile anche a freddo in acqua o latte ed è particolarmente stabile in ambiente acido. Durante la fase di miscelazione a freddo bisogna fare attenzione perché si formano facilmente dei grumi, per questo è consigliabile mescolarla a secco con altri solidi, come per esempio zucchero semolato. L’obiettivo è quello di legare la sostanza addensante con altri elementi che ne permettano la facile dispersione nella miscela gelato. Bisogna inoltre fare molta attenzione al dosaggio: una percentuale troppo elevata di farina di semi di guar (si consiglia una dose inferiore allo 0,15-0,20%) rende il gelato molto colloso e non spatolabile, può inoltre interferire sulle caratteristiche organolettiche del prodotto finito. Per evitare sovradosaggio e per sottolineare la sue proprietà, solitamente la farina di semi di guar si usa in combinazione con la farina di semi di carrube. Grazie a questa sinergia anche il problema di rilascio dell’acqua di quest’ultima viene annullato.
Altri addensanti
La farina di semi di tara (E417) è un idrocolloide ricavato dalla decorticazione e macinazione calibrata dei semi del Tara (Caesalpinia spinosa), una Leguminose tipica dei Paesi del Sud America, come Perù e Bolivia. La gomma di tara o farina di semi di carrube peruviana fa parte della famiglia dei galattomannani: la sua struttura è formata da una catena di mannosio con ramificazioni di galattosio in rapporto di uno a tre. Le sue caratteristiche sono simili a quella della comune farina di semi di carrube, ma diversamente da questa è solubile a freddo e più stabile in ambiente acido. La farina di semi di tara si scioglie, infatti, per l’80% a freddo, ma raggiunge la completa solubilità a caldo. A freddo non presenta particolari problemi relativi alla formazione di grumi, anche se bisogna prestare molta attenzione nel dosaggio e particolare cautela nel mescolamento, versandola nel liquido e non viceversa. La farina di semi di tara ha un’alta viscosità e rilascia un piacevole sapore. Le dosi d’impiego vanno dallo 0,5 all’1% e sono mediamente inferiori del 10-15% rispetto a quelle della farina di semi di carrube tradizionale, per ottenere i medesimi risultati. Questo idrocolloide come la “sorella maggiore” presenta sinergia con idrocolloidi marini come agar agar e carragenine. La presenza di farina di semi di tara nei prodotti aumenta la forza gelificante e riduce o annulla la sineresi, dà soluzioni ben addensate e trasparenti in acqua. Nell’applicazione per la produzione di alimenti gelati ha una marcia in più rispetto alla farina di semi di carrube, poiché ha una buona stabilità al congelamento/scongelamento con rilascio d’acqua ridotto nonché fusione lenta. Data la sua elevata viscosità favorisce un buon overrun (presenza d’aria) nel gelato.
La CMC (carbossimetilcellulosa – E466) è un derivato solubile della cellulosa (anche la carta deriva dalla cellulosa ma non è solubile!) che si scioglie velocemente a freddo dando strutture setose, lucide e molto cremose. Apporta corposità e una texture particolarmente fine al gelato anche se certe volte risulta un po’ collante. Per questa ragione, infatti, è preferibile utilizzarla con altri idrocolloidi come guar, alginati, carruba, ma soprattutto con la carragenina, poiché questa è in grado di evitare la precipitazione (da un punto di vista chimico, precipitare significa separarsi dalla soluzione e depositarsi sul fondo) delle proteine del latte, è quindi ideale nella produzione di gelati a base latte. La CMC è solubile a freddo in acqua, origina soluzioni trasparenti ed è possibile produrla con viscosità da basse ad altissime. Nella produzione di gelato artigianale si preferisce un prodotto di media viscosità perché si disperde più facilmente e non forma grumi. Data la sua alta capacità addensante bastano dosi minime.
Le Gomme
La gomma xanthano (E415) è un eterepolisaccaride (l’etere è un composto organico costituito da due radicali idrocarburi uniti da un atomo di ossigeno) ottenuto per fermentazione di un substrato (sostanza o miscela di sostanze su cui agisce un reattivo o reagente) a base di carboidrati, una sorgente di azoto e da altri elementi di crescita, attraverso il batterio Xanthomonas Campestris. Il peso molecolare dello xanthano è molto elevato, da uno a parecchi milioni, ed è costituito da un’unità ripetitiva di cinque saccaridi di cui la principale è composta da due unità di glucosio e una catena laterale di D-mannosio, acido B-D glucuronico (acido organico derivato dall’ossidazione del glucosio) e B-D mannosio. Oltre a un gruppo acetilico (l’acetile è un radicale monovalente ottenuto dall’acido acetico per perdita del gruppo ossidrile, un gruppo funzionale monovalente caratteristico degli alcoli, dei fenoli, degli idrossidi e degli ossiacidi, rappresentato con formula –OH) legato al mannosio abbiamo anche un gruppo costituito da acido piruvico (acido organico monobasico, liquido, importante in biochimica come intermedio di reazioni enzimatiche e di fermentazioni), che conferisce il tipico odore al prodotto in polvere. Questo idrocolloide si presenta sottoforma di polvere più o meno fine o granulare ed è solubile a freddo in acqua. Le varie molecole che compongono la gomma xanthano si dispongono secondo una struttura elicoidale scorrendo l’una sull’altra quando il liquido viene sottoposto a un’azione di taglio (miscelazione) per poi riprendere istantaneamente la posizione iniziale quando l’effetto cessa: questa è la proprietà pseudoplastica dello xanthano. Resiste bene a pH acido e a concentrazioni saline elevate. Mantiene una viscosità costante alla temperatura di 70°-80°C. La gomma xanthano è un ottimo stabilizzante nelle emulsioni, sospendente (la sospensione chimica è la dispersione di particelle solide in un liquido) in prodotti acidi e presenta delle rimarchevoli sinergie con i galattomannani. Il gelato prodotto con la gomma xanthano presenta una fusione più lenta dando la sensazione di freddo meno intenso in bocca. Il potere addensante è elevato anche con dosi minime e permette di preparare sorbetti cremosi e stabili anche in assenza di grassi o latte.
La Gomma adragante (E413) è un polisaccaride naturale prodotto dall’albero Astralagus genus anch’esso della famiglia delle Leguminose che cresce in Asia Minore, Persia, Kurdistan, Siria e Turchia. Questa pianta essuda una gomma: i tagli verticali producono dei pezzi piatti a forma di fiocco mentre i piccoli buchi producono delle “lacrime” o cristalli privi di colore o giallo pallido, inodori e quasi insipidi. La polvere che si ricava è quindi bianca o giallastra e priva di odore. La gomma adragante è costituita principalmente da una sostanza solubile (traganthin) e una insolubile (bassorin). Contiene inoltre tracce di amido, cellulosa e sostanze nitrogene (azoto). A contatto con l’acqua la traganthin diventa una soluzione colloidale, la bassorin, invece, si gonfia formando una massa gelatinosa. La gomma adragante è la più viscosa tra le gomme naturali conosciute, è solubile in acqua e ha un elevato valore emulsionante, buona stabilità al calore, all’acidità e al tempo.
La gomma arabica (E414) o gomma acacia è la resina dell’albero Acacia Senegal. È forse la gomma naturale più antica, il suo impiego risalirebbe, infatti, agli antichi egizi, dove era usata come legante in cosmetica e negli inchiostri, nonché nel processo di mummificazione. Fu introdotta in Europa attraverso diversi porti arabi, da cui deriverebbe il nome. Si tratta di un agente emulsionante eccellente che aiuta a mantenere il prodotto a lungo nel tempo. Dona stabilità alle emulsioni “olio in acqua” e non maschera i sapori in quanto non lascia retrogusto. A secco la gomma arabica è costituita al 95% da fibra solubile. Esistono tre diverse frazioni di gomma arabica: Arabinogalactan (circa 88% della molecola e circa 15% della frazione del polipeptide); complesso Arabinoigalactan (proteina costituita dal 10% della molecola e quasi il 15% di polipeptide); Glicoproteina (1% della molecola e quasi la metà della frazione del polipeptide). Nella produzione del gelato è in grado di controllare la formazione dei cristalli di ghiaccio, previene la sineresi e allunga la shelf-life del prodotto.
Gli alginati
Farina di semi di carrube e farina di semi di guar sono stati gli addensanti per antonomasia nel settore gelateria fino a quando non sono comparsi sul mercato gli alginati, in particolare l’alginato di sodio e l’alginato di propilenglicole. Un alginato è un sale dell’acido alginico, ovvero un acido poliuronico (acido risultante dall’unione di più molecole di acido uronico) presente in alghe marine. L’alginato di sodio si estrae da alcuni tipi di alghe tipo Laminaria, Ascophillum e Macrocystis pyrifera. L’estrazione avviene per mezzo di un acido minerale con formazione di acido alginico che, insieme all’alginato di calcio, è insolubile in acqua. L’acido alginico viene poi trasformato in sale di sodio, di potassio o di ammonio che sono solubili a freddo in acqua, quello più utilizzato nel gelato è, appunto, il sale di sodio o alginato di sodio (E401). La catena polimerica (un polimero è un composto chimico, generalmente di natura organica, di elevato peso molecolare, ottenuto partendo da un monomero per mezzo di reazioni di polimerizzazione) di questo alginato è costituita da monomeri (molecola di basso peso molecolare che può reagire con molecole uguali o diverse per dare origine a polimeri) di acido mannuronico e acido guluronico. Se prevale il primo, l’alginato avrà maggiore potere ispessente in presenza di ioni calcio; sarà maggiore il potere gelificante, invece, quando predomina l’acido guluronico. In presenza di ioni calcio, l’alginato di sodio forma, infatti, una struttura chiamata egg box (scatola di uova) che porta alla formazione di gel anche forti. Quando la presenza di ioni calcio è eccessiva, come per esempio nel latte, l’alginato di sodio precipita, ovvero si separa dalla soluzione depositandosi sul fondo. Per favorire la solubilizzazione dell’alginato di sodio nel latte a freddo è quindi necessario aggiungere dei sequestrati (detto di sostanza capace, in soluzione, di alterare o mascherare le proprietà chimiche delle sostanze con cui si combina) di calcio come i fosfati, che sono ammessi per legge in ragione di massimo 15% sull’alginato. Un’alternativa è quella di sciogliere l’alginato di sodio in latte caldo a 70°-80°C. Esso viene impiegato nel gelato a base latte in ragione dello 0,1-0,5%, conferendo una buona stabilità al prodotto finito e una struttura liscia, anche se non particolarmente “calda”. Nei gelati industriali dove alla spatolabilità si preferisce la stabilità del prodotto è un addensante molto usato. L’alginato di calcio perde le sue proprietà in ambiente acido (al di sotto di pH 4.0 infatti precipita), nei gelati di frutta lo si sostituisce quindi con alginato di propilenglicole (E405), che è una “modifica” dell’alginato di sodio. Esso si ottiene, infatti, attraverso l’esterificazione dell’alginato di sodio con propilenglicole (alcol bivalente usato come umettante, plastificante o consolvente). È solubile a freddo in acqua ed è resistente a pH acidi, quindi è particolarmente indicato per gelati acidi di frutta o per variegature acide. Nei gelati artigianali, che non necessitano di stoccaggio, l’alginato di propilenglicole viene impiegato anche da solo, in quelli industriali è unito a farina di semi di carrube.
Carragenina, gelatina e pectina nel gelato
Nel numero scorso (nel sito edi idrocolloidi sezione Pasticceria) abbiamo trattato questi idrocolloidi in maniera approfondita perché sono quelli più usati nella pasticceria, di seguito, quindi, ci limiteremo a dare delle informazioni relative al loro impiego nel campo della gelateria. Come accennato poco sopra la carragenina (E407) agisce in sinergia con la CMC, evitandone la precipitazione in presenza del latte. Essa, infatti, è un potente stabilizzante anche a bassi dosaggi che interagisce con le proteine del latte formando dei complessi stabili o precipitando quando il pH della soluzione è al di sotto o al di sopra del punto isoelettrico della proteina. La carragenina contribuisce alla finezza e cremosità dei gelati a base latte ed effettivamente la sua reattività al latte permette di ottenere delle viscosità costanti nella miscela, anche in tempi di maturazione lunghi, ritarda infine la fusione del prodotto finito. Essa sopporta bene le temperature di pastorizzazione e sterilizzazione. Se la sinergia con le proteine del latte è molto accentuata, però, si rischia di ottenere una struttura troppo rigida togliendo cremosità al gelato. La carragenina è un ottimo idrocollide anche nella produzione di gelati di frutta non acida.
La gelatina è un gelificante raramente usato nella produzione di gelateria, ma può dare ottimi risultati sotto certi aspetti. La sineresi nei gelati prodotti con gelatina animale è molto limitata e la sua fusibilità conferisce al gelato una particolare sensazione di cremosità, vicina a quella dei grassi, e una particolare ricchezza del prodotto finito. Essendo una proteina ha anche potere emulsionante. È solubile in acqua calda a 50°-60°C e, al raffreddamento, forma gel elastici. Le gelatine idrolizzate (l’idrolisi è la scissione di una sostanza per mezzo dell’acqua) sono solubili a freddo, ma non sono impiegate in gelateria esse, infatti, si usano solo come collanti nella produzione di snack o come apporto proteico nelle carni.
La pectina è un idrocolloide difficile da lavorare nella produzione del gelato. Sia le pectine HM (alto metossile) sia quelle LM (basso metossile) sono resistenti a pH acidi e quindi possono essere impiegate nella produzione di gelati alla frutta, dove fungono da colloide protettore della caseina, soprattutto le HM.
Miscele bilanciate
Una volta studiate le proprietà dei diversi addensanti e le possibili sinergie con altri idrocolloidi giunge la parte più difficile, ovvero il loro bilanciamento. Le dosi previste per ogni singolo addensante come la percentuale di miscela sull’intera ricetta è minima e, viste le proprietà addensanti, gelificanti, stabilizzanti ed emulsionanti, in alcuni casi anche elevate, dei singoli idrocolloidi, sbagliare anche di un solo grammo può compromettere tutto il lavoro. Non solo, bisogna prestare attenzione anche alla fase di miscelazione: gli addensanti non vanno mai incorporati direttamente nella sostanza liquida così come sono, è necessario mescolarli a secco con altre polveri come zucchero o latte in polvere, per esempio, e solo successivamente versarli con cautela nel liquido, per evitare la formazione di grumi. Vista la difficoltà, da un lato, di reperire i singoli addensanti in quantità minime adatte ai laboratori artigianali e, dall’altro, quella ben più grande di bilanciare in maniera precisa i diversi prodotti, le aziende di ingredienti composti e materie prime per gelateria e pasticceria hanno messo a disposizione il proprio know-how formulando miscele molto concentrate di stabilizzanti ed emulsionanti che vengono chiamate neutri (perché non apportano nessuno odore, sapore o colore, nello specifico sono detti “neutri industriali” poiché sono un ingrediente tipico per la produzione di gelato industriale) o basi (ideate appositamente sulle esigenze degli artigiani). Anche i neutri devono essere miscelati a secco normalmente con dieci volte il loro peso di zucchero, per esempio 2 g di neutro saranno mescolati con 200 g di zucchero semolato. Per le basi bilanciate, questo problema non esiste perché normalmente sono già miscelate con altri ingredienti come zucchero o latte in polvere. Dato per acquisito che all’interno di una base la miscela di addensanti, emulsionanti e stabilizzanti o neutri copre sempre la stessa percentuale (mediamente dal 2 al 7%), a questa le aziende aggiungano altre componenti (come zuccheri, proteine, grassi, ecc.), per arrivare a 50, 100 o 150 g di prodotto. La base 50 (così chiamata perché è necessario usarne 50 g per litro di latte), la prima a essere introdotta sul mercato, per esempio, è composta dai seguenti valori medi: 14% neutri, 40-50% latte magro in polvere, 40-45 g destrosio. Per la base 100, mantenendo 7 g di neutro iniziali, verranno aggiunti altri ingredienti per raggiungere 100 g di prodotto. Si avranno, quindi, i seguenti valori medi: 7% neutri, 40% zucchero, 20% l.m.p., 30% altro. Come abbiamo già visto nella prima parte dell’articolo ogni addensante ha delle caratteristiche che si rivelano efficaci a determinate condizioni, ricordiamo che alcuni, per esempio, lavorano bene in ambiente acido, altri interagiscono con le proteine del latte. Ne consegue che le aziende hanno studiato neutri o basi specifiche per la lavorazione di gelati alle creme e per quelli di gelati alla frutta. I neutri per frutta sono normalmente solubili anche a freddo, quelli per le creme prediligono invece la preparazione a caldo. In entrambi i casi vanno inseriti alla miscela di gelato quando questa è a circa 40°-50°C, in alcuni casi anche a 70°C (la temperatura viene indicata direttamente sulla confezione), poiché la loro azione avviene durante la fase di pastorizzazione. I neutri o le basi per frutta sono di rapida idratazione e devono essere bilanciati per sopportare l’acidità della frutta per lungo tempo senza subire alterazioni come il rilascio di acqua o, con il freddo, la formazione di cristalli di ghiaccio grossolani. Mentre la frutta fresca, se venisse pastorizzata, subirebbe un cambiamento nel sapore, il gelato alle creme per sviluppare il massimo delle sue potenzialità ha bisogno di essere scaldato e, possibilmente, maturato per alcune ore. In questo caso, quindi, la base sarà composta da idrocolloidi che si idratano meno rapidamente rispetto a quelli usati per la frutta. Diverse sono infine le necessità dell’artigiano che preferisce saltare il ciclo di maturazione: sono, infatti, necessari ancora una volta idrocolloidi dal rapido sviluppo ma, se la miscela è alla crema, che lavorino in ambiente non acido.
L’agar agar anche nel gelato
È poco utilizzato in pasticceria per i costi elevati e per scarsa conoscenza. Lo è ancora meno in gelateria, ma l’agar agar ha delle caratteristiche che lo rendono perfetto anche nella produzione di prodotti sottozero. Diversamente da altri idrocolloidi, per esempio, è compatibile con pH acidi (meglio se superiori a 3.5) è quindi in grado di esplicare la sua azione indipendentemente da questo fattore, ottimo allora nella produzione di gelati alla frutta. Può essere disciolto sia in acqua sia nel latte, è un gelificante che funziona sempre ed è reversibile nonché più resistente ai trattamenti termici. L’agar agar ha un’elevata forza gelificante che può arrivare, in base alle soluzioni, all’1,5% in acqua distillata fino a 1.200/1.500 g/centimetro quadrato. L’intervallo tra temperatura di gelificazione e di fusione del gel (che è mediamente di 50°C) è ampio. L’agar agar ha una grande adattabilità, ovvero capacità di agire sempre e comunque in presenza della giusta quantità di acqua necessaria per scioglierlo.
Vantaggi e svantaggiGelatina – Vantaggi: è una proteina – agisce interfacciando i globuli di grasso. Svantaggi: è solubile a caldo – lunghi tempi di idratazione – gelifica in fase di maturazione – prezzo.Farina di semi di carruba – Vantaggi: facile dispersione anche a freddo – stabilità all’acidità e ai metalli alcalino-terrosi – non gelifica – permette una buona areazione – dà una buona sensazione in bocca – resiste agli shock termici – è insapore. Svantaggi: solubile a caldo – sineresi (si può eliminare usandola con farina di semi di guar, gomma xanthano o carragenine).Farina di semi di guar – Vantaggi: dispersione e idratazione a freddo – sinergia con la gomma xanthano e con la farina di semi di carruba – non interferisce con le carragenine. Svantaggi: poco resistente agli shock termici – formazione filo.Carragenine – Vantaggi: ottenimento rapido della viscosità – ritarda e stabilizza la fusione gelato – stabile alla pastorizzazione e alla sterilizzazione. Svantaggi: poco stabile a pH acido – interazione molto forte con il latte (caseina) – alcuni difetti sono eliminabili accoppiandola alla farina di semi di carruba.CMC – Vantaggi: facile idratazione – resistenza agli shock termici – lenta fusione del gelato finito – facile impiego. Svantaggi: reagisce con le proteine del latte – sineresi.Alginato di sodio – Vantaggi: permette una buona areazione – buona funzionalità reologica – dona struttura lisca e uniforme – larga gamma di viscosità – diminuisce il tasso di ioni liberi – evita la coalescenza dei globuli di grasso. Svantaggi: gelifica con gli ioni calcio (risolvibile con un sequestrante) – gelifica e precipita a pH acido (si sostituisce con alginato di propilenglicole).
Gomma xanthano – Vantaggi: facilità d’impiego – stabilità a pH, sali e temperatura – dona struttura molto cremosa – buon controllo della viscosità e omogeneità della miscela – non gelifica – facilita l’areazione – stabile agli shock termici – permette di legare molto bene l’acqua – basso dosaggio – ottima funzionalità reologica. Svantaggi: sensazione non piacevole al gusto se usata da sola.
Per la realizzazione di questo articolo la redazione ringrazia: Giorgio Ferrari, dirigente commerciale di Comiel srl, Gianpaolo Gottardi, amministratore unico della Gtc srl, Fabrizio Osti, resp. R&D Comprital Spa, Francesco Palmieri, titolare Ice Cream Consulting, Giovanni Pina, presidente Accademia Maestri Pasticceri Italiani, Paolo Vacca, resp. R&S e Ass. Qualità Giuso Guido Spa
(di Anna Celenta – n. 54 Aprile 2006)